Durante la pandemia si è spesso confrontato il sistema sanitario italiano (e in particolar modo quello lombardo) con quello tedesco, quest’ultimo preso come modello di massima qualità ed efficienza. Ma come funziona tale sistema? Il sistema è basato su un obbligo di assicurazione sanitaria per tutti i residenti, che di fatto garantisce una copertura universale. L’offerta di servizi sanitari è per la maggior parte privata: solo un quarto degli ospedali sono pubblici, anche se offrono quasi la metà dei posti letto.
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I sistemi sanitari pubblici sono generalmente classificati secondo tre criteri:[1], [2]
- il più importante è la modalità di finanziamento. Si distingue in proposito tra: (i) modelli mutualistici, o di “social health insurance” (noti anche come modelli “Bismark”) in cui la copertura sanitaria è garantita a fronte di contributi obbligatori versati dall’assicurato; e (ii) modelli in cui i finanziamenti vengono dalla fiscalità generale, cioè una parte delle entrate dello Stato sono usate per finanziare la sanità e ciascun cittadino può accedervi (modelli universalistici, “tax-financed”, noti anche come modelli “Beveridge”);[3] in pratica la distinzione talvolta non è così netta perché lo stato può intervenire anche nei sistemi mutualistici per integrare le risorse disponibili dai contributi, per esempio a favore di certe categorie di persone (es. disoccupati).
- la natura del fornitore delle prestazioni: pubblica, privata a scopo di lucro o privata non-profit (come istituti religiosi e fondazioni). Solitamente i modelli mutualistici si affidano parimenti a enti sanitari pubblici e privati, mentre i modelli universalistici prediligono gli enti sanitari pubblici;
- il ruolo dei vari livelli di governo: nazionale, regionale o comunale.
Ovviamente ciascun paese ha delle peculiarità e non sempre la distinzione è così netta. Tra i paesi OCSE che adottano un sistema sanitario mutualistico (o riconducibile ad esso) ci sono Germania, Francia, Austria, Belgio, Olanda, Svizzera, Norvegia, mentre un modello universalistico è adottato da Regno Unito, Italia, Spagna, Danimarca, Finlandia, Svezia. Esistono anche sistemi “misti” che combinano le caratteristiche dei due modelli tipo a Taiwan e in Corea del Sud.
Come funziona il sistema sanitario tedesco
Lo Stato centrale tedesco detta le regole del sistema e le condizioni generali per le cure mediche. Assicurazioni, ministero sanitario del Land e associazioni mediche operano in questo quadro, autogovernandosi a livello di lander in termini di servizi, qualità, finanziamenti e infrastrutture.
Il sistema sanitario è basato su un obbligo di assicurazione per tutti i residenti, tale per cui, nella sostanza, la copertura è universale: non si può rinunciare e tutti i residenti devono essere in qualche modo coperti o con un’assicurazione pubblica obbligatoria “sociale” accessibile a tutti (GKV) o con una privata accessibile a determinate condizioni (PKV):[4]
- se si è lavoratori dipendenti con un reddito annuale inferiore a una certa soglia (62.550€ nel 2020) è obbligatorio iscriversi a una delle circa 100 assicurazioni sanitarie pubbliche (valide anche per familiari a carico); se si ha un reddito superiore, si può optare per un’assicurazione privata.[5]
- se si è lavoratori autonomi, si può decidere liberamente, indipendentemente dal livello del reddito.
- alcune professioni sono assicurate tramite canali speciali. Per esempio, i funzionari pubblici, i magistrati, i militari e i soggetti con status di rifugiato.[6]
- i disoccupati e coloro che svolgono un’attività lavorativa di entità limitata (sotto i 450€ mensili) non sono tenuti a versare i contributi: è lo Stato che se ne fa carico.
Le assicurazioni, pubbliche o private che siano, offrono diversi livelli di prestazioni e costi, ma esiste un minimo garantito a tutti. Le principali differenze sono che:
- per quelle pubbliche il contributo è fissato dalla legge, pari al 14,6 per cento del salario lordo dell’assicurato (di cui metà è a carico del datore di lavoro), indipendentemente dal suo stato di salute.[7] Ognuno paga in proporzione al proprio reddito fino alla sopracitata soglia (quindi i contributi sono sottoposti a un tetto);
- per quelle private il contributo/premio assicurativo varia in base sia al reddito, sia a vari fattori personali di rischio (età, sesso, fattori di rischio sul lavoro, malattie, ecc.) stabilito a seguito di accertamenti sanitari; queste assicurazioni forniscono un servizio generalmente migliore e più completo.
