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Il Festival Ultraqueer: come creare spazi inclusivi attraverso l’atto performativo

Credit: Riccardo Ferranti

A Roma e Milano, nel mese del Pride, la terza edizione del Festival di Ultraqueer, intitolato “Meteore”. Con installazioni, workshop, laboratori e talk

Di Antonio Scali
Pubblicato il 30 Mag. 2024 alle 16:19

L’arte, in tutte le sue molteplici forme, può essere uno strumento potentissimo per diffondere la cultura dell’accettazione, la liberazione da catene e paradigmi del passato, il rispetto della diversità.  

La bellezza di corpi non conformi, che si ribellano alla rigidità degli attuali canoni estetici, la celebrazione di tutte le realtà identitarie, di genere e orientamento sessuale. Sono questi alcuni temi alla base di Ultraqueer, il progetto – giunto alla terza edizione – che proporrà una rassegna di installazioni, performance e workshop tra Roma e Milano a giugno, nel mese del Pride.

L’evento, intitolato quest’anno “Meteore Fest: lo spazio è queer”, organizzato da TWM Factory e BASE Milano, si interroga sul ruolo e sullo spazio destinato alle comunità queer, cercando di creare luoghi di incontro, rappresentazione e riflessione.

L’arte, quindi, diventa un mezzo di riappropriazione di spazi e diritti, capace di dare voce a tanti giovani artisti Lgbtqia+ che altrimenti faticano a trovare rappresentanza. “Queer”, originariamente un insulto, è stato fatto proprio dalla comunità, diventando un termine “ombrello” con il quale si intende tutto ciò che rifiuta le etichette in ambito sessuale, di identità di genere e orientamento. 

La terza edizione di Ultraqueer, dopo le esperienze del 2022 e del 2023, quest’anno si terrà a Roma dal 31 maggio al 15 giugno, nel centro culturale Roma Smistamento, e a Milano dal 21 al 29 giugno, al Base.

Ne abbiamo parlato con Federico Sacco, coordinatore editoriale, Nicola Brucoli, presidente dell’associazione e direttore creativo, Carlo Settimio Battisti, vicepresidente e direttore artistico. 

Come è nata l’idea di questo progetto? Come spieghereste il concetto di ultra-queer?
«L’associazione è nata nel 2015. Nei primi anni le nostre attività si erano concentrate soprattutto sulla creatività emergente e sullo sviluppo urbano sostenibile. Poi abbiamo sentito il bisogno di soffermarci su queste tematiche che ci riguardano in prima persona, e che non avevamo ancora affrontato. Così è nato Ultraqueer: la prima mostra si è svolta nel 2022 a Palazzo Merulana, a Roma», spiega Brucoli.

«Volevamo intraprendere un percorso di ricerca nelle pratiche artistiche queer per portare nei luoghi della cultura e nelle istituzioni una voce spesso trascurata, o raccontata male. Nella prima edizione siamo andati alla ricerca dell’essenza della queerness. Abbiamo individuato alcuni campi che il queer invade, come la non conformità dei corpi e l’estetica del mostruoso. Siamo andati alla ricerca della storia del movimento in Italia, anche grazie alla collaborazione del Circolo Mario Mieli, che ci ha aperto il suo centro di documentazione», aggiunge Battisti. 

Su questi temi c’è ancora molta strada da fare, per abbattere ignoranza e stereotipi.
«Uno dei nostri obiettivi è proprio quello di rendere comprensibili a tutti i risultati delle nostre ricerche. Il rischio altrimenti è di parlare solo a una comunità che già conosce e vive quel tema. Sin dalle prime due edizioni abbiamo cercato di aprirci all’esterno e provare a fare anche un po’ di informazione su cosa si intende per pratiche queer, attraverso il mezzo dell’arte, e tramite incontri e tavole rotonde», spiega Brucoli.

