Appalti pubblici: le (complesse) novità normative del 2020
In diritto vige il noto principio “ignorantia legis non excusat”: l’ignoranza della legge non è scusabile, a meno che non si tratti di una ignoranza inevitabile, secondo una nota sentenza della Corte Costituzionale. Per gli operatori del settore, ad oggi, è alquanto difficoltoso – se non gravoso – ricostruire un’intera vicenda normativa che verte su un settore cardine dell’economia italiana quale quello dei contratti pubblici: sembra quasi essere inevitabile incorrere nell’errore.
Dalle norme sullo Sblocca Cantieri, alla legge Europea 2020, passando per il nuovo decreto fiscale 124/2019 (convertito in legge n. 157 del 19 dicembre 2019), in attesa del nuovo regolamento di esecuzione e di attuazione al Codice dei Contratti Pubblici che doveva sostituire le Linee Guida ANAC, è necessario un costante aggiornamento di ciascun operatore del settore al fine di evitare quegli errori dettati dalla ignoranza, dai quali sembra quasi che possa derivarne una massimizzazione dei profitti della c.d. malavita. Perché questa ignoranza, purtroppo, a volte può ingenerare affidamento in chi non si pone tanti scrupoli e può approfittarne per curare i propri – loschi – interessi.
Le norme ad intermittenza, d’altronde, non creano alcuna omogeneità di prassi delle stazioni appaltanti, mentre, al contrario, determinano incertezza giuridica. Il sistema normativo italiano, del tutto complesso e assoggettato a stringenti oneri di conformità rispetto alle norme dell’Unione Europea, sembra quasi rivivere un’epoca medievale, il cui buio perenne non attende altro che un vero e proprio Rinascimento. E intanto proliferano reati come la corruzione e l’associazione a delinquere.
Dove sono finiti i tempi in cui al grido giustizialista del M5S in Parlamento si ostentava la tanto decantata legge “Spazza-corrotti”? Solo in tema di prescrizione il dibattito politico è ad oggi del tutto in auge, al pari delle proteste degli avvocati penalisti. Ma andiamo con ordine, cercando di ovviare a quell’ignoranza che tanto sembra invadere la nostra Italia e il settore degli appalti pubblici in particolare. Perché cambiare le regole del gioco in corso d’opera crea incertezza giudica, disomogeneità di prassi, e un danno del tutto ingente all’economia italiana che avrebbe bisogno di regole certe e chiare.
Eravamo rimasti alle novità introdotte dal Decreto Sblocca Cantieri, e in particolare alle novità introdotte in materia di subappalto: lo schema di legge Europea 2020 – bozza ad oggi non ancora in vigore, ndr – propone l’abrogazione del primo comma dell’art. 80 d.lgs. 50/2016, circa l’esclusione anche delle imprese subappaltatrici dalle procedure di affidamento nel caso vi sia la sussistenza di motivi di esclusione, quali le sentenze definitive penali di condanna. La ratio di tale previsione normativa era contenuta nell’esigenza di escludere imprese dagli appalti pubblici che si fossero macchiate di illeciti di natura penale.
Nella bozza del ddl del 4 febbraio 2020 si legge all’art. 105, in riferimento alle imprese subappaltatrici, che: “al comma 4, lettera b), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “e sia in possesso dei requisiti di cui all’articolo 80”. Niente paura, il motivo di esclusione esce dalla porta ma rientra dalla finestra sotto la forma di “requisito”: peccato che l’art. 80 introduca motivi di esclusione, e non viceversa la necessaria sussistenza dei requisiti in capo agli operatori economici, come era stato previsto nel vecchio codice, n. 163/2006.
Il legislatore sembra non aggiornato sul punto. In ogni caso, la legge va anche interpretata nella sua accezione autentica: i soggetti affidatari del contratto potranno quindi utilizzare lo schema di contratto del subappalto, previa autorizzazione della stazione appaltante, purché non vi siano motivi di esclusione di cui all’art. 80 in capo a chi venga subappaltato il contratto.
Viene quindi scongiurato il pericolo di infiltrazioni mafiose nei contratti pubblici. Si abroga nel disegno di legge, altresì, l’obbligo di indicazione della terna dei subappaltatori, in ossequio alla lettera di messa in mora notificata allo Stato italiano lo scorso febbraio 2019 dalla Commissione Europea. La sussistenza circa l’assolvimento degli adempimenti di natura fiscale e contributiva in capo a ciascun operatore economico, dovrà inoltre essere verificato da ciascun committente anche alla luce dell’assenza di provvedimenti di condanna aventi il carattere della definitività.
