In fondo è lineare, semplice, dritto: prendi un prestito in Italia di 6.3 miliardi, con una garanzia dello stato italiano, come minimo dovresti riportare la sede legale e la sede fiscale in Italia. Ed è qui – invece – che si capisce come nulla in Italia possa essere semplice e dritto, perché stavolta c’è di mezzo la Fiat, ovvero la Fca. Il gruppo degli Agnelli vuole un prestito (giusto), e lo ottiene da un importante gruppo bancario italiano come Intesa San Paolo (bene) e ovviamente lo ottiene grazie alla garanzia della Sace (ovvero una società controllata dallo Stato). Ma Fca, come è noto, ha deciso da anni di portare la sua sede legale in Olanda e la sua sede fiscale in Gran Bretagna per risparmiare sulle tasse.
Molto oculatamente il gruppo della famiglia Agnelli ha deciso anche di dotarsi (per ora) di tre quotidiani nazionali. Ed ecco che per la Repubblica, magicamente, il prestito a Fca con la garanzia della Sace (cioè lo Stato italiano) diventa “una formula innovativa”. E la collocazione all’estero della sede legale e fiscale un dettaglio tutto sommato marginale: “la scelta di spostare la sede dell’holding fuori dall’Italia – scrive oggi Francesco Manacorda – è stata ed è comune a molte multinazionali italiane, compresi gioielli come Ferrero e Luxottica, non solo per i vantaggi fiscali offerti da altre legislazioni, ma anche per la linearità del diritto societario che in Italia è difficile trovare”. E se poi c’è bisogno di corroborare la tesi ecco che al plotone dei volenterosi avvocati si aggiunge anche una punta di diamante di Italia Viva, il prode deputato Luigi Marattin, che compone un poema a rate, tweet dopo tweet (11), per difende la Real casa da questo risibile sospetto: “L’equivoco sul ‘paradiso fiscale’ – scrive Marattin – nasce dal fatto che la controllante (Fca, multinazionale globale che nel 2014 inglobò l’americana Chrysler) ha sede ad Amsterdam e domicilio fiscale a Londra. Come succede a molte aziende divenute nel frattempo player mondiali”.
E ancora, prosegue l’avvocato Marattin: “Né i Paesi Bassi né il Regno Unito fanno parte della lista Ocse dei paradisi fiscali (che, tra ‘lista nera’ e ‘lista grigia’, comprende 35 paesi). Semplicemente, in quei paesi il diritto societario è più efficiente, la giustizia più veloce, e le tasse un po’ più basse”. Tutto risolto, Alé. Domanda: ma allora perché tutte le imprese italiane non spostano le loro sedi in Olanda e Gran Bretagna per pagare anche loro meno tasse? E cosa accadrebbe ai conti pubblici se tutte le imprese facessero la stessa manovra? La risposta è semplice: crollerebbero le entrate.
Ultimo punto, sottolineato dal ministro Andrea Orlando, da Carlo Calenda, ma anche da Stefano Fassina: i dividendi. “Se prendi un prestito di 6.3 miliardi garantito dallo Stato – spiega Calenda – mi pare evidente che tu non possa distribuire dividendi agli azionisti”. Aggiunge Fassina: “Un miliardo di euro è, più o meno, l’ammontare di garanzie dello Stato assorbito da Fca per ricevere 6,3 miliardi di prestiti da Banca Intesa. Un miliardo di euro, anzi un po’ meno, è quanto assegnato al Reddito di Emergenza (Rem) per almeno tre milioni di persone”. È così Fassina cita uno splendido Trilussa per definire le scelte degli Elkann: “Fer socialista quanno sto a diggiuno, ma quanno magno so conservatore”. Conclude Orlando: “Noi spendiamo ottanta miliardi di euro per la pandemia e nelle prossime settimane vedrete gruppi editoriali e centri di potere che tenteranno di buttare giù il governo”. Ovviamente anche il ministro batte sullo stesso punto: “Fca chiede aiuti all’Italia? Bene, allora riporti la sede fiscale qui”. Parole scomode. Infatti su alcuni giornali, italiani si trovano solo due righe per riassumere tutti questi pareri critici. Indovinate su quali?
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