L’incipit giusto può determinare la fortuna (o la sfortuna) di un romanzo. La scrittrice statunitense Catherine Lacey lo sa bene e ha sperimentato – sia da lettrice, sia da autrice – cosa voglia dire scegliere le parole che fanno restare il lettore aggrappato alle pagine come un pesce all’amo.
Lacey ha stilato una lista incompleta dei dieci migliori incipit letterari in cui si è imbattuta. Da Dickens a Ishiguro, da Bulawayo a Twain, questo elenco comprende le parole di autori diversi nello spazio e nel tempo, oltre che nello stile. Quello che li accomuna è il risultato che tutti riescono a raggiungere: incuriosire il lettore ed emozionarlo già dalle prime frasi.
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Un pallido orizzonte di colline di Kazuo Ishiguro
Niki, il nome che finalmente demmo alla mia seconda figlia, non è un’abbreviazione, è un compromesso al quale giunsi con suo padre. Paradossalmente, infatti, chi voleva darle un nome giapponese era lui, e io – forse per l’egoistico desiderio che non mi richiamasse il passato – insistevo per un nome inglese. Alla fine il padre accettò Niki, pensando che avesse una vaga risonanza orientale.
Gridalo forte di James Baldwin
Tutti dicevano che da grande John sarebbe diventato un predicatore, come suo padre. Glielo avevano detto così spesso che persino John, inconsapevolmente, aveva cominciato a crederci. Solo il giorno del suo quattordicesimo compleanno iniziò a pensarci veramente, e a quel punto era già troppo tardi.
Mrs Bridge di Evan S. Connell
Si chiamava India, un nome a cui non riuscì mai ad abituarsi. Aveva il sospetto che i suoi genitori, nel darglielo, avessero avuto in mente un’altra persona. O forse avevano sperato di avere una figlia diversa. Da bambina era stata più volte sul punto di indagare, ma il tempo era passato e non l’aveva mai fatto.
The Two Kinds of Decay di Sarah Manguso (in inglese)
La malattia è stata in fase di remissione per sette anni. Ora posso provare a ricordare quello che è successo. Non capire. Solo ricordare. Per sette anni ho provato a non ricordare troppo perché ricordare era troppo, e non volevo sprofondare ancora più indietro negli eventi della mia vita. Non ho ancora un orto. Non sono ancora stata in Francia. Sono andata a letto con un numero sufficiente di persone che sembrano davvero un mucchio di gente adesso, ma mentre andavo a letto con loro pensavo di star recuperando. Mi spiace. Avevo perso quello che mi sembrava un sacco di tempo”.
Lightning Rods di Helen DeWitt
Un modo in cui vedere tutto ciò è che si è trattato solo di uno sfortunato effetto collaterale dell’uragano Edna.
Buongiorno mezzanotte di Jean Rhys
“‘Proprio come i vecchi tempi”, dice la stanza. “Sì? No?”. Ci sono due letti, uno grande per madame e uno più piccolo sul lato opposto per monsieur. Il lavandino è chiuso da una tenda. È una stanza grande, con un odore di hotel economici debole, quasi impercettibile. La strada fuori è stretta, acciottolata, diventa una brusca saluta e finisce con una rampa di scale. Quello che chiamano un vicolo cieco.
La piccola Dorrit di Charles Dickens
Una trentina d’anni fa, Marsiglia bruciava un giorno ai raggi infocati del sole.
Nella Francia meridionale, un sole ardente in un giorno canicolare di agosto non era allora un fenomeno più strano di quanto in altri tempi sia stato o di quanto sia adesso. Ogni cosa dentro ed intorno a Marsiglia pareva che avesse sbarrato gli occhi, abbagliata ed abbagliante, al cielo infocato; fino al punto che questo fissarsi ed abbagliarsi a vicenda era ivi divenuto come una mania generale. I forestieri venivano abbagliati dalla accesa bianchezza delle case, dei muri, delle vie, dal bagliore delle strade aride e delle prossime colline il cui verde era stato arso. Tutto intorno in un moto spasmodico sbarrava gli occhi. Tutto, meno le vigne; le quali piegandosi sotto il fardello dei grappoli, occhieggiavano di tratto in tratto, quando l’aura calda e grave muoveva appena le loro languide foglie.
Mai ci eravamo annoiati di Renata Adler
Quell’anno non morì nessuno. Nessuno prosperò. Non ci furono nascite né matrimoni. Vennero scritte diciassette satire rispettose, sovvertendo uno stereotipo e, presumibilmente, creando un genere. Era un sogno, naturalmente, ma molte delle cose più importanti, secondo me, s’imparano nel sonno. La conversazione, il tennis, la musica, lo sci, le buone maniere, l’amore: ci provi da sveglia, magari esiti a buttarti, ed è fatta.
C’è bisogno di nuovi nomi di NoViolet Bulawayo
Stiamo andando a Budapest: Bastard, Chipo, Diolosà, Sbho, Stina e io. Stiamo andando anche se non abbiamo il permesso di attraversare Mzilikazi Road, anche se Bastard dovrebbe badare a Frazione, la sorellina, anche se mamma mi ammazzerebbe se lo venisse a sapere. Ma stiamo andando.
Le avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain
Voi non potete sapere niente di me, senza che avete letto un libro chiamato Le avventure di Tom Sawyer, ma non importa molto. Quel libro è stato fatto dal signor Mark Twain, che di solito ha detto la verità, o quasi. Qualche volta ha esagerato un poco, ma in genere ha detto il vero. È già qualcosa.