Pubblichiamo di seguito l’intervento di Antonio Pizzo in merito all’appello sul futuro della sinistra “La forza della Ragione e il coraggio della politica” [Leggi qui], lanciato da Nadia Urbinati, Stefano Bonaga e Pietro Ignazi. Per lasciare la tua firma, aderire all’iniziativa e condividere il tuo pensiero scrivi a discutiamo@tpi.it
L’intervento di Antonio Pizzo
La nostra democrazia, dopo aver colpevolmente subito e accarezzato il “partito carismatico”, il partito del “leader”, il “partito personale”, il non-partito “movimento”, il partito dei fuggiaschi, il partito a brandelli ha ora bisogno non di “abolire” i partiti, al contrario, ha bisogno di “più partito”, cioè di un “luogo reale”, fisico, dove regole nuove e trasparenti rendono possibile una relazione “alla pari” tra le persone, dove la dirigenza sia scelta, per un 50%, anche per “sorteggio”, dove uomini e donne, in spirito di servizio, siedono “in pari numero” nei posti di guida, dove non si elegga a “capo” un “singolo”, spesso un maschio, ma una “coppia”, un uomo e una donna passando dal monocratismo di sempre alla guida duale del futuro (bicratismo?), dove il finanziamento sia, da una parte, pubblico (la responsabilità, anche economica, della continuità democratica è un bene/dovere del Paese), dall’altra, privato, ma possibile solo a iscritte e iscritti.
Se i partiti e i movimenti, in sé, sono senza regole di democrazia, trasparenti e controllabili, se non hanno un luogo di condivisione delle idee, se non sperimentano, anche dopo aver usato la rete, l’ardire del comprendersi guardandosi negli occhi, non potranno mai essere in grado di estendere la democrazia e di costruire una “sovranità conviviale”. Abbiamo bisogno di più partito se vogliamo costruire un nuovo modo dell’agire politico; ognuno di noi deve contribuire a “immaginare” ogni possibile strada per raggiungere l’obiettivo.
Ed ecco il mio immaginare. Perché un nuovo modo di far partito possa libero nascere e camminare, e accogliere, lungo il suo cammino, nuove/i compagne/i di strada, immagino sia necessario organizzare, nei territori, tanti “luoghi di partenza”, visibili, stabili, animati, rumorosi, equipaggiati, dove sia possibile sperimentare, in continuità e in solidarietà, anche amicale, una qualche ipotesi di nuova “comunità” politica. Magari “conviviale”.
E immagino nuove “sezioni/circoli” quali reali luoghi di incontro di tante/i giovani, e di tante/i meno giovani, luoghi gradevoli, in centro e in periferia, dove sia possibile stare insieme, collegarsi in rete, ascoltare musica, bere una bibita, e discutere dei problemi della società, a partire dalla conoscenza/studio dei bisogni del nostro “prossimo” di quartiere, senza lunghe riunioni di “partito”, ma tessendo nel dialogo rapporti di “felicità” sociale, chiacchierata e praticata, e costruendo dal vivo una comunità, contro i luoghi virtuali dei giochi televisivi, delle tribune di parole gridate e da spettacolo.
E immagino una grande discussione sui nuovi confini della libertà, per tornare a riprendere il tema (e la pratica) dei nostri resistenti, anche per smascherare l’imbroglio dei “nuovi” profeti del liberalismo salvifico. E immagino tutto un lavoro di studio/proposte, a partire dal quartiere, e non solo per la riparazione delle buche nell’asfalto delle strade, ma soprattutto per la riparazione delle buche nella sofferenza del tessuto sociale, un lavoro per coniugare la libertà con la giustizia, e per ricominciare a parlare di libertà dalla miseria, dall’ignoranza, dalla precarietà, dalla subalternità, sfidando gli avversari continuamente, in ogni volantino, in ogni manifestazione, in ogni dibattito, a livello locale e nazionale, programmaticamente, riempiendo la libertà almeno dei suoi contenuti costituzionali, di un lavoro vero, di una casa dignitosa, di un’istruzione di qualità, di una salute curata.
E non solo con manifestazioni chiuse in un unico “luogo di raccolta” centrale, ma aperte in ogni “luogo vissuto” di lavoro politico, in contemporanea, e su un tema comune. (Quando sarà possibile!) E immagino una discussione ampia sulla “cultura del limite”, quale possibile altro orizzonte culturale: se sia, ad esempio, necessario definire un limite alla ricchezza, e alla povertà, e allo sfruttamento della natura, e all’uso delle risorse energetiche, e alla violenza di guerra e non, e alle morti sul lavoro, e attraverso quali provvedimenti e quali interventi culturali.
E immagino la lettura in comune, partecipata, anche all’aperto, nei nostri “luoghi”, di testi di riferimento precisi, fondamentali per alimentare una speranza di una società migliore, meglio se testi già codificati; ad esempio, la dichiarazione universale dei diritti umani, la nostra carta costituzionale, le carte del socialismo europeo e internazionale.
E immagino un gruppo di lavoro di persone con passione preparate, capaci di spiegare la politica a chi non ha tempi e strumenti, e disponibili a svolgere, nei nostri “luoghi”, senza scadenze, non più solo una “campagna” elettorale per chiedere voti, ma una “campagna” di informazione e di ascolto, per una reciproca formazione, in un rapporto alla pari, a tracciare, pietra con pietra, un lastricato democratico. E se tutti insieme si immagina, forse molte diventeranno, per costruire a sinistra un Partito Nuovo, le cose da fare.
Antonio Pizzo