Di fronte all’incredibile diluvio di scomuniche e anatemi contenuti nella relazione OCSE sull’Italia, oggi, per una volta, sarebbe bello sentire parole critiche dei politici italiani: non quelli di governo, però, ma quelli di opposizione.
Il punto, infatti, non sono le critiche di merito (scontate, prevedibili e anche un po’ grossolane) alle due principali misure del governo, e cioè Quota 100 e Reddito di Cittadinanza. Ma il fatto che questi attacchi mettano in discussione l’idea stessa che un governo nazionale nel terzo millennio possa fare delle scelte autonome di politica economica.
Se l’Ocse per esempio dice che Quota 100 “aumenterà il debito pubblico” e che il Reddito è troppo generoso perché “spingerà molte persone a lavorare in nero”, sta facendo delle critiche davvero opinabili: non calcola – tanto per dire – l’impatto positivo delle sostituzioni al lavoro e dice una cosa senza senso sul reddito perché nessuno rinuncia ad un lavoro per un sussidio temporaneo.
Ma soprattutto sta minando l’idea stessa di una autonomia decisionale dell’Italia. Con le stesse argomentazioni, infatti, domani qualsiasi intervento di politica economica nazionale potrebbe essere messo in discussione e demolito: vuoi finanziare un piano straordinario sull’ambiente? È uno spreco. Vuoi fare una legge speciale per i cervelli in fuga? Non produce gettito. Vuoi assistere le famiglie con un Superbonus alla francese per chi fa figli? È una spesa assistenziale.
In tempi di crisi qualsiasi politica di intervento sociale genera deficit. Insomma, se il parametro usato dall’Ocse per giudicare un buon provvedimento è il gettito, l’unica misura produttiva possono essere i tagli e le nuove tasse.
Ecco perché sono le opposizioni che dovrebbero insorgere: resistere alla tentazione di accettare questo formidabile “aiuto da casa” da parte di un prestigioso istituto esterno oggi, per poter mantenere la possibilità di fare scelte autonome domani, quando dovesse toccare a loro governare.