È stato appena pubblicato dalla casa editrice Santelli “La stanza di Adel”, il nuovo romanzo di Ruggero Pegna, il noto produttore e promoter musicale calabrese con l’altro volto di autore e scrittore eclettico: dalle raccolte di poesia alla satira, ai romanzi. Ancora una volta sono la realtà, l’umanità, temi di grande attualità, a trasformarsi in un suo romanzo. Dopo aver raccontato in “Miracolo d’Amore” la storia della sua improvvisa leucemia fulminante e della guarigione grazie al trapianto di midollo donato da una ragazza americana e, come sostiene, alle preghiere della mistica Natuzza Evolo, Pegna ha toccato il tema della pena di morte di un condannato innocente in “La penna di Donney” e quelli del razzismo e dell’integrazione nel toccante “Il cacciatore di meduse”, con protagonista un piccolo migrante somalo sbarcato con la madre a Lampedusa.
Con “La stanza di Adel” ora si addentra nel tema dell’adozione che s’intreccia a quelli dell’essere genitori, della famiglia, dei figli, della stessa esistenza. Un tema delicato e una storia di particolare attualità, che stride con le cronache di guerra di questi giorni, anche perché la protagonista è Adeliya, una bimba russa adottata da genitori italiani.
“Sono moltissimi gli italiani che hanno figli nati in Russia o Ucraina, Paesi che hanno sempre considerato l’Italia come destinazione ideale per l’adozione dei loro bambini, amati come figli naturali!”, afferma Pegna. “In effetti, l’adozione è realmente un altro modo naturale per essere genitori e figli, che nasce dal desiderio di essere padri e madri, creare una famiglia, vivere la più bella e grande avventura della vita, ma anche dal bisogno innato di un bimbo di averli, di ricevere amore e coccole!”, prosegue l’autore, animato dal desiderio di trasmettere attraverso questo romanzo le profonde emozioni dell’incontro tra un figlio e i suoi genitori.
“Non esista un figlio adottato, ma semplicemente un figlio, a volte portato nel luogo sbagliato da una cicogna sbadata che smarrisce l’orientamento e la destinazione, e che i genitori devono cercare, con coraggio e amore, fino a trovarlo in una qualsiasi parte del mondo!”. “A volte – sostiene Pegna – la società tende a rimarcare una sorta di diversità, lasciando quasi intendere che l’adozione o altre opportunità di creare una famiglia non siano naturali, ma la realtà è ben diversa, perché l’amore supera ogni schema e convenzione.”.
“La stanza di Adel” è un romanzo che si rivolge a chi e vive la realtà dell’adozione, ma anche a chi volesse emozionarsi con l’avventura fantastica di una genitorialità piena, raccontata con sensibilità, delicatezza e senso poetico. Un romanzo capace, talvolta in chiave fiabesca e fantastica, di avvicinare il lettore ai sentimenti più forti e, forse, come spera lo stesso Pegna, di contribuire a dipanare ogni dubbio sull’adozione e sulla necessità di snellire la burocrazia che la disciplina.
Nell’appassionante romanzo, un padre ripercorre la sua stessa vita, tra paure, sogni, speranze, l’aspirazione ad essere padre e la sofferenza per l’impossibilità di esserlo, finché incontra la piccola Adeliya di pochi mesi in un orfanotrofio russo, “la figlia che una cicogna sbadata aveva lasciato in quel luogo lontano”.
Raggiunta la maggiore età, però, lei decide di tornare nella città natale con il suo fidanzato, sostenendo di voler imparare la lingua. In realtà, i genitori temevano che, un giorno, Adeliya potesse decidere di cercare le sue origini e non si oppongono, consapevoli della prova d’amore da superare. Durante l’assenza, preso da sconforto e nostalgia, il padre s’impossessa della cameretta di Adel e rivive la loro storia: dal desiderio di un figlio fino alla lotta per un’adozione, tra burocrazia e timori, nell’inquieta e incerta attesa del suo ritorno. Il finale è un’autentica sorpresa, probabilmente accompagnata da qualche lacrima, da romanzo capace di emozionare e commuovere.
Una storia che fa riflettere sui misteri della vita, a cominciare proprio dal concepimento fino alle infinite combinazioni, spesso apparentemente casuali, che la vita stessa segua un corso piuttosto che altri. Un romanzo dedicato a tutti i bambini in un momento di grande sofferenza in molti luoghi del mondo, come scrive Pegna nella dedica iniziale: “Ai bimbi che siamo stati, a quelli che verranno, ai bimbi miseri o abbandonati, feriti, mutilati o uccisi, vittime innocenti di guerre, violenze o abusi; ai bimbi troppo presto uomini, operai, schiavi o soldati, ai bimbi di ogni colore; a padri e madri, custodi delle loro piccole vite; ai bimbi nati per caso, a quelli indesiderati, ai bimbi mai nati!”.
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