Dalla Silicon Valley al ring di MMA passando per le pagine dei social, la battaglia tra Elon Musk e Mark Zuckerberg non sembra essere mai stata così nel vivo, al punto da accarezzare l’idea che tale sfida possa trovare la parola fine solo dopo uno scontro fisico con tanto di guanto di sfida a mezzo digitale. Al di là delle proposte di match e di altre gare di vario genere proposte da Musk a Zuckerberg, lo scontro tra i due oggi si sta svolgendo soprattutto a livello imprenditoriale tra due delle loro numerose creature, nello specifico tra Twitter, acquistato da Musk nel 2022 per la cifra di 44 miliardi di dollari, e Threads, l’ultima novità di Zuckerberg che molti hanno visto come una risposta al social.
Da mesi, molti utenti si sono mostrati critici verso la nuova linea di Twitter, che ha riabilitato utenti bannati, introdotto la spunta blu a pagamento, lasciato a casa migliaia di lavoratori e sollevato dibattito intorno alla natura della libertà di parola e alla trasparenza della precedente gestione del social anche tramite la diffusione dei cosiddetti “Twitter Files”, oltre a trovarsi a fronteggiare un brusco calo degli introiti pubblicitari. Se questa politica ha rafforzato la presenza di alcuni utenti, ne ha lasciati spaesati altri che hanno così iniziato a guardarsi intorno, cercando alternative che vanno da Mastodon a Telegram. E come spesso è capitato in passato, di fronte allo spaesamento degli utenti, Zuckerberg ha provato a offrire una risposta che stavolta ha trovato forma in Threads.
La nuova piattaforma, che nasce come una diramazione di Instagram, rivolta agli utenti di questo social, ha funzionalità molto simili a quelle di Twitter e al momento non è disponibile in Europa. Negli Stati Uniti e negli altri Paesi in cui è già fruibile ha superato in pochi giorni la soglia psicologica dei cento milioni di iscritti, e basterebbe che circa un quarto dei due miliardi di utenti Instagram decidessero di attivare un account Threads per avere numeri alla pari del social di Musk: il sorpasso è dunque decisamente alla portata di Zuckerberg. Tuttavia, i numeri non sono tutto, come dimostra l’esperienza non certo memorabile di Google+, il social che avrebbe dovuto fare la guerra a Facebook ma, nonostante ne abbia seriamente insidiato i numeri, si è rivelato una balena spiaggiata che non è mai riuscita a coinvolgere più di tanto i suoi numerosissimi utenti. Non basta quindi solo il numero di iscritti, se la loro attività rimane limitata.
Duello nella Silicon Valley
Lo scontro in corso tra Musk e Zuckerberg, tuttavia, non è semplicemente una lotta imprenditoriale tra due visionari che controllano aziende che vantano utenti in ogni angolo del pianeta e controllano un flusso impressionante di dati, ma lo specchio della centralità della Silicon Valley nella società americana e globale, delle diverse visioni al suo interno e di cosa questo rappresenti per la lotta geopolitica tra Stati Uniti e Cina.
Quando negli anni Novanta le aziende del settore tecnologico sono esplose, il governo si limitava a lasciarle crescere senza esercitare su di esse particolare influenza, in un mondo che sembrava sempre più unipolare a trazione americana e in cui il ruolo dello stato nel libero mercato in questo settore sembrava destinato a essere marginale. Tuttavia, superata la tempesta della bolla delle dotcom, delineatasi sempre più una sfida tecnologica tra Washington e Pechino in primis, il ruolo della Silicon Valley si è fatto sempre più cruciale per gli interessi dello stato.
Oggi, dati e intelligenza artificiale, tra le altre cose, rappresentano una sfida fondamentale per qualsiasi potenza mondiale. Per quanto i colossi della Silicon Valley e Washington abbiano rapporti strettissimi (basta vedere le recenti avventure spaziali di Musk e Jeff Bezos o la fornitura all’Ucraina dei satelliti Starlink), non c’è sempre l’unità di vedute che alcuni vorrebbero né Silicon Valley e governo, né tra i colossi tecnologici. Musk, figura particolarmente imprevedibile, è ad esempio stato di recente molto critico verso l’intelligenza artificiale, uno dei settori su cui si sta maggiormente investendo in questo momento. Zuckerberg, dal canto suo, ha dovuto mettere un freno alla sua visione di mondo iper-connesso, rallentando il progetto del Metaverso, progetto di primissimo piano per il fondatore di Facebook che, non a caso, ha scelto “Meta” come nome della sua azienda.
Non solo America
Lo scontro intorno a Twitter e Threads tra Zuckerberg e Musk, tuttavia, non deve farci travisare una cosa importante. Per quanto molti di noi abbiano account presso social della Silicon Valley che governano aspetti fondamentali delle nostre vite, la mappa globale dei social, per quanto America-centrica, parla anche cinese e più di quanto si possa pensare, complice anche la vastissima popolazione del Paese. E non solo per TikTok, approdato sul palcoscenico occidentale come qualcosa di nuovo e a tratti esotico, ma anche per molte altre realtà, a partire da WeChat, social con oltre un miliardo e 300 milioni di utenti che permette non solo di scambiarsi messaggi ma anche di svolgere pagamenti e attività della vita di tutti i giorni, a testimonianza di quanto tale piattaforma sia integrata nella società cinese.
Ma ne potremmo menzionare molti altri, da Weibo, con funzioni simili in parte a Facebook e Twitter, fino a Kuaishou, QQ e Qzone, tutte con centinaia di milioni di utenti attivi. Il tutto con in mezzo la Russia, il suo VK e la popolarità di Telegram, nonostante quest’ultimo abbia spostato la sua base tra le Isole Vergini Britanniche e Dubai. Cina e Russia che non a caso anche come motori di ricerca prediligono non utilizzare quelli americani, Google in primis, ma gli autoctoni Baidu e Yandex: chi ha ambizione di guidare uno spazio geopolitico lo fa in primis dalla tecnologia.
E l’Europa? La grande assente nella geopolitica sembra essere lei, ma anche Bruxelles ha voluto giocare un ruolo, più burocratico e forse di retroguardia. Se in California o in Cina le sfide sono state soprattutto a livello tecnologico, in Europa sono state infatti soprattutto a livello normativo per la protezione dei dati e della privacy, e strumenti come il GDPR vanno in questo senso. Nella partita dei social e della tecnologia, ognuno gioca con le carte a sua disposizione.
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