Che il debito sia un problema dell’Italia, ormai non è più una notizia da tempo.
Problema patologico italiano, a breve il debito dovrà rinnovarsi per una sua buona fetta.
Degli oltre 2.323 miliardi di Euro di cui l’Italia è debitrice, dato elaborato dal bollettino mensile di Bankitalia, nel 2019 dovrà cercare di piazzare sul mercato circa 400 miliardi sotto forma di obbligazioni.
Fra questi, circa 260 miliardi con scadenza a medio lungo termine. A conti fatti, poco meno di un quinto sarà in vendita. Ma chi saranno i finanziatori?
In questo momento il titolo decennale italiano danza intorno a un rendimento del 3 per cento, percentuale già abbastanza alta. Sono molto più affidabili, secondo chi i soldi li presta, anche gli spagnoli con l’1,4 per cento e persino i portoghesi con l’1,8 per cento.
Tasso più alto significa rischio più alto per il mercato, senza se e senza ma.
Le paure sono appunto che, restando senza lo scudo della Bce, tale rendimento possa schizzare a percentuali che diventerebbero un costo insostenibile per le casse dello Stato.
Va precisato che avere un debito alto non preclude che il mercato abbia fiducia (e quindi consenta bassi tassi) in un paese.
Il mercato infatti giudica anche le prospettive e i progetti di un governo, spesso sorvolando sulla quantità del debito.
A questo riguardo, punto critico, nel caso italiano, sembra essere il programma del governo in carica, dove fra abbassamento delle tasse, riforma pensionistica e reddito di cittadinanza il costo si aggirerebbe intorno ai 120 miliardi di euro, secondo le stime del professor Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio Conti Pubblici all’Università Cattolica.
La fine degli acquisti della Banca Centrale Europea
Alla fine di quest’anno la Bce ha già annunciato che terminerà il Quantitative Easing, vale a dire l’acquisto di titoli di Stato dei paesi dell’Eurozona, volta a iniettare liquidità nel sistema e fare si che i titoli mantenessero bassi tassi evitando attacchi speculativi, specie per i paesi più deboli, di cui l’Italia fa parte a pieno diritto.
La Bce ha inoltre riportato l’inflazione nell’Area Euro intorno al 2 per cento, arrivando al suo obbiettivo. Adesso chi comprerà il debito a un costo sostenibile per lo per le casse dello stato e “completamente” nelle mani del mercato?
Durante questi anni la Bce ha acquistato oltre 2mila miliardi di titoli governativi dei paesi della moneta unica. Di questi, 350 miliardi di euro sono bond italiani. Detto in altri termini, circa il 15 per cento del debito “Made in Italy” è in mano alla Banca Centrale Europea.
Finito l’intervento di “Mamma Bce”, sarà fondamentale trovare acquirenti su larga scala, per far si che non si subiscano attacchi speculativi da parte del mercato. L’Italia, dopo la Grecia, è il secondo “vitello” più debole dell’Eurozona.
Come detto, oltre 2,3 trilioni di euro di debito e un rapporto rispetto al Pil che supera il 131 per cento. Fosse un’azienda, sarebbe fallita da un bel pezzo.
Stati Uniti
Di recente, ipotesi avanzata secondo indiscrezioni anche dal Corriere della Sera, nell’ultimo incontro fra il presidente Giuseppe Conte e Donald Trump, il magnate statunitense avrebbe avanzato la propria disponibilità ad aiutare l’Italia col debito pubblico.
Ma gli analisti rimangono scettici, nonostante la grandezza dell’economia americana non precluda una mano d’aiuto al governo di Roma, con il quale, quantomeno sui grandi temi, non si è distanti nelle posizioni, con lo stile comunicativo in primis. Staremo a vedere.
Russia
Altra ipotesi suggestiva, ma forse la meno accreditata di tutte, proviene dalle recenti dichiarazioni del Ministro per gli Affari Europei Paolo Savona, secondo cui, se non sarà più la Bce a fare da acquirente, potrebbe essere in parte la Russia a mettere mano al portafogli.
La Russia non attraversa un buon momento dal punto di vista economico e che, a dirla tutta, in termini di grandezza economica, è minore dell’Italia malgrado sia il primo paese per estensione geografica.
Un aiuto di Mosca inoltre, per quanto remoto nelle possibilità, sarebbe deleterio sull’aspetto diplomatico.
Non piacerebbe all’Europa (e sin qui nessuna novità) né tantomeno agli Stati Uniti, che con la Russia non hanno esattamente un rapporto amichevole.
Avere Putin nella veste di prestatore è poi un’idea che non farebbe impazzire gli alleati europei.
Cina
Ultima ipotesi, verosimilmente la più plausibile fuori dalle grinfie speculative del mercato, è la via che porta a Pechino. La Cina potrebbe acquistare una buona fetta del debito italiano?
In veste di piazzista bisognerà testare le qualità del Ministro Tria, che sarà accompagnato in questa missione, dal vicedirettore della Banca d’Italia Fabio Panetta.
Vendere del debito in Cina significherebbe, come detto, evitare di sollevare troppo i tassi per accontentare gli speculatori di mercato e potrebbe tenere bassi i rendimenti che, tradotto, sarebbe il denaro che ogni anno il Tesoro sborsa per pagare gli interessi sul debito.
La Cina è già presente in maniera enorme nel mercato mondiale dei debiti sovrani, detenendo quasi il 20 per cento del debito estero degli Stati Uniti con un credito di Pechino verso Washington che si attesta a circa 1.180 miliardi di dollari americani, secondo i dati ufficiali statunitensi di fine giugno rilasciati dal Dipartimento del Tesoro.
Oltre gli interessi su debito, quale contropartita?
La Cina gioca da tempo le sue carte a viso scoperto, tentando di allargare quanto più possibile la propria influenza sul versante europeo e che per tale motivo potrebbe finanziare una parte del debito tricolore.
Ma se le due prime potenze economiche del pianeta, Usa e Cina, si possono bilanciare nell’influenza geo-strategica su base mondiale, quale può essere la forza contrattuale dell’Italia? Cosa chiederà il gigante asiatico in cambio di un pezzo di debito italiano?