Jorit: “Ho dipinto il sorriso di Luana perché si lavori per vivere, non per morire” | VIDEO
Jorit ha 30 anni ed un sorriso vivace, sotto l’occhio destro due cicatrici simbolo dell’appartenenza alla “Human Tribe” di cui fanno parte i personaggi che ha dipinto sulle pareti dei palazzi di tutto il mondo, da Nelson Mandela a Martin Luther King, da Ernesto Che Guevara a Jurij Gagarin, da Valerio Verbano, il 19enne ucciso da un gruppo di matrice neofascista a febbraio del 1980 nel quartiere Tufello di Roma a Luana D’Orazio, l’operaia di 22 anni morta il 3 maggio scorso nella fabbrica in provincia di Prato in cui lavorava, risucchiata da una macchina tessile.
Il “filo rosso” che collega i protagonisti dei suoi murales giganti è “la lotta per l’emancipazione dell’umanità”, dice Jorit a TPI a margine dell’inaugurazione dell’opera dedicata all’attivista ed ex parlamentare irlandese morto in carcere nel 1981 dopo uno sciopero della fame, Bobby Sands, su una delle pareti della palestra che porta il nome di Valerio Verbano al Tufello. “Io credo che in questo momento di crisi bisogna immaginare un mondo più umano in cui le persone vengano trattate come fini e non come mezzi”, afferma.
Come Luana D’Orazio. “Se la notizia è uscita è per il suo sorriso – continua Jorit – ma in Italia muoiono sul posto di lavoro tre persone al giorno, mille all’anno: se ne dovrebbe parlare di più”. E spera che il murales che raffigura il volto della 22enne allestito all’ex Snia, nel quartiere Pigneto di Roma, possa “far ragionare su questa strage”. Perché “si lavora per vivere, e non per morire”.