Le assicurazioni coprono quasi tutte le spese sanitarie ed è raro che l’assicurato paghi una prestazione direttamente. In caso di necessità, il medico di base (medico di medicina generale) è sempre un punto di riferimento, ma ci si può anche rivolgere subito a uno specialista senza necessità di un’impegnativa, diversamente da quanto avviene in Italia.[8] Infatti, caratteristica dei modelli Bismark è l’assenza di un medico di base come filtro per l’accesso alle cure specialistiche o al ricovero in ospedale (figura del “gatekeeper”). Dal 2004, con la riforma del sistema sanitario, si è comunque cercato di favorire maggiormente il ricorso alla figura del medico di base per ridurre la pressione sugli ospedali. A tal fine sono stati introdotti anche i “poliambulatori” per migliorare l’assistenza territoriale.
Alcuni numeri sul sistema sanitario tedesco
La sanità tedesca è finanziata per l’84 per cento da fonti pubbliche (di cui il 78 per cento da assicurazioni a contribuzione obbligatoria e il 6 per cento dalla cosiddetta fiscalità generale) e per il 16 per cento da fonti private, cioè schemi di finanziamento volontari o da spesa diretta delle famiglie (Fig.1). Nella sostanza quello che avviene non è molto diverso da quanto avviene per le pensioni in Italia dove si versano i contributi obbligatori all’INPS, lo Stato copre l’eventuale ammanco tramite la fiscalità generale e i cittadini possono attivare assicurazioni private.
Oltre metà dei finanziamenti sono utilizzati per l’assistenza sanitaria per cure e riabilitazioni. Quote minori sono destinate all’assistenza a lungo termine (19 per cento) e all’acquisto di prodotti farmaceutici e apparecchi terapeutici (19 per cento); il restante è destinato a servizi tipo prevenzione delle malattie e gestione del sistema sanitario.
L’offerta di servizi ospedalieri è erogata tramite 1.914 ospedali, di cui il 72 per cento sono privati (a scopo di lucro o non profit). Le strutture private però sono più piccole di quelle pubbliche in termini di posti letto. Presso le strutture pubbliche sono situati quasi la metà dei 494mila posti letto disponibili (Fig.2a e Fig.2b). Per fare un paragone con l’Italia, sempre nel 2018, i 1.059 ospedali sono ripartiti equamente tra pubblico e privato (accreditato e non accreditato), mentre i posti letto (degenza ordinaria, day hospital e day surgery) sono complessivamente 212mila, di cui quasi l’80 per cento presso strutture pubbliche.[9] In Lombardia, la quota degli ospedali privati è più alta ma, al 44 per cento, è comunque molto inferiore a quella della Germania.
In linea con la tendenza dei paesi avanzati, anche in Germania il numero di ospedali e posti letto si è progressivamente ridotto dal 1991 al 2019: gli ospedali sono calati del 20 per cento (da 2.411), i posti letto sono diminuiti del 26 per cento (da quasi 666mila posti letto), la durata media del soggiorno in ospedale si è dimezzata da 14 a 7 giorni. Solo il numero di posti letto di terapia intensiva è aumentato del 31 per cento dai 20.200 del 1991 ai 26.397 del 2019, e più della metà sono situati in ospedali pubblici. Nonostante questo calo complessivo, il numero di posti letto totali ogni mille abitanti resta ancora il più elevato tra i paesi europei, 8 contro una media di 5 (Fig.3).[10] Le ragioni del calo sono da ricercarsi nell’impiego di nuove tecnologie, di migliori cure, di una migliore prevenzione e di un’ampia rete di strutture sanitarie. Ad affiancare gli ospedali, che spesso sono monofunzionali e specializzati su un particolare ambito sanitario, si contano 14.688 strutture di sevizi per l’assistenza ambulatoriale, 1.126 strutture precauzionali o riabilitative (nel 2018) e 15.380 case di cura (incluse le residenze per anziani).[11] Dal 2004 si sono aggiunti i centri di assistenza medica (poliambulatori), rapidamente aumentati da 70 a 3.539 nel 2019.
Complessivamente la sanità ospedaliera occupava oltre 1,25 milioni di persone di cui 191mila medici nel 2018, valore in crescita rispetto al passato. Circa il 54 per cento del personale medico e non medico era assunto in strutture pubbliche (dato del 2017). Nel servizio infermieristico, invece, il personale è rimasto stabile attorno alle 331mila unità (contro le 326 mila nel 1991).[12]
In ultimo, il sistema sanitario tedesco sembra essere meno digitalizzato rispetto a quello di altri paesi europei (indicatori DESI 2019):
- il 7 per cento degli individui tra 16 e 74 anni “utilizza servizi sanitari digitali” (che a onor del vero include anche chi si limita a ricercare online tematiche legate alla sanità), contro una media europea del 18 per cento e paesi del nord Europa superiori al 40 per cento;[13]
- solo il 26 per cento di medici di base si scambiano informazioni mediche con ospedali ed altri medici in via telematica (indice DESI “scambio di dati medici”), contro il 43 per cento della media europea. Anche qui alcuni paesi europei performano molto meglio, con un valore superiore al 60 per cento;
- il 19 per cento dei medici prescrive “ricette digitali” (misura usata per rappresentare il grado di digitalizzazione dell’offerta sanitaria), contro la media europea del 50 per cento e i paesi del Nord Europa prossimi al 100 per cento.
