“Dante non ha inventato la lingua italiana e non ha inventato nulla di originale. L’Italia ha poco da festeggiare”, così lo scrittore e commentatore tedesco Arno Widmann sull’autorevole rivista letteraria Frankfurter Rundschau proprio nel “Dantedì” in cui l’Italia celebra l’autore della Divina Commedia e il suo più grande poeta.
Widmann, punto di riferimento degli intellettuali tedeschi, sostiene che l’Italia abbia poco da festeggiare perché il nostro poeta era “anni luce dietro Shakespeare”, era egocentrico ed arrivista. Motivo per cui arriva a criticare anche T.S. Elliot, il quale sarebbe appunto colpevole di aver paragonato la grandezza dello scrittore britannico a Dante.
“L’Italia lo loda perché ha portato la lingua alle altezze della grande letteratura: si è costruito la lingua per la sua opera e da questa lingua è nata la lingua dei suoi lettori e poi dell’Italia”, scrive Widmann, che nota poi con tono sarcastico come questa sarebbe una sintesi semplicistica della nascita della lingua italiana, che si insegnava 60 anni fa.
Il commentatore sostiene che Dante è stato preceduto come poeta lirico dai trovatori di Provenza: “la prima lirica in madrelingua italiana fu scritta in provenzale”, scrive Widmann. Mancando però di sottolineare, come fanno notare Rita Monaldi e Francesco Sorti su Repubblica, che il francese è nato dopo l’Italiano ed è stato imposto per legge nel 1539 con scarso successo “tanto scarso che ancora durante la Rivoluzione del 1789 si faticava a trovare chi traducesse le leggi nelle 23 parlate locali”.
Un attacco gratuito e ingiustificato quello di Widmann a Dante proprio nel giorno in cui tutto il Paese celebra il poeta lirico che con la sua Divina Commedia ha riunificato una lingua sino ad allora spacchettata in dialetti diversi, come tutt’ora avviene in altri Paesi europei, dalla Francia alla stessa Germania. Probabilmente perché non hanno avuto un poeta con la stessa potenza letteraria di Dante.