Dopo la “Città 30”, nel solco dell’idea di rappresentare la città più progressista d’Italia, a Bologna emerge un’iniziativa peculiare. A proporla stavolta è la Camera del Lavoro Metropolitana della Cgil di Bologna, che lancia “Inchiesta sociale sui costi della città”.
Questo progetto, sebbene condivida alcune ambizioni con il concetto di Digital Twin (gemello digitale), su cui il sindaco Matteo Lepore e il Comune di Bologna stanno investendo, si distingue per il suo marcato focus sull’inchiesta, enfatizzando in particolare, per quanto riguarda la Cgil, l’aspetto sociale.
Il Digital Twin, o gemello digitale, è una replica digitale di un sistema fisico, come una città, che permette di simulare, analizzare e ottimizzare i sistemi urbani. Città come Singapore, Amsterdam e Helsinki hanno adottato questa tecnologia per migliorare la gestione urbana, la pianificazione dello sviluppo e la sostenibilità ambientale. Attraverso il Digital Twin, queste città riescono a creare ambienti più funzionali, efficienti e reattivi alle esigenze dei cittadini, dalla gestione del traffico alla distribuzione delle risorse energetiche, fino alla prevenzione dei rischi ambientali.
Michele Bulgarelli, segretario della Camera del Lavoro di Bologna, ci spiega che la Cgil intende utilizzare un approccio simile per sviluppare un piano che indaghi gli aspetti sociali, culturali e finanziari dei cittadini, creando una sorta di mappatura del tessuto socio-economico della città.
Questo approccio mira a restituire, dalla raccolta dei dati, dei modelli basati sulle reali necessità ed esigenze dei cittadini bolognesi, attingendo dall’idea di efficienza e funzionalità propria dei gemelli digitali, ma con un focus rivolto verso una più ampia indagine cittadina per esplorare il tessuto sociale, culturale ed economico, con l’obiettivo di renderlo disponibile per politiche più inclusive e mirate alla giustizia sociale.
Bologna ha vissuto un enorme cambiamento dovuto all’azione della città, in particolare la sua posizione strategica collocata tra Firenze, Milano e Venezia, e lo scalo ferroviario del Marconi Express garantiscono alla città una centralità sul piano turistico. Questa centralità ha mutato i tratti caratteristici del capoluogo emilano, trasformandolo in una sorta di Hub italiano del turismo.
Questa trasformazione è stata accelerata dalla turistificazione e dalla forte attrattività verso studenti internazionali più facoltosi, creando un fenomeno già emerso quest’estate: fasce di lavoratori, come infermieri e insegnanti, che decidono di vivere e lavorare altrove, essendo di fatto espulsi dal tessuto sociale ed economico della città. L’aumento dei costi delle case e la mutazione del tessuto economico, ora orientato a servire una “cittadinanza di passaggio”, stanno costringendo queste categorie professionali a cercare altre destinazioni per la loro attività.
Inoltre, una forte presenza di nuclei familiari composti da single contribuisce a uno sbilanciamento dei servizi a discapito delle famiglie. Non a caso, Bulgarelli parla di governance della turistificazione e del fenomeno dei costi in crescita per le nuove generazioni come uno degli obiettivi principali che questa inchiesta sociale si propone di affrontare.
Il progetto, coordinato dall’Ires, centro di ricerca della Cgil con anni di esperienza in studi sociali, punta a condurre un’indagine accurata attraverso un dettagliato questionario. Questa indagine mira a coinvolgere un’ampia gamma di soggetti, partendo dall’esteso bacino di iscritti alla Cgil di Bologna, della città metropolitana e di Imola, per poi estendersi agli studenti, agli under 35, e a quelle fasce meno rappresentate sindacalmente, come gli stranieri e i lavoratori precari.
Bulgarelli ci spiega che la Cgil di Bologna intende adottare questo approccio analitico per sviluppare un piano che esplori gli aspetti sociali, culturali ed economici dei cittadini, realizzando una sorta di mappatura del tessuto socio-economico della città. L’obiettivo è di utilizzare i dati raccolti per creare modelli basati sulle reali necessità ed esigenze dei cittadini bolognesi.
In aggiunta, una parte fondamentale di questo progetto è coinvolgere i grandi privati del territorio in un’iniziativa collettiva di responsabilità sociale d’impresa. L’idea è quella di chiedere alle imprese di contribuire con l’1% della base salariale dei lavoratori dipendenti, creando così un fondo di sussidiarietà destinato a sostenere i servizi ai cittadini, con l’intento di migliorare la vivibilità della città, per rendere Bologna una città più vivibile, accessibile e inclusiva.
L’inchiesta si concentra particolarmente sulle disparità nell’accesso ai servizi essenziali, quali trasporti, sanità, scuole e asili nido, mettendo in luce come queste possano esacerbare le disuguaglianze sociali. La proposta avanzata dalla Cgil di modulare i costi di questi servizi in base a parametri economici ben definiti rappresenta un tentativo innovativo di rendere la città più inclusiva e giusta.
La novità sta nell’integrare nella valutazione non solo i guadagni derivanti da lavoro o impresa, ma anche le rendite patrimoniali, incluse quelle finanziarie e immobiliari. Questo approccio emerge dalla constatazione che a Bologna esiste una vasta porzione della popolazione, specificamente 108.000 soggetti, che dichiarano un reddito inferiore ai 15.000 euro annui. Questo dato rivela una tendenza preoccupante: sempre più famiglie si affidano a redditi derivanti da rendite, come l’affitto di immobili o la gestione del risparmio, per la composizione della propria base di reddito.
La Cgil di Bologna mira, quindi, a un sistema di accesso ai servizi che tenga conto di entrambe queste realtà economiche, allo scopo di garantire equità e sostenibilità nell’erogazione dei servizi pubblici e privati. Tale modello di progressività endemica, basato su un’ampia raccolta dati, permette di proiettare un miglioramento della qualità di vita a Bologna, seguendo il principio che la Cgil auspica di implementare ovunque possibile.
La progressività, intesa come modello economico, garantisce la sostenibilità del sistema, enfatizzando la capacità di corrispondere più efficacemente ai bisogni dei cittadini attraverso una capillare e intelligente analisi dei dati. Questo non solo aumenta la domanda, generando sviluppo, ma promuove anche un progresso sociale ed economico che va al di là della semplice tassazione statale.
Tale approccio è in netto contrasto con il concetto di flat tax, che propugna un accesso uniforme ai servizi per tutti i cittadini, indipendentemente dal loro reddito. Mentre la flat tax e le politiche neoliberali tendono a favorire un’uguaglianza formale, ignorando le disparità sostanziali tra i cittadini, il modello di progressività punta a riconoscere e mitigare queste disparità, garantendo un accesso equo ai servizi e contribuendo a una società più giusta.
Con l’obiettivo di raggiungere un bacino di 10.000 utenti, la Camera del Lavoro di Bologna si propone quindi di ragionare su modelli innovativi da estendere anche oltre i confini della città emiliana, coinvolgendo le fasce più ampie della società in un dialogo inclusivo e costruttivo sulla futura direzione delle città.
Leggi l'articolo originale su TPI.it