Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
Home » Cultura

“È possibile che per tanto amore non ci sia una ricompensa?”, in libreria la malinconia di Joë Bousquet 

Joë Bousquet

La guerra, l’anima e la privazione di un uomo

Di Vincenzo Fiore
Pubblicato il 27 Apr. 2021 alle 12:30

Ricordo quando all’università proposi una tesi per la laurea magistrale su Emil Cioran, un corpo estraneo nella cultura accademica italiana, ebbi sì la fortuna di incontrare davanti a me il filosofo Francesco Tomatis, che accolse il progetto, tuttavia non posso dimenticare anche lo scetticismo di coloro che mi dissero: “Dopo Platone sei proprio sicuro di volerti occupare di Cioran?”. Domanda questa scaturita dal fatto che spesso è più facile lasciare nel dimenticatoio opere di grande valore e inaugurare un nuovo dipartimento che sdoganare un autore. E così capita che grazie a binari apocrifi, la cultura viaggi anche su vagoni che non trasportano i soliti nomi. È quello che sta accadendo in questi giorni per un autore come Joë Bousquet, che torna in libreria con due volumi – ma presto ce ne saranno altri in arrivo – pubblicati entrambi da Mimesis: Tradotto dal silenzio (cura e traduzione di Adriano Marchetti) e Isel (a cura di Antonio Di Gennaro, tradotto da Arlindo Hank Toska).

Per immergersi nella produzione letteraria di Bousquet, occorre prima conoscere l’evento che ha condizionato irreparabilmente la sua esistenza. Il poeta nato e vissuto nella regione dell’Occitania, giovanissimo viene chiamato alle armi per combattere nella Grande guerra nell’esercito francese. A cinque mesi circa dalla fine del conflitto, esattamente il 27 maggio 1918, un proiettile gli danneggia la colonna vertebrale e il giovane fin da subito comprende che non si sarebbe mai più potuto muovere: “Un proiettile mi ha spezzato una vertebra. Non posseggo che la luce viva degli occhi. Abito la parte del mio essere che sfuggirà ai becchini”. Il suo letto diventa la sua prigione, dove viene divorato dalle piaghe e dalla solitudine. La scrittura è l’unico mezzo per evadere, ma anche uno strumento per riflettere sulla sua condizione: “Sono triste. Questa tristezza è di un uomo rinchiuso nella sua prigione, prigioniero delle tenebre, come se i miei sensi vivessero in un mondo diverso dal mio pensiero”. I suoi versi e la sua prosa sono saturi di solitudine e neanche le visite alternate di menti quali: Paul Éluard, Max Ernst, Jean Paulhan e Simone Weil si rivelano uno balsamo efficace.

Il tema ricorrente nelle sue opere è l’amore, descritto nella sua impossibilità, come meta irraggiungibile. Chi potrebbe amare un infermo? È questa la domanda che l’autore si pone, riga dopo riga, pagina dopo pagina, quasi per urlare una necessità e sperare che qualcuno risponda. Una speranza rivolta verso una donna ideale, una ragazza che probabilmente neanche esiste, in opere come Tradotto dal silenzio o verso una ragazza misteriosa, di cui si sa poco o nulla, come in Isel. Libri che in realtà non sono neanche propriamente tali, ma piuttosto sono estratti da quella sorta di diario giornaliero del dolore: “Sarebbe bello che una donna lo capisse, finalmente: i miei libri sono fatti con le rovine che il mio silenzio contiene“.

L’unico paesaggio emotivo descritto senza inquietudine da Bousquet, sarà quello della sua infanzia, quando i suoi occhi chiusi potevano immaginare sogni non ancora frantumati. La descrizione dell’amore dello scrittore francese resterà pulita, pura, quasi evangelica – per utilizzare aggettivo del suo lessico – che non terrà conto delle contraddizioni, delle false aspettative, dell’abitudine e di tutte le frustrazioni e delusioni che quel sentimento può portare. È forse proprio a causa di questa sublimazione che egli non troverà mai pace, ma, di conseguenza, sarà proprio la sua sofferenza a far sopravvivere i suoi testi alla sua malinconia: “Lei passa: ho sognato. È passata. Lei non lo sa. Non ha compreso: ha giudicato la mia goffaggine in base a ciò che pensava di sapere dell’esistenza. Mi ha visto ubriacarmi della sua immagine bionda che ha sconvolto i miei pensieri. Mi condanna forse al silenzio? Povero sognatore dicono i suoi occhi, prendi sonno nel tuo sguardo dove appaio così bella”.

Leggi anche: 1. “Dobbiamo reinventarci per essere felici, l’amore oggi è un lusso”: intervista al poeta greco Sotirios Pastakas; // 2. “L’apocalisse è inevitabile”: Emil Cioran parla della decadenza dell’Occidente in un’intervista inedita

Leggi l'articolo originale su TPI.it
Mostra tutto
Exit mobile version