La spesa sanitaria
Nel 2018 la Germania ha speso 391 miliardi in sanità (pubblica e privata), una cifra tra le più alte in Europa sia in termini pro capite con oltre 4.500 euro per abitante (quasi 2.000 euro in più della media europea, Fig.4), sia in rapporto al Pil (11,7 per cento contro una media europea dell’8,3 per cento, e l’8,7 per cento dell’Italia; Fig.5).[14] Dal 2011 la Germania destina una quota sempre maggiore di risorse alla sanità.[15] Di queste, una porzione valutata in oltre lo 0,6 per cento di Pil è destinata a spese per investimenti (attrezzature, tecnologie e infrastrutture), contro lo 0,4 per cento della media europea.
Fonte: OCSE, Health at a Glance 2020.
[1] Wagstaff, A. (2009). Social health insurance vs. tax-financed health systems-evidence from the OECD. The World Bank. http://documents1.worldbank.org/curated/en/545121468028868365/pdf/WPS4821.pdf.
[2] Esistono modelli di sistemi sanitari principalmente “privati”, tipo quello americano, il cui finanziamento avviene attraverso assicurazioni private o spese dirette a carico del beneficiario, ma sono rari tra i paesi OCSE. Soltanto gli Stati Uniti adottano un simile modello.
[3] In onore dei loro ideatori: Otto Von Bismark istituì il sistema mutualistico in Germania sul finire del 1800, mentre William Beveridge quello universalistico in Gran Bretagna nel 1942.
[4] https://www.eu-gleichbehandlungsstelle.de/eugs-it/cittadini-dell-ue/infoteca/sicurezza-sociale/sistema-sanitario.
[5] Chi ha un’assicurazione pubblica ed è insoddisfatto della propria copertura, può sempre cambiarla con un’altra pubblica oppure integrarla con una assicurazione complementare privata. Vedi: https://www.gkv-spitzenverband.de/krankenkassenliste.pdf.
[6] https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25115137/.
[7] All’assicurazione sanitaria si aggiungono una assicurazione infermieristica per l’assistenza domiciliare obbligatoria, pari al 3,3 per cento del salario lordo dell’assicurato (c’è una riduzione al 3,05 per cento se ci sono figli o minori di 23 anni assicurati) e un importo aggiuntivo di circa l’1 per cento stabilito dalle singole casse assicurative.
[8] https://it.zuwanderer.aok.de/pagina-iniziale/la-mia-assicurazione/trattamento-medico/medico-di-base-e-medico-specializzato/#:~:text=In%20Germania%20potete%20rivolgervi%2C%20per,di%20base%20e%20medici%20specializzati.&text=A%20differenza%20che%20in%20Italia,specializzato%20pi%C3%B9%20adeguato%20al%20caso.
[9] Vedi: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2980_allegato.pdf. Gli istituti privati accreditati possono erogare prestazioni per conto del servizio sanitario nazionale; quelli privati non accreditati no. Per la Lombardia nel 2018 si registrano 58 ospedali pubblici, 65 privati accreditati e 9 privati non accreditati.
[10] Questo numero include non solo i 494mila posti letto ospedalieri, ma anche quelli disponibili presso altre tipologie di strutture tipo case di cura, ambulatori, ecc. per consentire un confronto omogeneo indipendentemente dalla struttura del sistema sanitario adottata.
[11] Vedi: https://www.destatis.de/DE/Presse/Pressemitteilungen/2020/10/PD20_N064_231.html.
[12] A questi numeri, si deve sommare il personale che opera fuori dagli ospedali: circa 11mila medici e 112mila unità di personale non medico per le strutture preventive o riabilitative (dati 2017), 796mila unità di personale sanitario per le case di cura e 422mila unità di personale sanitario per i servizi di assistenza ambulatoriale (dati 2019). Vedi: https://www.destatis.de/DE/Themen/Gesellschaft-Umwelt/Gesundheit/Krankenhaeuser/Tabellen/personal-krankenhaeuser-jahre.html.
[13] Qui è disponibile il lavoro completo dell’Osservatorio sul tema digitalizzazione: https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-la-digitalizzazione-delle-pubbliche-amministrazioni-1941
[14] La spesa sanitaria tedesca in rapporto al Pil è molto simile a quella in Svizzera, Francia, Austria, Belgio e Olanda. Invece i paesi scandinavi, che adottano un modello Beveridge, hanno una spesa sanitaria pro capite elevata in valore assoluto, ma in rapporto al Pil è generalmente inferiore a quella dei modelli Bismark. I paesi balcanici ed ex-URSS hanno una spesa sanitaria più contenuta sia pro capite, sia in percentuale di Pil. Le medie europee non sono pesate.
[15] Per il 2019 i dati provvisori indicano che dovrebbe ammontare a circa l’11,9 per cento di Pil (407 miliardi).
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