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    “I giovani sono pigri, non vogliono fare i rider”. Non trovano schiavi e se ne lamentano

    Credit: AFP/GREGOR FISCHER/DPA

    Lo sfogo del manager di Moovengo ci conferma che siamo diventati il Paese in cui i capitalisti costruiscono aziende sulla quasi gratuità della forza lavoro

    Di Giulio Cavalli
    Pubblicato il 24 Lug. 2019 alle 15:11 Aggiornato il 24 Lug. 2019 alle 17:45

    Moovengo non trova più rider: è schiavismo e lo chiamano lavoro

    Non trovano schiavi e se ne lamentano. Nel tempo in cui un lavoro è una gentile concessione della società i nuovi schiavi si chiamano giovani volenterosi per nascondere l’inganno di uno sfruttamento che arricchisce solo chi sta seduto sulla cima della piramide lasciando quelli più in basso a nuotare tra pochi spicci, tra la mancanza di diritti e addirittura la riprovazione generale.

    L’episodio simbolo potrebbe essere ciò che accade a Manfredonia, dove il capo di Moovengo locale si lamenta del fatto di non trovare giovani disposti a prendere la propria bici, fare la coda nei ristoranti locali, ritirare il cibo, consegnarlo a casa e tenersi in tasca due o tre euro per ogni consegna sfidando traffico e intemperie per racimolare qualche decina di euro senza ovviamente nessuna tutela, nessuna sicurezza e senza avere una prospettiva che sia più lunga del prossimo ordine via app.

    “Avevamo fatto il botto di ordini, viaggiavamo su centinaia di ordini al giorno, ma purtroppo non riuscivamo a garantire il servizio, per insufficienza di fattorini”, dice Paky Russo, l’ideatore. “Per non creare il disservizio abbiamo dovuto chiudere, a me piace mantenere la qualità elevata e con soli 5 moovers non potevamo garantirla”.

    Capito? La qualità elevata non è data dal rispetto per i lavoratori, no, ma dal fatto che gli ordini arrivino a cascata: solo il profitto è il termometro per valutare la qualità del business, senza nessun fastidioso intralcio etico. E così nessuno dei giornalisti si chiede se forse la carenza di personale sia dovuta all’insostenibilità del lavoro o a questa precarietà ormai spinta al limite della sostenibilità. No, intorno è tutto un giudicare secco i giovani di questa generazione “che non sanno cosa sia il sacrificio” e che “non hanno voglia di lavorare” come fanno di solito i benpensanti sempre pronti a giudicare gli altri.

    Fate quello che dico, non fate quello che faccio: il trucco è sempre lo stesso. “Ci hanno detto che si stancavano in bici, eppure facevano circa 40 euro al giorno, più le mance, per poche ore, quelle serali”, rincara la dose Russo. Ma si dimentica di spiegarci come si potrebbe, solo nelle ore serali, andare per venti volte in un ristorante, fare l’ordine, aspettarlo e consegnarlo. Del resto noi ormai stiamo diventando questa cosa qui: il Paese in cui i capitalisti fanno gli imprenditori con i capitali degli altri (preferibilmente pubblici) oppure costruiscono aziende sulla quasi gratuità che la forza lavoro dovrebbe garantire per partecipare al business ma ovviamente senza nessuna partecipazione agli utili. È schiavismo e lo chiamano lavoro.

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