La “spiaggia dorata” di Meizhou, presso Putian, nella provincia meridionale cinese del Fujian, è uno dei punti più belli dell’isola, famosa soprattutto per aver dato i natali a Mazu, la divinità protettrice dei naviganti, alla quale i locali hanno dedicato un grande tempio, il più antico tra le decine di migliaia esistenti nel mondo. Mazu è stata la speranza di generazioni di naviganti cinesi, dai semplici pescatori a famosi ammiragli, come Zheng He, la cui colossale flotta solcò ripetutamente le acque dell’Oceano Indiano all’inizio del XV secolo, lasciando impronte indelebili sulle coste dell’Asia e dell’Africa. Nelle sue sette spedizioni nell’“oceano occidentale”, Zheng He si portò appresso le sete e le porcellane cinesi, che scambiava con le resine aromatiche e le spezie dei paesi arabi e dell’India. Il suo messaggio, privo di intenti aggressivi, aveva alle spalle una grande e antica civiltà: la civiltà cinese.
A cosa si deve la nascita della Via della Seta marittima?
A causa della sua aspirazione all’immortalità, il primo promotore cinese dell’esplorazione dei mari si può considerare l’imperatore Qin Shihuang (259 a.C.- 210 a.C.), che nel 221 a.C. unificò la Cina. Per ottenere l’elisir di lunga vita, la pillola dell’immortalità, che si diceva si trovasse nelle “tre isole degli immortali” del Mare Orientale, nel 216 a.C. Qin Shihuang inviò due spedizioni capitanate dal maestro taoista Xu Fu. Dalla prima Xu Fu tornò, ma senza risultato. Della seconda, invece, non si ebbero più notizie. Le spedizioni, partite dalle coste dello Shandong, comprensive di una ventina di grandi navi con a bordo tremila bambini, maschi e femmine, erano dirette verso est, la direzione del sorgere del sole. In Giappone esistono numerose leggende e siti collegati, tra cui la tomba di Xu Fu e il villaggio abitato dai suoi discendenti, da cui emerge che Xu Fu si stabilì in Giappone, e questo ne farebbe il primo caso di emigrazione nella storia della Cina.
Poiché la pillola dell’immortalità era introvabile nel Mare Orientale, Qin Shihuang pensò di rivolgersi al Mare Meridionale: egli inviò quindi un’altra spedizione che partì da Xuwen, all’estremità sud della Cina, i cui membri, appena salpati, scoprirono effettivamente tre isolette, ma non la famosa pillola. Da allora Xuwen si trasformò in un attivo porto del commercio della seta, molto ambita dai re stranieri.
In realtà la Via della Seta marittima è la “Via della Porcellana”, difficile da trasportare a dorso di cammello, lungo la quale le delicate porcellane cinesi, protette da strati di foglie di tè, raggiunsero i paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’Europa.
L’iniziativa “One Belt, One Road”, avanzata dalla Cina nel 2013, ha profonde radici storiche e culturali: in rapporto all’antica Roma, già duemila anni fa le navi dei romani raggiunsero le coste dell’India e dello Sri Lanka alla ricerca della seta cinese. Secondo i testi cinesi, alcuni inviati (probabilmente mercanti) romani raggiunsero Seres (il paese della seta, il nome con cui gli antichi romani indicavano la Cina), dove furono ricevuti dall’imperatore cinese. Nel frattempo, l’inviato cinese Gan Ying superò l’altopiano del Pamir arrivando nel sud della Persia, dove intendeva imbarcarsi per raggiungere Daqin (il nome con cui gli antichi cinesi indicavano l’Impero Romano). Fuorviato dalle informazioni dei locali, secondo cui “per arrivare a Daqin con il vento favorevole occorrono tre mesi e con il vento contrario due, tre anni; occorre portare con sé cibo per tre anni e molti si ammalano sulle navi, oppure impazziscono e muoiono di nostalgia per la terra natale”, alla fine Gan Ying rinunciò. La verità è che gli abitanti di Anxi (i Parti) non volevano che i cinesi stabilissero contatti diretti con l’Impero Romano, visto che facevano da intermediari tra le due parti nel commercio della seta cinese, da cui ricavavano enormi profitti.
In seguito la porcellana sostituì la seta quale maggiore prodotto di esportazione della Cina, ambita dai re e dai nobili di Asia ed Europa: la Cina diventò così la meta di mercanti occidentali, quali Marco Polo, e arabi, i quali ne compilarono le prime descrizioni, originando un enorme interesse nei rispettivi paesi di origine. Dal canto suo, il navigatore cinese Zhou Daguan (1266-1346), originario di Wenzhou, raggiunse via mare la Cambogia, compilando al ritorno l’opera Zhenlafengtuji (Usi e costumi della Cambogia), che tra l’altro contiene la prima annotazione delle coordinate di navigazione della bussola. Il navigatore Wang Dayuan (1311-?) si spinse invece nel sud-est asiatico, lungo le coste dell’Africa e nei paesi arabi, arrivando addirittura in Marocco, descrivendo alla fine il suo viaggio nell’opera Daoyi Zhilüe (Descrizione delle isole straniere).
All’inizio del XV secolo, l’ammiraglio Zheng He solcò per sette volte le acque dell’Oceano Indiano, effettuando, oltre alle missioni diplomatiche, un attivo commercio di sete e porcellane in cambio di resine aromatiche, spezie, pietre preziose e legni pregiati. Con il passare del tempo, la porcellana cinese stimolò la nascita della prima rete di commercio globale, dominata in seguito non dai cinesi ma dai portoghesi, dagli spagnoli, dagli olandesi e dagli inglesi, che a partire dal XVI secolo penetrarono nel sud-est asiatico per creare le prime colonie, interrompendo così le rotte marittime tradizionali percorse dai mercanti cinesi.
Sulla base degli scambi commerciali, la Via della Seta marittima ha stimolato nel tempo vivaci scambi culturali tra i numerosi paesi interessati, permettendo la scoperta e l’apprezzamento di civiltà diverse, un’interazione che ha originato positive sinergie a ogni livello. Arricchita dallo spirito della “comunità umana dal futuro condiviso”, l’obiettivo promosso e portato avanti da alcuni anni dalla Cina, la Via della Seta marittima del XXI secolo potrà sicuramente apportare immensi benefici all’intera umanità.
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