Più che essere una politica, la sostenibilità è parte integrante del nostro piano industriale. In primo piano abbiamo la riduzione delle nostre emissioni di CO2 e di quelle dei nostri fornitori, ma anche il taglio dei consumi di energia. Inoltre, siamo molto impegnati in politiche per il personale a cominciare dal tema Diversity & Inclusion: un altro driver fondamentale nel nostro piano. Teniamo conto di tutte le dimensioni della sostenibilità perché riteniamo che sia fondamentale per centrare i nostri obiettivi con successo.
Io credo che la prima proposta che il governo italiano ha fatto sia quella che funziona meglio, ossia il price cap. Per come funziona oggi il sistema, mettere un price cap al gas vuol dire apportare un beneficio anche ai prezzi dell’elettricità. Automaticamente il prezzo dell’energia diventa più basso, senza dover intervenire direttamente. Peccato solo che questa proposta, sul tavolo ormai da marzo o aprile, continui ad essere dibattuta. A me sembra la proposta più ragionevole. Il disaccoppiamento può essere una soluzione, ma potrebbe funzionare solo se prima si fa anche il price cap. Bisogna intervenire alla radice del problema, altrimenti si rischia di avere degli interventi non molto efficaci.
Come detto, ritengo sia necessario intervenire alla radice. Il tetto massimo al prezzo del gas è l’unica misura che avrebbe una conseguenza immediata e positiva per le bollette, e non solo quelle del gas; con il sistema del marginal price abbasserebbe anche il costo dell’elettricità. Il governo ancora in carica aveva individuato questa soluzione, serve l’unanimità a livello Europeo per far sì che passi.
Non funziona perché l’Italia ha interconnessioni sia dal punto di vista dell’elettricità sia del gas troppo importanti con il resto dell’Unione europea, quindi si rischierebbe di abbassare il prezzo dell’elettricità in Italia e poi altri Paesi verrebbero a comprare il gas in Italia, perché è più conveniente. Ci è riuscita in parte la Spagna per un motivo tecnico: perché le sue interconnessioni elettriche con la Francia, così come le interconnessioni del gas sempre con la Francia sono molto ridotte, e quindi questi rischi e queste possibilità sono molto più contenute. Noi abbiamo buone interconnessioni, quindi nel nostro caso la soluzione più efficace è un price cap europeo.
No, rischiamo solo di non raggiungere l’obiettivo finale.
Non sarà una cosa banale rimetterlo in funzione. Non è una cosa semplice, perché l’ingresso dell’acqua nelle tubazioni che portano gas genera molti disagi e richiede un grande lavoro di risanamento.
Rispetto ad altri Paesi, penso ad esempio alla Germania, abbiamo una situazione migliore. Abbiamo una pluralità di fonti di approvvigionamento che altri Paesi non hanno. Il biometano, ad esempio, è una produzione interna e può contribuire in modo importante alla diversificazione delle fonti energetiche. Italgas sta lavorando molto da questo punto di vista, abbiamo molte richieste per l’allacciamento di impianti di biometano alla nostra rete di distribuzione e stiamo digitalizzando le nostre reti in modo che siano in grado di accogliere e distribuire anche gas rinnovabili come appunto il biometano, ma anche l’idrogeno nel prossimo futuro e il metano sintetico. Riusciremo ad affrancarci dalla dipendenza del gas russo in tempi brevi se riusciremo anche a sviluppare altre fonti di energia interne, a cominciare dai gas rinnovabili come indicato dal REPowerEu. Questo avrebbe effetti sul costo dell’energia e noi saremo più competitivi di altri.
È stata ottima ed è stata possibile anche grazie alle infrastrutture che avevamo. Avessimo avuto anche qualche rigassificatore in più, sarebbe stata ancora più efficace.