Pensioni a 62 anni per tutti: la proposta di Maurizio Landini (Cgil)
Pensioni per tutti a 62 anni d’età. È la proposta che arriva dal segretario della Cgil, Maurizio Landini, nei giorni in cui è caldo più che mai il dibattito sull’eventuale rinnovo di Quota 100. Per il leader del sindacato rosso, a qualunque lavoratore dovrebbe essere consentito di andare in pensione a 62 anni, indipendentemente dal proprio monte contributivo, ricevendo in base a quanto si è versato.
Landini ne ha parlato in due recenti interviste: una al Corriere della Sera e una Quotidiano.net. Il segretario della Cgil auspica “una riforma complessiva che assicuri una pensione di garanzia per i giovani, tuteli le donne, garantisca una flessibilità in uscita per chi ha 62 anni di età o 41 di contributi”. E ancora: “Serve flessibilità: chi arriva a 62 anni deve poter andare in pensione a prescindere da quanti contributi ha, ricevendo in base a quanto ha versato”.
Pensioni a 62 anni: Quota 100 bocciata
A Landini Quota 100 non piace: secondo il segretario della Cgil, il programma di pensionamento anticipato che permette di andare in pensione con almeno 62 anni d’età e 38 di contributi tende a provocare discriminazioni di genere. Data la situazione attuale, infatti, per una donna è molto più difficile rispetto a un uomo raggiungere le 38 annualità di contributi a 62 anni d’età.
Quota 100, osserva il leader del sindacato, “è un provvedimento che introduce discriminazioni per le donne: vanno tutelate, devono poter avere condizioni migliori per l’accesso alla pensione”. “Ci vuole una riforma strutturale”, osserva Landini. “Quando si parla di pensioni non ci possono essere regole uguali per tutti. Chi fa lavori pesanti ed ha un’aspettativa di vita inferiore deve andare in pensione prima. Punto. Inoltre, serve flessibilità: chi arriva a 62 anni deve poter andare in pensione a prescindere da quanti contributi ha, ricevendo in base a quanto ha versato”.
Per il leader della Cgil l’obiettivo in questa fase è andare oltre Quota 100: attendere anche la scadenza del 31 dicembre 2021, per sostituirla poi con una “riforma più strutturale”.