Ha percorso in solitaria 14607 chilometri, a bordo della propria Yamaha MT-07, da Napoli al nord del Giappone tra giugno ed ottobre 2018, superando i confini di tredici paesi, a cavallo tra l’Europa e l’Asia.
È stato questo il viaggio di Rosaria Iazzetta, una donna che ha voluto incontrare altre donne per raccontare le donne, che vivono, affrontano problemi e sognano.
Presso la Saaci Gallery di Saviano (Napoli) il viaggio è diventato una mostra a cura di Sabato Angiero, con i volti delle 58 protagoniste incontrate ed i flashback dai luoghi attraversati lungo il tragitto.
Rosaria Iazzetta raccontato a TPI il suo viaggio.
Credo di essere tutte e tre. Nella vita le scelte sono collegate. Queste sono scelte nelle quali è indispensabile il senso di responsabilità: di essere professore, di mettersi alla guida di una moto, di essere un’artista. Da un certo punto di vista, tutte queste attività hanno in comune una forte disciplina e allo stesso tempo un senso di grande libertà.
Qualcosa di impossibile, distante. O almeno, questo ho pensato all’inizio. Rifletto su quante persone percorrono questi chilometri in un anno andando al lavoro, ripetendo poi il tragitto per un’intera esistenza, senza realizzare come quegli stessi chilometri messi su un unico rettilineo attraversino 13 paesi.
Volevo un progetto che mettesse in relazione tante donne, intervistandole e capendo quali situazioni affrontino quotidianamente in paesi diversi, cosa le accomuni. Non mi andava di utilizzare un aereo.
Volevo usare la mia forza fisica, che solitamente impiego per realizzare sculture, per raggiungere queste persone.
In realtà, la mia moto è gialla. Pare che i ladri preferiscano moto dai colori scuri. Horse invece fa riferimento ai cavalli a gambe corte che in un passato remoto correvano nel territorio della odierna prefettura di Iwate, a nord del Giappone. Infine Evolution, perché in questo viaggio ho voluto documentare come le donne in paesi così diversi lottino per i propri sogni.
Già da due anni lavoravo alla programmazione, pianificando gli itinerari e capendo quali potessero essere le persone da intervistare. Non conoscendo tutte queste persone, mi sono adoperata per i contatti e le eventuali disponibilità dei possibili intervistati. Poi sono andata alla ricerca di finanziamenti e sponsor.
Nel tratto dei territori dell’ex Jugoslavia abbiamo delle grandissime combattenti. Parliamo di donne che hanno vissuto il periodo della guerra e rivendicano diritti negati. In Serbia, penso a Stanislaca Stasa Zajovic dell’associazione Donne in Nero. Ci sono le donne kazache impegnate nella lotta per l’emancipazione.
Penso all’intervista alla produttrice televisiva Zhazira Diseembekova. Oppure, l’artista cinese Ren Bo, che lavora per l’affermazione del potere politico della creatività. Non avevo idea poi di quanto la violenza domestica fosse un problema a Seoul.
Ho intervistato Ko Milkyoung, presidente della Korean Women’s Hot Line, scoprendo quanto per alcune donne lì fosse normale vivere in uno stato di abuso e sopruso.
Ho trovato grande solidarietà da parte di tutti. Si incontrano ovviamente persone con idee divergenti dalle proprie. Basta essere intelligenti e non entrare in conflitto.
Diciamo che dal ritorno la mia vita è cambiata. Ho una visione completamente diversa del mondo. Ho sicuramente voglia di partire, ma sempre portando avanti un progetto.
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