Altro che emancipazione: il libro di Emily Ratajkowski non risolve la questione morale della mercificazione di sé
In un mondo che sfrutta le donne, la super modella statunitense sfrutta se stessa. Ma si tratta davvero di un progresso?
l mestiere dell’agente di moda appartiene allo stesso girone infernale degli avvocati esperti di infortunistica e dei lobbisti del tabacco, almeno finché esisteranno queste professioni malvagie. È mai per caso esistito un agente di moda di animo nobile e gentile, culturalmente impegnato verso la stampa, il cinema, la tv o il teatro? Purtroppo il libro autobiografico di Emily Ratajkowski non modifica questa visione delle cose.
“Sul mio corpo” racconta di tanti agenti di moda, tutti privi di gusto. Uno le organizza un incontro da 25mila dollari per fare da accompagnatrice a un finanziere sconosciuto al Super Bowl – spetterà al suo cliente dedurre se la parola “accompagnatrice” giustificasse o meno determinate aspettative. Un altro si sofferma su una foto di Emily adolescente e sottolinea: «È quello lo sguardo. È così che sappiamo che le piace…». Un terzo agente invia una Ratajkowski ventenne sui monti Catskill per un lavoro, senza però accennare che si tratta di un servizio in lingerie, o che il fotografo le mostrerà immagini di altre ragazze nude, o che richiederà, anche a lei, di spogliarsi.
Il viaggio si trasforma in una storia dell’orrore. Dopo essere stata molestata sessualmente dal fotografo, Ratajkowski, non avendo altro luogo dove andare, dorme a casa sua, per poi svegliarsi e coglierlo in flagrante che posta foto di lei su Instagram. Aggiungendo al danno la beffa, l’uomo pubblicherà in seguito un intero libro delle foto scattate il pomeriggio dell’aggressione, un’opera che farà il tutto esaurito e sarà ristampata più volte.
Quel capitolo, intitolato “Ricomprare me stessa” è il più forte degli 11 contenuti in “Sul mio corpo”. Storie serie, personali, ma anche miopi e ripetitive. «Questo è un libro sul capitalismo», ha dichiarato Ratajkowski in un’intervista al New York Times. Senza dubbio, il viscido fotografo potrebbe affermare la stessa cosa del suo libro di scatti rubati. Ma mentre lui dimostra solo la mediocre realtà che gli uomini sfruttano quotidianamente i corpi delle donne per soldi, quello che Emily descrive nella sua opera – che ha ricevuto sia encomi che forti critiche – è l’ambiguità insita nello sfruttamento del proprio corpo.
Il libro racconta proprio il percorso intrapreso dalla modella per riprendere il controllo della propria immagine, ma la mercificazione di sé rimane una questione morale irrisolta…
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