Definirlo semplicemente un esponente di spicco del fumetto italiano sarebbe alquanto riduttivo, visto che ormai Zerocalcare (al secolo, Michele Rech) ha completamente valicato la linea immaginaria che separava il “caso editoriale” dall’artista. Oggi, infatti, Zerocalcare è diventato a tutti gli effetti portavoce e interprete di un’intera generazione, quella dei nati tra gli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, di cui raccoglie e veicola le istanze, i pensieri e le perplessità.
La mostra Scavare Fossati, Nutrire Coccodrilli (aperta al pubblico dal 10 novembre 2018 al 10 marzo 2019) è il punto più alto di questo viaggio di formazione, che si conclude – almeno per il momento – con il riconoscimento di Zerocalcare come figura centrale del panorama artistico e culturale italiano del XXI secolo.
La scelta di dedicargli una personale al MAXXI (il Museo delle Arti del XXI secolo), d’altronde, è già di per sé eloquente. Il titolo è ermetico, sì, ma indica una precisa presa di coscienza che richiama concetti e immagini di stringente attualità, legati alle paure primordiali dell’essere umano, come quella dell’invasione e della “difesa del territorio”.
Strizzando l’occhio a luoghi e sentimenti condivisi, tra riferimenti popolari e alla cultura di massa, l’artista propone infatti un’irriverente quanto pungente opera di denuncia sociale, che mette in luce i drammi, le lotte e le contraddizioni della nostra epoca. D’altronde è questo il fil rouge che caratterizza la produzione di Zerocalcare, che oggi trova nella mostra al MAXXI una cornice emblematica ed evocativa.
Se il corpo scala all’ingresso introduce lo spettatore all’esposizione e all’artista – attraverso la timeline della sua vita – la struttura tondeggiante della sala espositiva ricorda invece la fisionomia dell’armadillo (a cui è per altro dedicato un libro), alter ego dell’artista e voce della sua coscienza. Le pareti sono corredate da graffiti e scritte che, rimandando a quella dimensione underground a cui l’artista appartiene, vengono investite di un ruolo descrittivo e non solo decorativo (il tutto infarcito con colorite espressioni del linguaggio romanesco).
Il percorso artistico nel quale lo spettatore si immerge è un costante invito alla riflessione e alla consapevolezza. Insomma, Scavare Fossati, Nutrire Coccodrilli è molto più che una mostra, è uno “stato dell’anima”, come è stata definita. Così come Zerocalcare è ormai molto più che un “disegnatore”, ma un artista figlio del suo tempo, consapevole del peso del suo ruolo ed emblema di una generazione cresciuta tra web e precariato, tra G8 di Genova e serie TV.
Sono proprio i fatti genovesi a ispirare il primo fumetto pubblicato da Zerocalcare nel 2001, aspetto che viene giustamente rimarcato all’interno dell’esposizione (sezione Non Reportage), con contenuti dalla forte rilevanza politica.
A questi, vengono inoltre affiancati resoconti su importanti fatti di cronaca nazionale e internazionale del nostro tempo, frutto di esperienze di viaggio e di vita personali (il viaggio a Kobane nel 2004 ne è un esempio).
Larga parte della mostra è poi dedicata alle battaglie contro le diseguaglianze sociali (sezione Lotte e Resistenze), invito a resistere contro le derive estremiste e aprire gli occhi di fronte alle contraddizioni dell’età contemporanea: l’America di Trump, i muri e il ruolo della Turchia ai confini dell’Europa sono solo alcune di queste. Appartengono a questo nucleo anche i lavori eseguiti per La Repubblica, Espresso e Internazionale.
Non poteva mancare poi il tono ironico e “popolare” che caratterizza le illustrazioni tratte dal blog dell’autore, con citazioni e reminiscenze di ogni tipo, che vanno da Bim Bum Bam a Dragonball, dai Cavalieri dello Zodiaco a Star Wars, dall’Uomo Tigre a Kenshiro, da Mila & Shiro a Holly & Benji (sezione Pop). Personaggi noti ad un’intera generazione non sono altro che proiezioni mentali, rappresentazioni azzeccate di particolari doti o qualità.
Nelle sue opere, idee o riflessioni intangibili (spesso legate alla sfera privata di ognuno di noi) vengono invece sviscerate in una serie di avventure che rivelano le costanti di un sentir comune: dai temi più importanti a delle semplici sensazioni (viene da pensare, ad esempio, alla rappresentazione del buonsenso che percorre la strada per il cervello, ma si perde ed esce dall’altro orecchio).
Ogni tavola lascia sulla bocca un sorriso amaro, come la scelta di far dialogare Majin Bu (il mostro rosa di Dragonball Z) con l’ex manager della Fiat Sergio Marchionne sulle conseguenze del capitalismo. Si tratta di espedienti narrativi “curiosi”, per certi versi assurdi e improbabili che, però, hanno quasi sempre lo scopo di lasciare/lanciare un messaggio.
Osservandole, lo spettatore non può rimanere indifferente e non accorgersi di essere in qualche modo legato al suo vicino. Ci si guarda divertiti e si sorride insieme, travolti da un sentimento a metà strada tra la nostalgia e l’empatia.
Chiude il cerchio la parte dedicata alla scena punk – che taglia trasversalmente tutti i temi della mostra – con una selezione di 40 illustrazioni, locandine per concerti e vinili (sezione Tribù). È un mondo, quello del punk, a cui l’artista stesso sente di appartenere. Ecco motivata, dunque, la scelta di utilizzare per questo nucleo un nome strettamente connesso al concetto primordiale di comunità
Nonostante la mostra si rivolga ad un target preciso, con essa l’arte fumettistica diventa un modo per divulgare concetti complessi e articolati che appartengono allo spettro di sentimenti e vicende della contemporaneità.
Chi non hai mai apprezzato gli insegnamenti di Dohko di Libra o del Maestro Yoda o non condivide quella stessa passione per le battaglie civili avrà forse più difficoltà a comprendere il motore originario – la spinta creativa, per così dire – di questo lavoro collettivo, ma non potrà rimanere indifferente alla potenza di una visione così chiara e limpida della realtà.