Tra i numerosi decreti promossi dal Governo Conte, uno sembra aver creato un possibile sperpero di denaro pubblico. Il caso riguarda 50 milioni di euro che sono stati versati a migliaia di collaboratori occasionali delle federazioni sportive con uno strano paradosso: i contributi dello Stato sono finiti a liceali, volontari delle federazioni e collaboratori occasionali, che in un anno non guadagnano neanche la metà dei 1.800 euro che si vedranno versare grazie al bonus.
Andiamo con ordine: il Dl “Cura Italia” ha previsto il riconoscimento del bonus di 600 euro anche ai collaboratori di federazioni e associazioni sportive nazionali. L’obiettivo era tutelare istruttori e allenatori, professionisti il cui reddito è costituito interamente da indennità e rimborsi. Oltre ai professionisti sono stati inclusi, per un’ambiguità della norma, che non distingue tempo e durata delle collaborazioni in essere, anche migliaia di collaboratori occasionali, per lo più studenti universitari che svolgono attività saltuarie, come gli arbitri di calcio delle serie dilettantistiche e giovanili. Si tratta di ragazzi che percepiscono in media in un anno rimborsi per un ammontare di poche centinaia di euro, e che oggi si ritroveranno a ricevere 1.800 euro in meno di tre mesi.
L’Associazione Italiana Arbitri e la legittimazione del bonus ai volontari
Oltre alla norma scritta male, arriva però un tacito assenso e incoraggiamento di alcune federazioni sportive, tra cui l’Associazione Italiana Arbitri. Il 13 aprile 2020 il Comitato Nazionale, presieduto da Marcello Nicchi, comunica ufficialmente agli associati che, potenzialmente, l’ente erogatore ha riconosciuto gli arbitri come beneficiari del sostegno. L’associazione legittima la richiesta, ma aggiunge una frase sibillina sulla responsabilità di ogni associato di richiedere il bonus solo se in stato di reale necessità. La particolarità di questa comunicazione è che non viene inviata su carta intestata, non viene firmata, e viene trasmessa agli associati tramite le sezioni locali. Con la prima tornata di erogazioni, gli arbitri richiedenti vengono esclusi. L’Ufficio per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri interpreta la norma affermando che l’indennità spetta a coloro che hanno un “vincolo negoziale” (qui il documento interno). Tradotto: i lavoratori, e gli arbitri quindi, non ne hanno diritto.
Il secondo round: l’AIA comunica la legittimità dei bonus ai volontari saltuari
Un mese dopo, gli arbitri ricevono però una terza comunicazione, a provenienza Segreteria AIA. Ancora una volta, niente carta intestata, niente “ufficialità”, i Presidenti di Sezione come viatico. La comunicazione però questa volta conferma la possibilità di ammettere richieste di bonus anche di soggetti che svolgono attività di collaborazione e in modo saltuario o a chiamata.
Il paradosso. Chi riceverà il bonus: liceali e studenti tra i 15 e i 25 anni
La seconda comunicazione dell’AIA dimostra che la decisione finale è cambiata, e che verranno assegnati 1.800 euro netti a persona, a sostegno non di un reddito ma di un hobby, tanto quanto viene riconosciuto ai lavoratori autonomi e liberi professionisti, che di questo vivono. La platea destinataria è di oltre 10mila persone: ragazzi tra i 15 e i 25 anni, studenti liceali e universitari, magari anche di famiglie facoltose. Per dare un’idea di quanto sproporzionato sia l’importo, basti pensare che con l’attività arbitrale si guadagnano, di media, 100 euro netti al mese, con un rimborso spese di 35 euro a gara. Chi arbitra di più, arbitra 4 gare al mese, e quindi non raggiunge 1.000 euro netti nemmeno in un anno.
L’AIA ha sempre detto: gli arbitri sono volontari. E allora perché prendono il bonus?
C’è poi un ulteriore elemento: l’art. 38 del Regolamento dell’AIA, prevede espressamente che “tutte le prestazioni degli associati, tecniche, atletiche, giuridiche, sono svolte per spirito volontaristico e gratuitamente, con il riconoscimento dei soli rimborsi spese”. Viene quindi ribadito che gli arbitri non sono lavoratori e non hanno nessun vincolo giuridico con la Federazione. Un principio che era stato più volte ribadito per non riconoscere tutele alla categoria, e che oggi è stato completamente dimenticato.
Alcune sezioni si ribellano: molti arbitri non chiederanno il bonus
Una buona notizia in questo contesto pieno di ombre, arriva da alcune sezioni, dove molti ragazzi tra i 18 e i 25 anni hanno volutamente deciso di non richiedere il bonus. “Mi sono rifiutato di chiedere il bonus, nonostante ne avessi diritto”, ha rivelato un giovane arbitro a TPI. “Non è giusto sottrarre risorse allo Stato: molti di noi sono studenti e queste misure non hanno alcun senso per noi. Non è giusto approfittare di questa condizione”.
Leggi anche: 1. Azienda fallita ma licenziamenti vietati, il dramma degli esodati del Covid: “Noi, lavoratori sospesi, abbandonati dallo Stato” / 2. Il caso dei camici di Fontana insegna: serve più trasparenza nelle partecipate
L’inchiesta di TPI sulla mancata chiusura della Val Seriana per punti:
- Qui la lettera ufficiale firmata dal direttore dell’ospedale di Alzano Lombardo