Ciò implica un aumento della discrezionalità amministrativa per le stazioni appaltanti: i gravi illeciti professionali, in materia contributiva e fiscale, anche se non ancora oggetto di accertamenti aventi il carattere della definitività – e quindi della sola esecutività – potranno costituire motivo di esclusione in capo alle imprese partecipanti alle commesse pubbliche.
Ad oggi, invece, rimane oggetto di incertezza se il subappalto sia assoggettato ad un limite, riferito all’importo complessivo a base di gara. Al limite del 30%, o del 40%? O a nessun limite? L’impresa affidataria della commessa pubblica può infatti affidare in subappalto parte del contratto, in riferimento al suo importo posto a base di gara. Su un affare di 1.000.000 di euro, alla luce della normativa cogente, l’impresa dovrebbe applicare ad oggi, una percentuale del 40%, e affidare l’importo di euro 400.000,00 a terzi, che non abbiano pendenti sentenze penali definitive di condanna.
Con la legge Sblocca Cantieri, e fino al 31 dicembre 2020, tale limite era stato infatti innalzato al 40%. Poi vi furono le due Sentenze della Corte di Giustizia, che sancirono l’incompatibilità di tale limite in riferimento alle Direttive del 2014, un comunicato ANAC del 2019 che riteneva tale limite ancora vigente, ed infine anche una recente sentenza del Consiglio di Stato del 16 gennaio 2020, n.389, secondo cui tale limite “deve ritenersi superato per effetto delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea del 26 settembre 2019 (C-63/18) e 27 novembre 2019 (C-402/18)”. Quid iuris? Non vi è traccia del limite di subappalto nella bozza di disegno di legge. Permane quindi il dubbio di ciascuna stazione appaltante, in attesa di una urgente modifica del legislatore tesa a mettere fine agli inadempimenti dello Stato italiano.
È necessario precisare che le procedure di infrazione determinano l’applicazione di elevate sanzioni pecuniarie a carico di ciascuno Stato membro. Aderire alla tesi circa la disapplicazione di tale limite da parte delle stazioni appaltanti, scongiura il pericolo di eventuali illegittimità degli atti di gara. In conclusione, e in attesa del nuovo regolamento di esecuzione ed attuazione al Codice del MIT, che sostituirà le linee guida ANAC, novità rilevanti sono contenute nel nuovo decreto fiscale, convertito nella legge n. 157/2019, all’art. 17-bis: nei casi di contratti di appalti, subappalto, affidamento di soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati, se caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di sua proprietà, o ad esso riconducibili in qualunque forma, per un importo complessivo annuo superiore ai 200.000 euro, ciascuna stazione appaltante dovrà ricevere copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute di cui agli articoli 23 e 24 del D.P.R. n. 600 del 1973.
Tale obbligo sussiste a partire da febbraio 2020: gli oneri in materia fiscale e contributiva sono stati introdotti dal legislatore a carico dei soggetti affidatari di commesse pubbliche, al fine di prevenire la somministrazione illecita di manodopera. A pena di sospensione dei pagamenti da parte del committente fino alla concorrenza del 20 % degli importi posti a corrispettivo della prestazione resa, e senza alcuna possibilità di compensazione.
Ciascuna impresa, pertanto, al fine di evitare l’interruzione dei pagamenti in corso di esecuzione d’opera, dovrà inviare un elenco del personale, comprensivo per ciascun dipendente di codice fiscale, ore lavorate e di retribuzioni versate, con le copie delle deleghe di pagamento distinte per ciascun committente: Beta S.r.l., affidataria degli appalti X e Y, dovrà quindi comprovare in capo al committente l’assolvimento di tale oneri per la manodopera impiegata negli appalti X e Y, anche producendo rispettiva copia dei distinti moduli F24. Qualora il committente non asseveri a tale dettato normativo, incorrerà in sanzioni pecuniarie irrogate dall’Agenzia delle Entrate. L’assolvimento di tale prestazione sarà in questo caso necessaria a pena di sospensione del pagamento delle fatture emesse in sede di esecuzione contrattuale.