“In Europa sono state fatte scelte estreme in modo ideologico e non realistico”. Così Marco Tronchetti Provera, vicepresidente esecutivo e amministratore delegato di Pirelli, descrive la crisi continentale del settore automotive, alle prese con le complessità della transizione all’elettrico.
Il numero uno del colosso dei pneumatici è perplesso rispetto alla decisione dell’Ue di vietare dal 2035 la vendita di auto nuove a combustione: “Nessuno ha analizzato i costi, i tempi, la sostenibilità sociale di questa transizione”, dice in un’intervista al Sole 24 Ore .
“L’industria dell’auto – osserva – ha dovuto adeguarsi facendo enormi investimenti nell’elettrico, in una Europa che non ha alle spalle fonti proprie di materie prime e componenti tecnologiche, come le batterie, competitive con quelle di altre regioni del mondo come la Cina. Si è costruito un passaggio al full electric al 2035 senza valutare questi aspetti, dando così alla Cina l’opportunità, che ha colto, di produrre veicoli a prezzi competitivi”.
“Naturale – prosegue Tronchetti Provera – che il primo effetto si sia registrato proprio in Cina, dove le principali case europee hanno perso quote di mercato”. Ma questa, avverte, è solo “la prima onda”: “Poi arriverà quella delle esportazioni dei veicoli cinesi in Europa, oggi in crescita”.
“Il percorso verso il 2035 è stato delineato senza analisi degli impatti ambientali”, insiste il numero uno di Pirelli. “Oggi nessuno può dimostrare che l’estrazione del litio o del cobalto, così come riciclare batterie o costruire vetture che nell’elettrico hanno un peso superiore del 20%, costituisca dal punto di vista ambientale un passo avanti rispetto all’evoluzione di motori a combustione interna, diventati sempre più efficienti”.
Che fare? “Bisogna sedersi al tavolo e aiutare l’industria a gestire la transizione. L’Europa ha le competenze tecnologiche e la manodopera specializzata necessaria per sostenerla rilanciando l’industria. Bisogna aiutare chi produce, ma anche il consumatore, che è rimasto completamente spaesato. Con incentivi intelligenti, non fini a se stessi. Occorre incentivare il salto tecnologico. Penso che la battaglia vera si vinca con l’innovazione. E l’Europa deve far leva su questo”.
Secondo Tronchetti Provera, la scadenza del 2035 ” va vista in modo realistico: se non è fattibile non è fattibile”. “Mi auguro che la nuova Commissione abbia un atteggiamento pragmatico e guardi alla competitività dell’Europa in rapporto al resto del mondo”, chiosa.
Per Pirelli, peraltro, chiarisce il manager, “la transizione energetica rappresenta una opportunità”. “L’elettrico – spiega – rappresenta una complessità estrema per quanto riguarda i pneumatici. Serve una tecnologia avanzata, dato che la vettura pesa di più, tra il 20 e il 30%, e il pneumatico deve essere più leggero per rotolare meglio, avere meno attrito e ridurre il consumo dell’energia e della batteria e deve anche supportare un’accelerazione superiore legata alla potenza istantanea dell’elettrico. Pirelli dispone di questo know how”.
Lo scorso settembre la storica multinazionale milanese ha siglato un accordo di sviluppo tecnologico congiunto con i tedeschi di Bosch, che operano nella componentistica: “Pirelli – fa notare Tronchetti Provera – da 25 anni lavora sulla raccolta e l’elaborazione di informazioni provenienti dal pneumatico. Abbiamo costruito prima dei sensori applicati all’interni dei pneumatici che fornivano dati sullo stato del pneumatico stesso, la temperatura la pressione e le accelerazioni sotto impronta a terra. E poi, sulla base di tutte le informazioni raccolte, abbiamo costruito dei software e algoritmi che vengono integrati direttamente nella centralina elettronica, permettendole di conoscere in tempo reale quello che avviene tra vettura e terreno”.
Il numero uno di Pirelli – che è anche presidente dell’azionista Camfin – parla poi dei rapporti con il socio cinese Sinochem, la sui salita nell’azionariato l’anno scorso è stata bloccata dal Governo italiana tramite l’esercizio del Golden Power.
“Nel 2015 – ricostruisce – abbiamo siglato un accordo con Chemchina, che aveva dichiarato alla comunità europea di essere una società autonoma che non dipendeva da agenzie di Stato cinesi. Il quadro cambia negli anni successivi. L’uscita dei vertici con i quali era stato siglato l’accordo iniziale e la fusione con Sinochem, gruppo controllato dalla commissione per le imprese di Stato cinesi Sasac, mutano le condizioni. Nel patto che viene rinnovato nel 2022 il gruppo Sinochem introduce nuove regole di governance in linea con le prescrizioni Sasac. Questi mutamenti impongono agli azionisti la cinesi la notifica agli uffici del Golden Power. Da qui l’imposizione delle prescrizioni che hanno ripristinato lo spirito originario degli accordi. L’azionista cinese ha accettato le decisioni del Dpcm senza mai appellarsi”.
Ora il socio cinese rischia sanzioni a causa di una procedura amministrativa avviata dal Governo per una possibile violazione del Golden Power. “Il Golden Power – spiega Tronchetti Provera – disciplina in modo puntuale la separazione tra l’azionista Sinochem, il Consiglio di Amministrazione, i vertici esecutivi la cui nomina è di competenza Camfin e la gestione operativa, che è affidata al management. Viene così tutelata la totale separazione tra Sinochem e il Cda Pirelli. L’apertura della procedura sanzionatoria riguarda in modo specifico il supposto non rispetto di questa parte del Dpcm da parte di Sinochem”.
Gli accordi con Sinochem andranno in scadenza nel 2025. Alla domanda sulla possibilità di rinnovarli o meno, il numero uno di Pirelli risponde che “è presto per dirlo”.
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