Il Decreto-Semplificazioni, D.L. n. 76 del 16 luglio 2020, è entrato ufficialmente in vigore tramite la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 17 luglio scorso: la conversione in legge dovrà avvenire inderogabilmente entro 60 giorni, a pena di decadenza. Le novità negli appalti pubblici sono del tutto rilevanti e poste in deroga al principio della massima partecipazione degli operatori economici nelle procedure di gara ad evidenza pubblica: fino al 31 luglio 2021 vengono aumentate le soglie per gli affidamenti diretti di lavori, servizi e forniture, da 40 mila euro fino a 150 mila euro, e con la previsione di procedure negoziate senza pubblicazione del bando per i lavori pubblici fino a 5 milioni di euro, previa consultazione di almeno 15 operatori economici.
L’affidamento diretto è una procedura di scelta del contraente che non prevede alcuna gara, e quindi alcun confronto competitivo; la procedura negoziata, non prevede alcuna pubblicazione del bando, previo rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e parità di trattamento, e consiste nella diretta negoziazione con determinate imprese invitate e quindi “consultate” dalla stessa stazione appaltante. Il pericolo delle infiltrazioni mafiose in Italia è molto alto, nel caso di deroghe alle ordinarie procedure ad evidenza pubblica. Il Governo giustifica l’introduzione di tali misure drastiche negli appalti pubblici al fine di incentivare gli investimenti, essenziali in questo periodo di grave crisi economica scaturita in seguito all’emergenza Coronavirus. In attesa dell’ampio dibattito parlamentare che avverrà in sede di conversione in legge del decreto, merita attenzione il tanto decantato “modello Genova”, posto in deroga alle ordinarie procedure di affidamento, che sembra a questo punto essere stato previsto anche nelle ordinarie procedure di affidamento per gli appalti pubblici, in particolare nei lavori pubblici.
È tornato in auge, contestualmente, il fondamentale dibattito scaturito dalle dichiarazioni di Conte circa la volontà di revocare la concessione delle reti autostradali al gruppo Benetton. A tale proposito, è fondamentale comprendere la distinzione tra concessioni ed appalti: nel primo caso, il rischio economico a carico del concessionario, nel secondo caso, a carico della stazione appaltante – e non dell’aggiudicatario-contraente. Tale sottile differenza è del tutto dirimente al fine di comprendere le modalità di spesa del denaro pubblico da parte dello Stato: la concorrenza crea efficienza, con la massima apertura del mercato alle imprese e la previsione di procedure di gara ad hoc, e scongiura il rischio di infiltrazioni mafiose in un terreno del tutto minato come quello degli appalti pubblici. Ad esempio, la concessione delle reti autostradali da parte dello Stato, prevede nel contratto, oltre, come nel caso Benetton, l’applicazione di onerose penali in caso di revoca, anche l’allocazione del rischio economico in capo al concessionario, il quale ne trae profitti con la riscossione dei pedaggi.
Negli appalti pubblici l’intero costo è imputabile alle amministrazioni aggiudicatrici: il rischio d’impresa rimane pertanto allo Stato e alle Regioni. Si tratta di un costante parallelismo tanto decantato da alcuni politici in televisione, tipico da propaganda elettorale, che però sembra tenere poco conto del sapere economico-giuridico e delle modalità di spesa del denaro pubblico. Le concessioni rappresentano un istituto giuridico del tutto difforme dagli appalti, anche se contenuti nello stesso Codice dei Contratti Pubblici (il d.lgs. 50/2016). Il modello di affidamento delle concessioni si giustifica proprio con la diversa allocazione del rischio economico rispetto agli appalti pubblici. Il concessionario, invero, si assume maggiori rischi ed oneri circa gli obblighi di manutenzione nel corso della durata dell’intera concessione. Tale rischio si intende commisurato all’entità del corrispettivo incassato – in questo caso derivante dai pedaggi.
Il Decreto Semplificazioni introduce altresì importanti novità in tema di responsabilità per danno erariale, limitandola fino al 31 luglio 2021 al solo caso di dolo, e quindi di mera volontà, senza dare luogo ad alcuna applicazione retroattiva della norma più favorevole. Prima del D.L. 76/2020, il danno erariale era imputabile sia a titolo di dolo che di colpa grave. Il reato di abuso d’ufficio, disciplinato dall’art. 323 c.p., viene inoltre limitato al solo caso di violazione di legge o atto avente forza di legge. Le ragioni di tale scudo di tipo penale-contabile sono insite nel voler scongiurare i ritardi ed eventuali blocchi delle amministrazioni pubbliche e dei suoi funzionari nell’apporre le firme necessarie alla validità degli atti, nella paura di incorrere in responsabilità e sanzioni afflittive.
I ritardi vengono altresì scongiurati con l’introduzione di termini acceleratori per i procedimenti di gara negli appalti pubblici: entro 6 mesi dall’indizione, e quindi dall’avvio del procedimento, le gare a procedura aperta dovranno essere oggetto di aggiudicazione e di scelta del contraente, a pena di responsabilità per danno erariale del Responsabile Unico del Procedimento. Per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate senza pubblicazione del bando, i termini si riducono rispettivamente a 2 mesi nel primo caso, e a 4 mesi nel secondo.
Le procedure di affidamento sono disciplinate, fino al 31 luglio 2021, con le seguenti modalità:
- Nei contratti sotto-soglia, con affidamenti diretti e previa motivazione nel provvedimento delle ragioni di scelta del contraente, fino a 150 mila euro per lavori, servizi e forniture; con procedure negoziate senza pubblicazione del bando, previa consultazione di almeno 5 operatori economici, per gli importi pari o superiore a 150 mila euro fino alle soglie di cui all’art. 35 d.lgs. 50/2016 (a titolo esemplificativo e non esaustivo di valore pari a 750.000 euro per i servizi sociali).
Per i lavori pubblici, sono previste procedure negoziate senza pubblicazione del bando, fino a 350 mila euro, previa consultazione di 5 almeno operatori economici; fino a 1 milione di euro, previa consultazione di almeno 10 operatori economici; fino a 5.350.000 euro, previa consultazione di almeno 15 operatori economici.
In questi casi non è prevista alcuna escussione della garanzia provvisoria ex art. 93 d.lgs. 50/2016; in caso di particolari esigenze la stazione appaltante potrà inserire la garanzia negli atti di gara, ma dovrà contestualmente fornire adeguata motivazione e l’importo sarà dimezzato.
- Nei contratti sopra-soglia – soglie di cui all’art. 35 d.lgs. 50/2016 – con affidamenti previa indizione di una procedura aperta, ristretta, o previa motivazione sulla sussistenza dei presupposti previsti ex lege, competitiva con negoziazione.
Tali modifiche hanno carattere temporaneo, e avranno validità fino al 31 luglio 2021, in virtù della necessità del Governo di far fronte alle conseguenze di tale emergenza da Covid-19, i cui effetti nel breve periodo potrebbero essere di tipo depressivo nel nostro sistema economico nazionale. Per i lavori diretti alla realizzazione delle opere pubbliche, merita infine attenzione l’obbligatorietà circa la costituzione di un collegio consultivo tecnico, prima dell’avvio dell’esecuzione dell’appalto, o entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto, se già in corso di esecuzione, nel caso di importi pari o superiori alle soglie di cui all’art. 35 D.lgs. 50/2016, con i compiti di assistenza per la rapida soluzione delle controversie o delle dispute tecniche di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto.