Stefano Mentana, vicedirettore di TPI, risponde all’appello sul futuro della sinistra “La forza della Ragione e il coraggio della politica” [Leggi qui], lanciato da Nadia Urbinati, Stefano Bonaga e Pietro Ignazi. Per lasciare la tua firma, aderire all’iniziativa e condividere il tuo pensiero scrivi a discutiamo@tpi.it
Caro PD, guarda al futuro e non restare ancorato ai fantasmi del passato
Ancorarsi nel passato per evitare di affrontare l’incognita del futuro è una caratteristica comune a molti esseri umani. Se per un uomo può suscitare comprensione, per un partito rischia di costringerlo a restare incastrato in discussioni che, per quanto utili, possono fargli perdere il senso della realtà. Forse questo è una parte molto consistente degli attuali problemi del PD.
Quello che rimane comunque il principale partito del centrosinistra italiano e il naturale interlocutore di quella fetta dell’elettorato italiano non manca mai di avvitarsi su conversazioni del genere, di natura esclusivamente interna e rivolte più al passato che al futuro: dall’opportunità della convivenza in un solo partito di esponenti provenienti dalla tradizione democristiana e di quella comunista, fino alla figura di Matteo Renzi, che il PD non riesce a lasciarsi alle spalle nonostante abbia fondato un suo nuovo partito.
Notizia ferale per i nostalgici del confronto tra guelfi e ghibellini: Renzi se ne è andato e ha fatto un altro partito. Ha preso la sua strada e sarebbe bello che anche il PD prenda la sua, senza trovare il capro espiatorio in una presunta quinta colonna renziana nei ranghi dem, che sarebbe rappresentata da esponenti che non solo hanno rotto con Renzi al tempo della scissione, ma che oggi hanno un ruolo secondario nel partito.
Ancora più spaesante è chi si appella a temi come la “fusione a freddo” tra DS e Margherita, e in termini più ampi tra cultura post-comunista e cultura post-democristiana. Una visione tra le più miopi, perché non si rende conto che da quest’anno possono votare i nati nel 2003: ragazzi che non hanno visto né il sequestro Moro, né la caduta del muro di Berlino, né l’11 settembre. Cosa può importare loro della fusione a freddo DS-Margherita? Nulla. Ed è altrettanto conseguente che il loro interesse nel votare il PD rischi di rimanere nullo.
E quindi, caro PD, se vuoi essere protagonista guarda al futuro. Ma prima di tutto nelle idee, non nelle strategie elettorali. Da ormai oltre un anno a questa parte ci sono tante voci, nel mondo dem, che vedono in Giuseppe Conte il possibile leader di una coalizione tra PD e Movimento Cinque Stelle: la scelta sta ai partiti, ovviamente. Ma manca la risposta, come sempre: per fare cosa? Non basta certo la popolarità del momento di una figura di primo piano, peraltro estranea al proprio partito, per ritrovare la propria identità. Se si va a inseguire un altro partito, appiattirsi su alcuni suoi temi come avvenuto per il referendum sul taglio dei parlamentari, significa rischiare che un elettore preferisca l’originale alla copia. E quindi il partito nato secondo la logica della vocazione maggioritaria vada a scegliere una vocazione minoritaria.
Il PD non deve liberarsi dei presunti esponenti renziani o dei suoi esponenti scomodi: l’inclusività è nella sua natura. L’unica cosa di cui si deve liberare sono le catene che lo lasciano ancorato al passato, e che non gli permettono di guardare al futuro. Non servono maquillage del caso o cambi di nome come diversi esponenti hanno suggerito, i partiti sono un punto di riferimento della società ed è bene che esistano nel tempo con questa funzione, senza cambi di nome e simbolo fittizi che, in assenza di cambio di passo, rappresentano solo un rebranding al quale l’elettore non abboccherebbe. Guarda al futuro, PD, rivolgiti all’Italia del 2021, pensa a quella del 2100: ascolta, confrontati, non avere pregiudizi e non restare ancorato al passato, trova la tua parola d’ordine, il tuo tema di riferimento, il tuo programma. Non serve inventarsi nuove ideologie, ma capire il modo per affrontare la realtà di oggi con cui vivere in questo mondo.
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