Articolo originale di lincmagazine.it
Sono sempre meno, fortunatamente, le persone che si oppongono alla transizione ecologica, ma una delle scuse usate da chi vuole mantenere il business as usual, e continuare a produrre e inquinare senza limiti, riguarda la presunta perdita di posti di lavoro nella transizione a un modello di sviluppo meno dannoso per l’ambiente. Si tratta di una visione parziale, incapace di considerare le grandi opportunità della transizione ecologica, che non solo ci permetterà di non andare incontro a future catastrofi naturali, ma anche di creare ricchezza sociale ed economica, nuovi lavori e nuove occasioni di sviluppo: stiamo parlando dei cosiddetti Green Jobs. Già nel 2009 l’Unep, il programma delle Nazioni unite per l’ambiente, li definiva come «quelle occupazioni nei settori dell’agricoltura, del manifatturiero, nell’ambito della ricerca e sviluppo, dell’amministrazione e dei servizi che contribuiscono in maniera incisiva a preservare o restaurare la qualità ambientale».
Posti di lavoro green, i numeri
Secondo il report di McKinsey & Company The net zero transition, what it would cost, what it could bring, uscito a gennaio 2022, la transizione ecologica potrebbe portare alla creazione di circa duecento milioni di nuovi posti di lavoro diretti e indiretti e alla perdita e alla riqualificazione di 185 milioni di posizioni entro il 2050, con un saldo netto positivo di quindici milioni di nuovi posti di lavoro. McKinsey parla di un capitale investito da circa 275 trilioni (miliardi di miliardi di dollari).
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