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“Ringrazia una femminista”, la campagna per i diritti di genere sui muri di Bologna

Il collettivo femminista Cheap ha lanciato nel 2019 un progetto di street art per ricordare le conquiste compiute dalle donne in Italia

Di Marta Vigneri
Pubblicato il 5 Ago. 2019 alle 16:45 Aggiornato il 6 Ago. 2019 alle 10:12

“Se sei donna e puoi votare, ringrazia una femminista”, è una delle frasi che campeggia sui muri di Bologna nell’ambito della campagna Cheap.

La scritta relativa al suffragio universale è affissa su un muro dell’autostazione di Viale Masini a Bologna,  insieme alla grafica di una mano che inserisce la scheda di voto nell’urna elettorale, ed è solo uno dei circa 40 poster appesi sui muri del capoluogo dell’Emilia Romagna nell’ambito della campagna di Cheap, un progetto di street art attivo a Bologna dal 2013 e fondato interamente da donne.

La campagna femminista ricorda ai passanti, attraverso poster con scritte a caratteri cubitali, che se una donna può divorziare, leggere i libri che desidera, utilizzare anticoncezionali, indossare i pantaloni, andare all’università, interrompere una gravidanza, avere uno stipendio o testimoniare in tribunale in difesa di terzi, è merito di una femminista.

“Se sei donna e puoi utilizzare anticoncezionali, ringrazia una femminista”.

E ancora: “Se sei donna e puoi denunciare molestie sessuali, ringrazia una femminista”.

La campagna di street art è stata ideata da una piattaforma internazionale che promuove il femminismo attraverso l’istruzione e la comunicazione, la “School of femminism“, con il progetto “Thank a feminist”, ringrazia una femminista, appunto, che ha reso disponibili i messaggi di ringraziamento online in diverse lingue, dallo spagnolo all’italiano.

Campagna sul femminismo del collettivo Cheap a Bologna. Credits: Michele Lapini

E sui muri di Bologna le scritte campeggiano in italiano, ricordando i diritti conquistati dalle donne nel tempo in Italia, da quello  al divorzio con il referendum del 1974 a quello sull’aborto del ’78, dall’istituzione del suffragio universale nel 1945 alla legge del 1971 che liberalizzava il commercio degli anticoncezionali

Campagna sul femminismo del collettivo Cheap a Bologna. Credits: Michele Lapini
Campagna sul femminismo del collettivo Cheap. Credits: Michele Lapini

Eppure, tra i quaranta poster della campagna femminista, spunta un’incongruenza sui muri: uno dei manifesti recita “Se sei donna e puoi praticare uno sport professionistico, ringrazia una femminista”.

Campagna sul femminismo del collettivo Cheap. Credits: Michele Lapini

Ma in Italia, atlete come Paola Egonu della nazionale di pallavolo o Aurora Galli della nazionale di calcio non sono riconosciute come professioniste nonostante pratichino i rispettivi sport a livello professionistico: nel nostro Paese, infatti, tutte le atlete sono inquadrate giuridicamente come dilettanti. L’unica legge che disciplina la materia (91/1981) non distingue il dilettantismo dal professionismo. E le poche federazioni che riconoscono al proprio interno il professionismo – quella di Calcio, Basket, Golf e Ciclismo – lo fanno solo per certi livelli e per gli uomini.

Le atlete tesserate presso una federazione nazionale riconosciuta dal Coni sono quindi giuridicamente inquadrate come dilettanti, e nessuna disciplina tipicamente femminile prevede una categorizzazione professionistica. Tutto questo si traduce in una netta disparità di tipo economico, contrattuale, sanitario, assicurativo e di carriera.

Ma il collettivo Cheap fa sapere che il suo non è un errore. Attraverso il manifesto, il collettivo vuole ricordare che sono necessarie altre lotte, come quelle portate avanti in passato per progredire nel riconoscimento di pari diritti a donne e uomini.

Lo staff scrive così sulla sua pagina Facebook: “Il poster è un errore? CHEAP preferisce pensare che sia un memo: il femminismo è più che mai necessario, così come è necessario ricordare che i diritti delle donne sono stati conquistati attraverso anni di lotte politiche e sociali per cui dovremmo tutt* ringraziare chi le ha guidate”.

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