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    Airbnb, accordo con l’Agenzia delle Entrate: pagherà 576 milioni

    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 13 Dic. 2023 alle 15:48 Aggiornato il 13 Dic. 2023 alle 15:52

    Airbnb, accordo con l’Agenzia delle Entrate: pagherà 576 milioni

    Airbnb ha deciso di accordarsi con l’Agenzia delle entrate e pagare 576 milioni di euro per chiudere il contenzioso con le autorità italiane. Lo ha comunicato la piattaforma degli affitti brevi in una nota, specificando che l’accordo copre il periodo dal 2017 al 2021. Per quei cinque anni, la procura di Milano aveva contestato il mancato pagamento della cosiddetta “cedolare secca” su 3,7 miliardi di euro di canoni di locazione, corrisposti dagli ospiti delle strutture ricettive che usano la piattaforma. Accusa che ha spinto la gip Angela Minerva a ordinare il sequestro preventivo di oltre 779 milioni di euro a carico della Airbnb Ireland Unlimited Company, società di diritto irlandese, e di tre manager del gruppo.

    “L’accordo di oggi significa che possiamo concentrarci nella continuazione della nostra collaborazione con le autorità italiane in materia di tasse, regole per le locazioni brevi e turismo sostenibile, a vantaggio degli host e degli ospiti”, ha dichiarato la piattaforma statunitense, assicurando che non cercherà di recuperare dagli host le ritenute fiscali per questo periodo. “La gran parte degli host su Airbnb in Italia sono persone comuni che si affidano alla piattaforma per integrare il proprio reddito familiare. Auspichiamo che l’accordo con l’Agenzia delle Entrate e le recenti novità normative possano fare chiarezza sulle regole riguardo gli affitti brevi per gli anni a venire”, ha aggiunto Airbnb.

    Airbnb ha anche fornito alcuni dati sul mercato italiano, definito “importante” dalla piattaforma. Secondo Airbnb, “oltre tre quarti” degli host italiani “hanno solamente un annuncio; l’host tipico ha guadagnato l’anno scorso poco più di 3,5001 euro. Circa un due terzi (59%) ha dichiarato che i proventi realizzati ospitando gli consente di arrivare a fine mese. Il 15% afferma di lavorare nella sanità, l’educazione o la pubblica amministrazione”.

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