Ho sempre creduto che fra il vivere e il morire, fra l’essere e il non essere più, vi siano segreti che comprendono solo coloro che sono stati più vicino alla morte. Gli eroi del romanzo di Axl Cendres, La compagnia degli addii (Il Castoro, trad. di Rosa Vanina Pavone, pp. 192, € 15,50), sono adolescenti in crisi che hanno tentato di suicidarsi. Il narratore, Alex, diciassettenne, il cui nome è quasi un anagramma di quello dell’autrice, ha avuto il suo cuore congelato dall’età di 8 anni quando sua madre, adorabile e pazza, decise di unirsi al cielo.
Poi, improvvisamente, una faglia si è aperta nel suo dolore ed è stato in grado di piangere, ha sentito il suo cuore battere e ha cercato di fermarlo: batteva troppo forte e ha cercato di spegnerlo. Ha ingoiato beta-bloccanti per provocare un arresto cardiaco, ma senza risultato, e poi ha preso la pistola del padre e ha cercato di spararsi al cuore, ma il proiettile è finito nella spalla. È un ‘cuorbattente’, come recita il titolo dell’originale francese Cœur battant, quello di Alex ora ricoverato nella Clinica della Cittadella, una clinica psichiatrica che accoglie suicidanti di ogni età, compresi alcolizzati e anoressiche. E il giorno in cui lo psichiatra li invita a raccontare il loro suicidio fallito, si ritrova con cinque compagni che attraverso cure non sempre adeguate ma soprattutto l’amore e la vicinanza scoprono di non essere più dei suicidanti ma solo esseri umani.
Di cosa soffrono? Dell’inverno che si è allungato per troppe stagioni sui loro cuori, a lungo gelati. Frequentano atelier di arte-terapia, fanno sedute di gruppo, passeggiate, workshop di improvvisazione teatrale senza grandi progressi ma scoprono che l’amore è il miglior modo di conoscersi. C’è Colette, la più anziana del gruppo, che ha cercato di morire mano nella mano con il suo caro marito, ma la morte ha voluto lui, non lei. Più giovane ma nemmeno un ragazzino, anzi un uomo, il ricco Jacopo invece si annoia a morte. Il problema è che ogni volta che va sul bordo della scogliera in Normandia, dove possiede una villa, non riesce a saltare. Victor, invece, un ragazzo molto grasso e dai capelli rossi, pensava di aver ingoiato barbiturici, ma non era così e fu spinto al suicidio da coloro che lo deridevano. E infine, ecco la bella Alice, dai gelidi occhi azzurri, lunghi capelli neri e carnagione cadaverica, con un nodo da sciogliere che scopriremo poco a poco. Alex e Alice ovviamente si innamorano ma è un problema per il cuore di Alex, che inizia a battere alla follia.
Questo romanzo non è affatto morboso e tanto meno pericoloso. Salutato in Francia come un romanzo importante che ha fatto molto parlare di sé, celebrato dalla critica e premiato come miglior libro per ragazzi dell’anno secondo Le Parisien, mette a nudo quell’atteggiamento di sfida estrema, che viene unicamente dall’età e dall’inesperienza, il rifiuto di accettare la vita così com’è.
Pubblicato in Italia nel marzo del 2021 ha conosciuto il silenzio della stampa nel timore che i giovanissimi, congelati dolorosamente dal lockdown nelle loro relazioni affettive, potessero appropriarsi in modo mimetico di queste pagine. Eppure si tratta di un’opera da non lascarsi sfuggire, perché dà voce con un umorismo nero alle fratture che i giovani portano in sé. Ferite che conoscono gesti estremi ma che possono rimarginarsi e permettere ai protagonisti di ricollocarsi risolutamente dalla parte della vita. L’adolescenza è un’operazione, è un movimento di passaggio da uno spazio psichico all’altro, che questo romanzo indaga con passione. Questo attraversamento dello spazio psichico permette di reperire nuove coordinate, che rivelano il rovescio, l’alterità che vi è presente. È una ricerca soggettiva che opera attraverso esperimenti, talora estremi, e dolori come quelli descritti in queste pagine ma non pericolosi.
Non ho mai pensato che la lettura dei Dolori del giovane Werther di Goethe o delle Ultime lettere di Jacopo Ortis potessero alimentare nei giovani spinte suicidarie, così come credo che le pagine sul fumo della Coscienza di Zeno non incitino al tabagismo. E allora? Gli adolescenti giocano talvolta con l’idea di farla finita, poiché è un’idea astratta e perché non hanno ancora iniziato a vivere. Ma nessuno si uccide mai per ciò che conosce, legge o comprende. Un’occhiata all’abisso delle sventure altrui ci fa aggrappare alla speranza che la vita è desiderabile.
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