Nell’ambito del progetto culturale Galassia Mart, con il quale il Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto supporta le rassegne sul territorio Trentino, si inserisce la Bella Estate del Mart. Tre le grandi esposizioni che riempiranno la proposta culturale dal 17 giugno al 29 ottobre prossimi, realizzata in collaborazione col Comune di Villa Lagarina, il raffinatissimo Parco Guerrieri Gonzaga, la Provincia Autonoma di Trento, Trentino Marketing e l’APT Rovereto Vallagarina-Monte Baldo. Un omaggio al grande pianista bresciano del XX secolo Arturo Benedetti Michelangeli, un’installazione di sculture totemiche dell’artista trentino Pietro Weber e una mostra del fotografo, scrittore e regista pugliese Carlos Solito.
Nata da un’idea del critico d’arte, scrittore, presidente del Mart e Sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, “UMANITÀ. I volti nel tempo” propone il nuovo viaggio semantico di Carlos Solito che, in 34 grandi fotografie, devia dal soggettivismo esasperato dell’era dei social network, esaltando l’umanesimo dell’altro. Una centralità che si “stacca” dall’assolutezza dell’io per esplorare la diversità, celebrare l’incontro, scoprire l’alterità come valore primario di ogni principio di conoscenza, esistenza, etica di stare al mondo. I sentieri del giramondo pugliese – che appena qualche settimana fa ha concluso la sua esposizione internazionale sui siti Unesco italiani, nella provincia di Hunan nella Cina meridionale – questa volta sono le trame delle rughe quali segni del tempo, le tracce di un percorso lungo anni, secoli, millenni.
Che sia sulla fronte di un pastore o sui palmi di un contadino, nella cornice di un sorriso o ricamate intorno alle ciglia, sono righe di un racconto, solchi facondi e fecondi nel sentiero della vita.
Da nord a sud, dal Trentino alla Puglia, dalla Basilicata alla Sardegna, le immagini allestite nella scenografica Sala delle Botti del secolare Parco Guerrieri Gonzaga (tra i più esclusivi storici giardini italiani) interpretano una sequenza di ritratti che portano in scena il dialogo degli italiani coi paesaggi e la luce dei propri luoghi.
Ombrosi fienili. Soleggiati campi di grano. Scogliere infiammate da albe. Silenti distese di calanchi. Ulivi secolari. Rovine di castelli medievali. Altipiani carsici. E ancora ovili, navate di piccole chiese, abbacinanti lungomari, strade con folle religiose, viuzze lastricate e piazze colme di silenzi, sono la cornice nella quale posano pastori, anziane, bambine, uomini baffuti, donne piene eleganza e grazia, ragazzi, fedeli in processione, fino ai centenari dell’Ogliastra, la selvaggia blue zone d’Italia.
Ancora una volta Solito, sostenuto dalla società d’arte internazionale The Dalí Universe che rappresenta la sua arte fotografica in tutto il mondo, ci propone i luoghi inesplorati di un’Italia minore, inedita e favolosa, difficile da raggiungere o nominare, ma, non per questo, priva di umanità.
Con le note musicali di Anael del pianista, compositore e direttore d’orchestra Yèros (che proprio in questi giorni esordisce sulle piattaforme on demand col nuovissimo album N.O.A.F), “UMANITÀ. I volti nel tempo” è il manifesto visivo dedicato a persone comuni, imponenti come monumenti, per cercare di intercettare nei loro corpi e, soprattutto nei loro occhi, la scintilla antica del mondo da cui Carlos Solito ha avuto in dono l’attimo di uno sguardo che è promessa carnale di eternità.
“Ognuna di queste persone ritratte, nelle diverse ambientazioni, sembra necessaria a quei luoghi, li carica di vita. E di senso. I loro occhi che ci guardano, nell’ovale di facce lisce e rugose, dicono che il tempo non si può vincere ma si può accompagnare, fino a confondersi con lui. Queste fotografie, interpretate con pennellate di luce e chiaroscuri pittorici, non fanno pensare alla fugacità della vita, alla finitudine della morte, ma al volto del tempo, che trasforma le nostre sembianze, la nostra giovinezza, la nostra maturità, nel suo. Fino a un certo punto si cambia, ci si trasforma, poi diventiamo immutabili. Come dire eterni. E, ancora una volta, Carlos Solito ci rivela, attraverso il suo lento guardare, la sacralità di stare al mondo”.