Lo smart working fa il lavoratore nomade. Un professionista IT&Digital su tre pensa a trasferirsi sfruttando le possibilità offerte dal lavoro da remoto, esploso da marzo 2020 in relazione all’emergenza coronavirus. A raccontarlo è la ricerca del brand di ManpowerGroup, Experis, dal titolo “Your career anywhere”. Un sondaggio che inquadra i nuovi trend del mercato del lavoro e le aspettative di carriera dei professionisti del mondo digitale. Il primo dato è che la diffusione dello smart working incoraggia la cosiddetta mobilità professionale, soprattutto per chi è originario del Mezzogiorno e si è dovuto trasferire a Nord per avere più chance occupazionali. La scelta di un eventuale trasferimento però è subordinata a fattori precisi. Crescita professionale, stipendio, benefit e welfare sono i driver che influenzano la decisione o meno di fare le valigie e cambiare regione. Senza dimenticare il costo della vita e i servizi offerti dai vari territori.
Tra i lavoratori più propensi al rientro nel territorio natio troviamo i giovani originari del Sud. ProfessionistiIT&Digital con un’età media di 35anni, che hanno studiato e lavorato al Nord, maturando un’esperienza di almeno cinque anni e che hanno raggiunto una RAL media di 40 mila euro. «Il 67% dei professionisti originari del sud – si legge nel report – dichiara che il vantaggio di lavorare al di fuori della propria regione è legato soprattutto alla possibilità di ampliare la propria rete professionale e le proprie competenze». Tuttavia per molti under 35 resta forte il desiderio di rientro e in generale sono più aperti al cambiamento di regione rispetto ai nati al Nord. Temono però che al trasferimento faccia seguito anche una diminuzione dello stipendio, condizione non ritenuta accettabile. Una preoccupazione rispetto alla busta paga che condividono con i colleghi originari del Nord. Se è vero che il 75% dei professionisti IT&Digital originari delle regioni del Nord ha ricevuto offerte di lavoro anche al di fuori della propria regione, va detto che un 41% non ha accettato proprio a causa degli stipendi non in linea con le aspettative.
Lavorare nella regione natia significa poi avere la famiglia e la propria rete di contatti sociali vicino. Un fattore da non sottovalutare per entrambe le categorie di professionisti. «Dalla nostra Ricerca – dice Francesca Lopa, Operation Manager, Experis Italia – appare altresì chiaro come una delle principali motivazioni nel restare nella propria regione sia la vicinanza ai propri cari e alla propria rete sociale. In questo scenario, lo smart working potrebbe diventare un’opportunità per i piccoli centri del nord e del sud che potrebbero rigenerarsi e attrarre talenti». La retribuzione è poi un aspetto cruciale che molte aziende dovranno affrontare nel costruire la loro strategia di attrazione dei talenti nei prossimi mesi.
Un asso nella manica delle organizzazioni può, ad ogni modo, essere la formazione. Il trasferimento lavorativo in una città diversa da quella d’origine risponde infatti all’esigenza di intraprendere migliori percorsi di crescita professionale, in linea con le proprie competenze e aspettative. «Altrettanto importante per le aziende sarà promuovere e comunicare una nuova cultura aziendale e di leadership attraverso anche l’implementazione di piani di digital transformation e lo sviluppo di percorsi formativi ad alto valore aggiunto e progettati per la crescita delle persone in azienda, migliorando la propria attraction verso questi profili», conclude Lopa.