Seppure in ritardo rispetto a molti paesi europei, anche l’Italia si sta scoprendo – magari con qualche inevitabile difficoltà – un paese cosmopolita.
Meta privilegiata di un numero sempre crescente di stranieri di differenti provenienze, il nostro paese si trova spesso a confrontarsi con orizzonti culturali che fatica a capire e dai quali a sua volta non sempre viene compreso. Non in maniera immediata, almeno.
La barriera della lingua è ovviamente il primo ostacolo da superare per gli stranieri che vengono a vivere in Italia, seppur con gradazioni diverse: è ovvio, infatti, che per un latinoamericano o un romeno sarà più facile prendere dimestichezza con la nostra lingua rispetto – per fare un esempio – a un cinese o un cittadino proveniente da un paese arabofono.
Per gli uni e per gli altri, comunque, il consiglio di base è sempre lo stesso: prendere lezioni di italiano presso un insegnante madrelingua, in modo tale da acquisire nel più breve tempo possibile un bagaglio di nozioni adeguato ad assicurare quantomeno un livello basilare di comunicazione.
Per facilitare il processo di apprendimento, esistono poi una serie di esercizi accessori da svolgere in maniera autarchica, completamente da soli e senza l’ausilio di insegnanti.
Si tratta di piccole azioni quotidiane che chiunque può svolgere in casa o in contesti analoghi, a costo praticamente zero.
Non sono la panacea di tutti i mali, ma se messe accanto a un buon programma didattico possono velocizzare e potenziare quest’ultimo, con ricadute positive talvolta inaspettate. Vediamo quali sono.
Partire dalla pronuncia
Come tutte le lingue neolatine, l’italiano è una lingua mediamente complessa. Non come alcune lingue slave o dell’Estremo Oriente, ma sicuramente più impegnativa per un inglese o un tedesco di quanto i loro rispettivi idiomi lo siano per un italiano.
Tuttavia, la nostra lingua presenta un vantaggio non da poco: dal punto di vista fonetico, è forse la più semplice che esista.
In italiano, letteralmente, si legge ciò che si scrive. Pertanto è sufficiente apprendere quelle poche regole di pronuncia necessarie a non fare confusione con altri idiomi (ad esempio imparare a pronunciare determinati digrammi come il GN o il CH, spesso ingannevoli soprattutto per gli studenti di madrelingua inglese) per padroneggiarne i rudimenti della pronuncia.
E una volta fissata questa milestone, il resto della strada sarà tutto in discesa.
Proseguire con i vocaboli italiani “internazionali”
Per quanto limitate nel numero, alcune parole italiane sono in uso praticamente in tutto il mondo.
Settori come la moda e la ristorazione, fortemente influenzati dalle professionalità italiane, utilizzano una discreta quantità di vocaboli nella nostra lingua. Ma non sono i soli.
Il design, l’architettura e il mercato immobiliare internazionale, ad esempio, hanno preso in prestito un gran numero di parole italiane per designare delle espressioni condivise a livello globale, o giù di lì. Anche il mondo della cultura, nelle sue varie declinazioni (musica, arti figurative, teatro), è costellato di vocaboli italiani.
Partire da questi per indagare i rispettivi ambiti di competenza, allargando progressivamente il campo, può essere un esercizio utile – e non troppo noioso – per implementare in poco tempo il proprio vocabolario.
Testare l’attitudine alla comunicazione orale degli italiani
Al di là del duplice stereotipo degli italiani gesticolatori compulsivi e urlatori inconsapevoli, c’è un fondo di verità nell’immagine del nostro come un popolo naturalmente predisposto alla comunicazione orale.
Generalmente – anche se fra nord e sud possono intercorrere differenze anche sostanziali – siamo persone espansive, amichevoli, portate a stabilire un contatto empatico con l’interlocutore e a soccorrerlo in caso di difficoltà nell’esposizione delle sue richieste: inoltre, diciamo la verità, siamo un po’ vanesi e ci piace ascoltare uno straniero che si sforza di parlare nella nostra lingua.
Qualsiasi studente può approfittare – con la dovuta misura, ovviamente – di questa nostra predisposizione.
C’è anche un altro fattore che gioca a nostro favore. Contrariamente a quanto si pensi, gli italiani (soprattutto quelli che abitano nelle maggiori mete turistiche della penisola: Roma, Firenze, Venezia, Verona, Napoli, Costiera Amalfitana, Costa Smeralda) sono considerati tra i popoli che hanno maggiore dimestichezza con l’inglese, pur considerandosi spesso inadeguati a parlarlo.
Un complesso di inferiorità che non trova riscontro nei feedback degli stranieri e che può essere a sua volta sfruttato per stabilire un canale di comunicazione “d’emergenza”, qualora con l’italiano non si riesca a progredire in maniera adeguata.
Sfruttare la verbosità della TV e della radio italiane
La televisione italiana ha mille difetti, ma per uno straniero ha un pregio grandissimo: utilizza in maniera smodata la parola, relegando all’immagine un compito di corredo tutto sommato marginale.
Il genere preferito della TV italiana è il talk show: se ne trovano a ogni ora, e praticamente di ogni genere e tipologia. Ma anche i programmi di intrattenimento leggero tendono alla verbosità.
Si tratta di autentiche miniere di informazioni che possono aiutare (a costo zero) lo studente straniero a prendere confidenza con la fonetica e a implementare il proprio vocabolario.
Stesso discorso per quanto riguarda la radio. L’Italia è forse il paese in cui il concetto di talk radio si è sviluppato in maniera più complessa e stratificata, erodendo gli spazi canonicamente destinati ai programmi radiofonici a carattere musicale.
Ovviamente, sia per la radio che per la televisione bisogna pur sempre fare una tara per quanto riguarda grammatica e sintassi.
In Italia non c’è un corrispettivo della BBC (la RAI è oramai tutt’altra cosa), e anche nelle trasmissioni di informazione il divertimento – spesso triviale e sgrammaticato – prevale sulla missione educativa del mezzo.
Pertanto è sempre necessario selezionare con cura i programmi da seguire, onde evitare di apprendere una caricatura maldestra dell’italiano in luogo dell’italiano propriamente detto.
Italia, patria di santi, poeti, navigatori…e videoblogger, almeno da alcuni anni a questa parte. Youtube è il mezzo attraverso il quale un gran numero di italiani comunica con il mondo esterno, parlando degli argomenti più disparati: dalla cucina alla moda (potevano forse mancare?), dalla politica alla tecnologia, dai videogames al cinema.
Insomma, c’è davvero l’imbarazzo della scelta. L’aspetto più curioso della faccenda – ma anche il più proficuo per uno studente di italiano – è che la maggior parte di questi videoblogger usano la nostra lingua molto meglio di quanto non facciano coloro che vanno sovente in televisione.
Dunque perché non servirsi della loro munifica e fluviale voglia di comunicare come se fosse un infinito, potenzialmente interminabile, libro di testo?
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