Ci sono state delle occasioni in cui le istituzioni e i musei si sono dimostrati reticenti a darvi spazio, o addirittura vi hanno ostacolato?
«Portando un progetto sulla queerness spesso percepiamo un po’ di timore. Dopo l’insediamento del governo Meloni abbiamo avvertito una forte reticenza, soprattutto da parte dei musei pubblici. Ci è stato detto espressamente che non era il momento giusto per trattare determinati argomenti in un certo modo. Anche per questo motivo abbiamo deciso di spostarci: a Base Milano c’è sicuramente una maggiore libertà. Abbiamo percepito una certa chiusura anche da parte della stampa, nonostante la presenza di artisti affermati», sottolinea il presidente dell’associazione. 

«Abbiamo riscontrato difficoltà anche nel reperimento di fondi, visto che in questo progetto non raccontiamo la comunità in maniera tradizionale, cioè legittimando le persone Lgbt solo quando sono legate da un rapporto d’amore», evidenzia Battisti.

Veniamo all’edizione 2024: quali sono le novità e gli elementi di continuità rispetto agli scorsi anni?
«Il progetto in questa edizione si apre all’atto performativo. Ci saranno workshop, laboratori, talk. Il topic di quest’anno sarà lo spazio: come può essere reso queer e inclusivo. Ragioneremo sul legame tra due centri culturali differenti: a Roma sarà uno spazio indoor, mentre a Milano sarà all’esterno. Cercheremo poi attraverso la pratica artistica di scogliere alcuni binomi legati allo spazio, apparentemente contrapposti, come urbano-domestico o digitale-cartaceo», ci racconta Sacco. 

«L’idea è quella di creare, come avvenuto nelle prime due edizioni, uno spazio sicuro, luoghi di incontro, dove soggetti con diverse personalità e vissuti possano coesistere in maniera virtuosa», sottolineano gli organizzatori. 

Quali artisti e opere vedremo al Meteore Fest?
«Ci saranno contributi internazionali come quelli di The Queer Architect, Sarina Scheidegger, Bora Murmure e Leslie Kern. E ancora le performance di Egeeno e Thomas Valerio, la poesia performativa di Questa Cosa Queer, le voci e le storie di Antonia Caruso e Giorgio Umberto Bozzo. Tra i protagonisti anche Franca Fungo, Eleonora Sabet, Elena Zecchin, Storthø e molti altri. Scegliere di costruire un palinsesto di questo tipo è un atto rivoluzionario e sovversivo. Un festival gratuito, per fare comunità, attraverso l’arte e la partecipazione. A Roma partiremo il 31 maggio con la presentazione del libro “Corpi invisibili”, e a seguire ci sarà una performance di Gioele Coccia. A Milano invece si parte il 21 giugno con un’installazione di Roberto Amoroso, un talk e un concerto di Valentino Vivace. Il tutto verrà poi racchiuso all’interno di un libro, con riflessioni sullo spazio queer, che uscirà nel 2025, edito da Edizioni Tlon».

Iniziative come questa ci ricordano che non bisogna abbassare la guardia sul tema dei diritti.
«Questo tipo di lavoro è stato utile anche per noi, per ricordarci che esistono tanti modi di stare al mondo, e sarebbe bello che tutti venissero accettati per come sono. Ultraqueer è diventato una piattaforma utile per molti artisti, che così hanno trovato uno spazio per potersi esprimere. In Italia in tal senso c’è ancora molto da fare, ma forse iniziative del genere permettono di compiere un passettino in avanti, dando un po’ più consapevolezza sul tema a chi è lontano dalla comunità», sottolinea Brucoli. 

«A livello politico non è certo un momento propizio nel nostro Paese per questo tipo di progetti. La mostra vuole proprio raccontare che esistono tante realtà diverse. Facendo conoscere le storie di queste persone, il loro vissuto, auspichiamo si capisca che non si tratta di mostri, come qualcuno vorrebbe dipingerli», conclude Battisti.

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