J.R.R. Tolkien, oltre ad essere un grande scrittore, autore de “Il Signore degli Anelli” e di altre celebri opere, e un docente di studi anglosassoni presso l’università di Oxford, era anche un padre molto affezionato ai propri figli.
Nel 1920, pochi anni dopo essere tornato a casa dopo la fine della Prima guerra mondiale, Tolkien aveva dato inizio a una tradizione natalizia che ha portato avanti per ben ventitré anni.
Dopo la nascita del suo primogenito, Tolkien aveva infatti cominciato a scrivere lettere ai suoi quattro figli, fingendosi Babbo Natale. Lo scrittore, che era anche un abile illustratore, era solito corredare le letterine con particolari e delicate immagini.
Ogni dicembre quindi, i figli dello scrittore ricevevano una busta con un francobollo. Le buste contenevano fantastici racconti della vita al Polo Nord: le renne che si erano liberate sparpagliando i regali ovunque; l’Orso Bianco combina-guai che si era arrampicato sul palo ed era caduto dal tetto direttamente nella sala da pranzo di Babbo Natale; la Luna che si era rotta in quattro pezzi.
La prima delle lettere di Babbo Natale porta la data del 1920 ed era rivolta a John, il primo figlio di Tolkien, che all’epoca aveva soltanto tre anni. L’ultimo messaggio, invece, risale al 1943 ed era indirizzato alla quarta e ultima figlia dello scrittore, Priscilla, già quattordicenne.
Di seguito una delle lettere contenute nella raccolta dell’autore britannico:
Cliff House, In cima al mondo
Vicino al Polo Nord, Natale del 1925
Miei cari ragazzi
sono tremendamente occupato quest’anno – quando ci penso la mia mano trema ancora più del solito – e non molto ricco. In effetti, sono successe cose terribili, alcuni regali sono stati danneggiati, l’Orso polare non era qui ad aiutarmi e ho dovuto cambiare casa proprio prima di Natale, quindi potete immaginarvi la situazione, e capirete perché ho un nuovo indirizzo, e perché posso scrivere una sola lettera indirizzata a entrambi.
È successo questo: lo scorso novembre, durante una giornata molto ventosa, il mio cappuccio è volato via ed è finito sulla cima del Polo Nord, dov’è rimasto incastrato.
Gli ho detto di non farlo, ma l’Orso Polare si è arrampicato su fino all’esile cima per riprenderlo – e ce l’ha fatta.
Il Polo si è spezzato a metà ed è caduto sul tetto di casa mia, e l’Orso Polare è caduto giù per il buco fino al mio salotto, col mio cappuccio sul naso, e tutta la neve è caduta dal tetto nella casa e si è sciolta e ha spento tutti i fuochi ed è scesa fino alle cantine dove conservavo i regali per quest’anno, e l’Orso Polare si è rotto una gamba.
Ora sta bene, ma mi sono così arrabbiato con lui che mi ha detto che non avrebbe più provato ad aiutarmi. E’ davvero offeso, ma dovrebbe riprendersi entro il prossimo Natale.
Vi mando un’immagine dell’incidente, e della mia nuova casa sulle colline sovrastanti il Polo Nord. Se John non può leggere la mia vecchia scrittura tremolante (vecchia di 1925 anni) si faccia aiutare da suo padre.
Quando imparerà a leggere Michael, e a scrivermi lettere di suo pugno? Tutto il mio affetto a te e a Christopher, il cui nome è alquanto simile al mio.
Questo è tutto. Arrivederci.