Cristiano Gori, docente di politica sociale all’Università di Trento e il Forum Disuguaglianze Diversità propongono uno schema concettuale operativo per valutare e completare le proposte di contenimento degli effetti sociali ed economici della crisi causata dal Coronavirus. Si tratta di uno schema ispirato al principio di una tutela universale per tutte le persone a misura delle persone.
Come spiegano, “gli strumenti di protezione sociale ci sono e vanno utilizzati. A cominciare dall’estensione del Reddito di Cittadinanza”.
“Questa crisi non deve creare nuove disuguaglianze e far crescere rabbia e risentimento nelle persone, deve accrescere non ridurre la coesione sociale”, spiegano. “Bisogna tutelare ogni persona a rischio, sia i garantiti, sia gli esclusi. Questo significa: fare a un tempo cose diverse: salvaguardare i posti di lavoro, ogni volta che sia possibile; assistere chi perde l’occupazione; attenuare gli effetti che derivano dal temporaneo cambio di vita. Agire solo a tutela di alcune categorie d’individui, magari di quelli che hanno una voce più forte, sarebbe profondamente errato e ingiusto. Secondo requisito cruciale è che le misure adottate siano di attuazione semplice e tempestiva: intervenire senza effetti certi e immediati, infatti, sarebbe fatale”.
“Le proposte che il Governo sta per sottoporre in queste ore al Parlamento e al paese potranno essere valutate alla luce di due criteri. Primo, abbracciare con lo sguardo l’intera popolazione e distinguere al suo interno le diverse categorie di persone colpite: da un lato, minori, inoccupati e pensionati, a seconda delle differenti condizioni di partenza di ciascuno; dall’altro, gli occupati, ma cogliendo anche qui i loro assai diversi gradi di vulnerabilità. Suggeriamo un modo per farlo, individuando quattro categorie che tengono conto sia della natura dei rapporti di lavoro, sia della resilienza delle imprese”.
Secondo, per ognuna di queste categorie, individuare gli strumenti di welfare esistenti più adatti, modificandoli ed espandendoli in modo da adattarli alla situazione emergenziale. Per il lavoro saltuario e irregolare (oltre 4 milioni di persone) solo l’espansione del Reddito di Cittadinanza appare in grado di impedire l’impoverimento delle persone che perderanno il lavoro, esplorando così le ipotesi che prefiguriamo. Per il lavoro dipendente o autonomo di piccole e medie imprese (oltre 3 milioni), appare necessario valutare sia l’adattamento della “Nuova assicurazione sociale per l’impiego” (NASpI), sia, di nuovo, l’”espansione” del Reddito di Cittadinanza. Gli stessi due strumenti vanno presi in considerazione per il lavoro dipendente precario (diretto o indiretto) di piccole, medie e grandi imprese resilienti (fra 2 e 3 milioni), per cui l’efficacia di misure come la Cassa Integrazione è dubbia e controversa. Quest’ultimo strumento appare invece appropriato, insieme ad altri strumenti tradizionali, per il lavoro dipendente stabile o autonomo di piccole, medie e grandi imprese resilienti (fra 11 e 12 milioni).
I gravi rischi relativi a una di queste categorie, il “lavoro stabile di imprese resilienti”, stanno per essere affrontati espandendo le misure esistenti di Cassa integrazione guadagni. Bene. Compiamo uno sforzo collettivo affinché anche tutte le altre categorie, del lavoro e del non-lavoro, siano raggiunte. E affinché per tutte esse si proceda partendo dall’impianto, dall’infrastruttura organizzativa e pratica, di misure esistenti, e comunque con procedure di assoluta semplicità e automaticità e che tutelino la dignità delle persone.
“Se il confronto delle prossime ore in Parlamento e nel paese si avvarrà di questo schema metodologico, i provvedimenti finali potranno essere giusti e sentiti dal paese e ognuno si sentirà accompagnato”, concludono.
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