“Le imprese del settore degli allestimenti sono completamente ferme dalla fine di febbraio, con fatturati prossimi allo zero: parliamo di perdite tra l’80 e il 90 per cento su base annua. Ma per il governo siamo invisibili”. Domenico Romeo, titolare di Exposificio srl di Corbetta (Milano), è membro di Allestitori si nasce, un gruppo nato nei primi mesi della pandemia di Covid in Italia e a cui hanno aderito finora oltre 400 operatori specializzati del settore degli allestimenti fieristici ed espositivi. A TPI Romeo denuncia la difficile situazione economica che si sono trovate a vivere le imprese del settore, che lamentano l’assenza di aiuti concreti da parte del governo. “Abbiamo ricevuto il contributo a fondo perduto ad aprile, poi più nulla”, dice.
“Oggi le nostre realtà sono state abbandonate“, spiega, “Alcuni, come noi, si sono reinventati producendo qualche dispositivo anti-Covid o elementi di arredo. Ma sono cose assolutamente marginali, non coprono i costi dell’attività e dell’impresa. I dipendenti sono in cassa integrazione da febbraio, abbiamo provato un timido rientro a settembre, ma quando c’è stato il nuovo blocco abbiamo dovuto fermare di nuovo tutti. E purtroppo sappiamo che per il primo semestre del 2021 non ci saranno attività, perché il nostro è un lavoro che richiede mesi di programmazione, anche per i nostri clienti. Un espositore per andare in fiera deve essere sicuro che l’evento ci sia, e questo purtroppo oggi non è possibile”.
La questione dei codici Ateco
Il decreto Ristori, approvato alla fine di ottobre, prevedeva degli indennizzi per le aziende del settore, ma questi erano limitati alle imprese rientranti in quattro codici Ateco. Un numero minimo rispetto a quelli attribuiti dalle Camere di commercio alle aziende che si occupano di allestimenti, che sono almeno 50, come ha evidenziato di recente Asal Assoallestimenti, l’associazione di categoria costituita fra le aziende italiane che si occupano di allestimento in fiere e spazi espositivi.
“Quello dell’allestitore è un lavoro estremamente complesso che assomma in sé quasi tutte le competenze artigianali e professionali conosciute”, spiega Romeo. “Siamo scenografi, falegnami, progettisti, carpentieri, grafici, costruttori ma anche trasportatori, montatori, elettricisti, decoratori, e potrei proseguire con un lungo elenco”. L’individuazione di solo quattro codici dimostra, per l’allestitore, “la palese inefficacia e iniquità del criterio che il Governo ha voluto adottare per identificare le attività economiche danneggiate dai provvedimenti di contenimento dell’epidemia”.
A ricadere in quei codici Ateco, sempre secondo Asal, sono solo il 14 per cento delle aziende del comparto. “Sia io sia la maggior parte dei miei colleghi siamo fuori da questo decreto”, racconta Romeo a TPI. “Il mio codice Ateco è relativo ad ‘allestimento stand’, ma non siamo stati considerati minimamente. Hanno inserito invece ‘noleggio stand’, quindi chi noleggia gli stand ne ha diritto, chi li fa no. Sono state sicuramente disattenzioni, ma per noi era fondamentale avere un minimo di ritorno in quel momento, invece non c’è stato”.
“L’unica soluzione oggi sono consistenti aiuti economici da parte dello Stato”, sottolinea l’allestitore, “perché purtroppo non possiamo chiedere di fare le fiere se la situazione dei contagi è questa”. Ma quale criterio usare, visto che con i codici Ateco non ha funzionato? “Secondo me solo la perdita del fatturato. Abbiamo lavorato solo a gennaio e febbraio quest’anno e abbiamo strutture, dipendenti, capannoni, leasing da pagare, tutte cose che al momento facciamo fatica a mantenere”.
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