Tra le vittime del Coronavirus bisogna ormai registrare anche il senso del ridicolo. Gli italiani non vogliono i cinesi, gli europei non vogliono gli italiani, i meridionali non vogliono i settentrionali. I virologi invitano alla prudenza, i media seminano il panico. Il governo striglia le regioni, le regioni diffidano il governo. La popolarità del premier Conte è ancora discreta, è vero, perché in un passaggio così drammatico della vita nazionale i cittadini hanno bisogno di avere fiducia nella figura istituzionalmente preposta alla soluzione dei loro problemi. Ma gli italiani non hanno firmato una cambiale in bianco. Nonostante i dati confortanti di questi giorni, che qualcosa non abbia funzionato nelle strategie di contenimento del Coronavirus è ormai evidente.
Lo testimonia la difficoltà di programmare il futuro, in un presente in cui test sierologici, tamponi e mascherine sono ancora il privilegio di una minoranza; e dopo un passato in cui medici e infermieri, pagando un prezzo altissimo alla propria abnegazione, sono stati mandati allo sbaraglio negli ospedali come i fanti del generale Cadorna contro i reticolati austriaci durante il primo conflitto mondiale. Resta poi da spiegare l’anomalia lombarda, a partire dalla strage che si è consumata nelle residenze per anziani, con argomenti più precisi e più convincenti, invece di puntare il dito sulle abitudini festaiole o peripatetiche di famiglie e runner.
Nel frattempo, mentre il Pil precipita, il dibattito pubblico vola sulle ali delle “stronzate”. Proprio così si intitola un irriverente saggio (in originale “On Bullshit”) di un prestigioso filosofo americano, Harry G. Frankfurt. Pubblicato per la prima volta nel 1986, è stato tradotto quindici anni fa dall’editore Rizzoli. Oggi andrebbe letto e riletto. “Uno dei tratti più salienti della nostra cultura è la quantità di stronzate in circolazione”, avverte nell’incipit il professore emerito dell’Università di Princeton. Come dargli torto? Sono giorni in cui slogan insulsi, vuote scemenze, affermazioni che denunciano una disperante ignoranza vengono pronunciate impunemente. Se non ne hanno il monopolio, gli scienziati del web le brevettano ad un ritmo impressionante.
Frankfurt si è preso la briga di indagare la natura del fenomeno. Egli sostiene che “le stronzate sono un nemico della verità più pericoloso delle menzogne”. Il “bullshitter” – noi diremmo il cazzaro – è infatti più temibile del mentitore. Come ha insegnato sant’Agostino, al mentitore in qualche misura interessa sapere la verità, perché per mentire deve conoscerla. Si deve cioè confrontare con la verità per poter costruire una menzogna. Se quindi il bugiardo “onora” ancora la verità e si muove nel suo orizzonte, invece chi dice stronzate la scavalca e si preoccupa solo di negarla.
Un interlocutore ben informato su come stanno le cose, quindi, può sempre contrastarlo. Al contrario, il contaballe risulta più difficile da contraddire, in quanto si disinteressa completamente di ciò che è vero e di ciò che è falso. Spara le sue stronzate e, anzitutto nei talk show e sui social network, condivide e diffonde quelle altrui per avvelenare i pozzi del discorso razionale. Descrivendo nei “Promessi sposi” la peste seicentesca di Milano, Alessandro Manzoni conclude con una splendida e giustamente celebre frase: “Il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune”. Dubito, però, che possa valere nel tempo presente. Perché, quando le stronzate diventano senso comune, il buon senso è costretto all’esilio.