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    Curriculum vitae, cosa si rischia scrivendo il falso o esagerando nelle dichiarazioni

    Il curriculum di Giuseppe Conte sul sito dei civilisti italiani.

    A cosa si va incontro quando sul curriculum si scrivono informazioni false e quali sono le conseguenze e le sanzioni previste

    Di Clarissa Valia
    Pubblicato il 24 Mag. 2018 alle 13:06

    Il curriculum vitae, o cv nella forma abbreviata, è quel documento che raggruppa le proprie esperienze lavorative e di studio.

    Dopo le ultime polemiche sul curriculum di  Giuseppe Conte , il premier indicato da Lega e Movimento 5 stelle e che ha appena ricevuto l’incarico dal presidente della Repubblica, in molti si sono chiesti cosa si rischi dichiarando il falso nel cv (anche semplicemente “gonfiandolo”) (ecco tutto quello che non torna nel curriculum di Conte).

    Secondo una ricerca di Careerbuilder, le falsificazioni spaziano dai soggetti che dichiarano esperienze professionali mai fatte prima, alla rimozione di mansioni svolte che potrebbero non essere in linea con quanto richiesto nei requisiti della posizione lavorativa a cui si ambisce in quel momento, o ancora all’aggiunta di titoli di studio mai conseguiti.

    Le falsificazioni più comuni riguardano in genere il sovradimensionamento delle proprie competenze, come quando si dichiara il livello avanzato di conoscenza di una lingua, e delle esperienze pregresse, come la durata di un impiego.

    Chi lavora nelle risorse umane sa che ci sono aziende che controllano i curriculum e che chiedono ai recruiter una verifica del documento presentato dal candidato.

    Ma a cosa si può andare incontro quando sul curriculum si scrivono informazioni false? Quali sono le conseguenze e le sanzioni previste?

    Falsificare curriculum

    La prima distinzione necessaria da fare è quella tra una posizione in un’azienda privata e la candidatura per un concorso pubblico.

    Nel caso di un curriculum vitae che riguardi la posizione lavorativa nell’ambito della pubblica amministrazione, le conseguenze sul piano legislativo e penale hanno un peso diverso.

    Quando in un concorso pubblico il curriculum viene richiesto come autocertificazione, dichiarare informazioni false può portare al reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.

    In casi come questo si rischia la reclusione fino a due anni, secondo quanto dichiarato dalla Cassazione in una sentenza del 2008. (v. Cass. n. 15535 /2008)

    Esiste anche il reato che concerne le false dichiarazioni sull’identità o sulle qualità personali (art. 496 codice di procedura penale).

    Per “qualità personali” si intende ogni attributo che serva a distinguere un individuo nella personalità economica o professionale.

    Una decisione della Suprema Corte ha ritenuto colpevole un individuo per avere dichiarato nel proprio curriculum inviato a un Comune di avere ricoperto una carica lavorativa che non aveva mai svolto (v. Cass. n. 26600/2013).

    Inoltre, in quel caso la Corte ha sottolineato che la mancata firma del curriculum non vale ad esentarsi da responsabilità per il reato di falso, perché la persona che ha inoltrato la domanda alla quale il curriculum era stato allegato, aveva comunque incluso anche tutto ciò che è contenuto nello stesso cv.

    Quando a dichiarare il falso nel proprio curriculum è un professionista, si può configurare l’illecito deontologico e la sanzione disciplinare da parte del relativo consiglio dell’ordine.

    Nel caso invece di un dipendente privato, il datore di lavoro potrebbe anche disporre il licenziamento in tronco del lavoratore che ha dichiarato il falso nel curriculum nonché intentare una causa contro di lui chiedendo il risarcimento e la restituzione degli stipendi.

    Nell’ambito privato quindi il rischio è minore sotto l’aspetto legislativo e penale.

     

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