Eni e CFS (Commonwealth Fusion Systems), spin-out del Massachusetts Institute of Technology (MIT) hanno firmato oggi un accordo di cooperazione, con l’obiettivo di accelerare l’industrializzazione dell’energia da fusione. Eni ha investito per la prima volta in CFS nel 2018 e ne è azionista strategico. Questo accordo rafforza la partnership tra le due società, unendo l’esperienza ingegneristica e di project management di Eni ad una serie di progetti a supporto di CFS, e lo sviluppo e distribuzione dell’energia da fusione su scala industriale.
Eni è stata la prima società energetica a credere e investire in questa tecnologia che, una volta portata a livello industriale, potrà dare un contributo davvero importante alla transizione energetica. CFS ha intrapreso il percorso più veloce per la commercializzazione dell’energia da fusione. Nel settembre 2021, CFS ha raggiunto un traguardo importante con il successo del test su un magnete con tecnologia superconduttiva HTS (HighTemperature Superconductors), il magnete più potente del suo genere al mondo, che assicurerà il confinamento del plasma nel processo di fusione magnetica e che potrà contribuire al raggiungimento dell’energia netta da fusione in un futuro impianto dimostrativo.
La strada intrapresa da CFS con il supporto di Eni è caratterizzata da un approccio pragmatico e progressivo finalizzato a ottenere l’applicazione industriale della tecnologia della fusione a confinamento magnetico nel prossimo decennio. SPARC, che punta a essere il primo impianto pilota a confinamento magnetico al mondo a produzione netta di energia da fusione, è in costruzione e sarà operativo entro il 2025. Si prevede che SPARC, a sua volta, farà da banco di prova per lo sviluppo di ARC: la prima centrale elettrica industriale da fusione in grado di immettere elettricità in rete, che dovrebbe essere operativa nei primi anni del 2030.
L’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha commentato: “Vedremo realizzata la prima centrale elettrica di CFS basata sulla fusione a confinamento magnetico all’inizio del prossimo decennio, avendo poi davanti a noi quasi vent’anni per diffondere la tecnologia e raggiungere gli obiettivi di transizione energetica al 2050. Questo vorrà dire disporre a livello industriale di una tecnologia in grado di fornire grandi quantità di energia senza alcuna emissione di gas serra prodotta in modo sicuro, pulito e virtualmente inesauribile fornendo un contributo sostanziale alla transizione energetica. Per questo siamo di fronte a una potenziale svolta tecnologica epocale”.
“Da diversi anni – ha proseguito Descalzi – Eni sta ponendo la leadership tecnologica, con un approccio di neutralità e diversificazione, alla base del proprio percorso di decarbonizzazione. Consapevoli del grande valore strategico di questa tecnologia e della solidità di CFS, fin dal 2018 Eni ha investito nella società ed è stata la prima azienda energetica ad impegnarsi concretamente in questo settore. Oggi rafforziamo ulteriormente questa collaborazione con le nostre competenze ed esperienza con l’obiettivo di accelerare il più possibile il percorso di industrializzazione della fusione”.
“L’accordo di collaborazione tra CFS e il nostro partner di lunga data, Eni, ha il grande potenziale di far progredire i nostri sforzi sulle principali sfide globali e sulle opportunità di trasformazione del panorama energetico grazie ad una fornitura illimitata di energia pulita da fusione”, ha detto il CEO di CFS Bob Mumgaard. “Questo accordo sottolinea il ruolo chiave che le società energetiche esistenti svolgono nell’accelerare l’industrializzazione dell’energia da fusione e la forza della dell’abbinamento con tali aziende”.
Nel dettaglio, l’accordo di cooperazione prevede un lavoro congiunto per accelerare lo sviluppo industriale di ARC, una serie di progetti attualmente in fase di sviluppo che includono supporto operativo e tecnologico, esecuzione progettuale attraverso la condivisione di metodologie mutuate dall’industria energetica, nonché rapporti con gli stakeholder. Per Eni la fusione a confinamento magnetico occupa un ruolo centrale tra le tecnologie per la decarbonizzazione in quanto potrà in prospettiva consentire all’umanità di disporre di grandi quantità di energia a zero emissioni e con un processo sicuro e virtualmente illimitato, cambiando per sempre il paradigma della generazione energetica.
Un ‘game-changer’, una svolta epocale, è quello che promette di essere l’industrializzazione dell’energia da fusione, alla quale Eni e Cfs (Commonwealth Fusion Systems) intendono dare un’ulteriore accelerazione, con la firma di un accordo per una serie di progetti di collaborazione. “Possiamo realizzare qualcosa di nuovo e fondamentale per il paradigma energetico dei Paesi. Questo movimento può cambiare radicalmente lo stile di vita delle persone e anche la geopolitica sul piano internazionale”, ha detto l’ad di Eni, Claudio Descalzi, dopo la firma dell’accordo con il ceo di Cfs, Bob Mumgaard, presso la sede dell’azienda in Massachusetts. “Non ci saranno tensioni tra Paesi a causa delle forniture energetiche o della differente diversificazione dei mix energetici nazionali”, ha proseguito Descalzi, sottolineando che la nuova tecnologia “deve essere e rimanere aperta e inclusiva per tutti, così che tutti i Paesi possano aspirare ad averla a disposizione”. In questo modo, ha spiegato il ceo di Eni, “l’energia non sarà più un problema alla base di molti conflitti” e ci sarà “un impatto positivo sulle relazioni tra Paesi”.