La notizia della tua morte mi ha colpito come un pugno nello stomaco, mentre ero seduta sulle scale di una stazione dei bus in Montenegro. Ero pronta da giorni, ma non credevo potesse darmi tanto mal di cuore. Se ho provato felicità nella mia vita, una porzione l’ho provata leggendo i tuoi libri. Non me ne sono perso neanche uno. Ogni volta che vedevo che avevi scritto un nuovo libro, bellissimo anche nella copertina, non riuscivo a resistere un minuto di più. Lo prendevo, lo divoravo. Lo amavo.
Mi catapultavo in un mondo meraviglioso. Dai mille Montalbano, agli altri. Passando da quello che più mi è rimasto nel cuore, Maruzza Musumeci. Il racconto di un mondo, del mondo. Ed era bello farmi dire da te a cosa dovevo credere, che tipo di persona dovevo essere. Lo hai scritto con gentilezza, a tratti rude, a tratti matto. Ma non si poteva scappare.
Dipingevi un mondo dove da un lato c’erano le persone. Con la loro pochezza, i loro dubbi, la loro debolezza, la loro umanità, la loro sospensione sul mondo, il loro intuito, la loro semplicità, la loro inadeguatezza. Dall’altro c’erano tutti gli altri. Quelli che trattavi con sufficienza, ma abbastanza per farci capire da quale parte stavi. Era un mondo bellissimo il tuo.
Ricordo ancora la prima volta che ti lessi. Aprii il libro, che mi avevano messo in mano i miei genitori, avevo forse 11 anni. E lo chiusi poco dopo. Non era stato amore a prima vista. Tutto quel dialetto non lo capivo. Non mi interessava. Poco dopo, non ricordo quanto tempo passò, ti diedi un’altra occasione per riempire la mia vita. E da lì è stato vero amore. L’unico di cui abbia letto tutto, l’unico che ho amato ad ogni singola pagina.
Mi piacevano le indagini, sì, l’intuito con cui all’improvviso scioglievi tutti i nodi. Ma mi piaceva soprattutto il modo in cui raccontavi ciò che c’era intorno. Le persone, le domande giuste, come scrutavi in fondo all’anima. In tanti ci sono riusciti, e hanno scritto pagine meravigliose. Ma con te era diverso. Ad ogni nuovo libro mi sentivo felice. Mi sentivo a casa. Mi ritrovavo a leggerti con il sorriso scemo stampato in faccia.
I guizzi all’improvviso, la rudezza dei modi di chi non ha bisogno di ingraziarsi il mondo, e la gentilezza d’anima della più pura delle creature. Il mondo che dipingevi era chiaro. L’eroe era Catarella, l’inadeguato, l’imbranato. Il tardo. E Montalbano lo trattavi come il più grande dei principi. Montalbano, quello che non sapeva resistere ai piaceri della vita. Ma che gli scivolava tutto via, senza intaccarlo. E come hai raccontato la sua vecchiaia? Così lucido, così onesto, così spiazzante. Non riesco a immaginare un modo più bello di morire. Avendo intuito di aver regalato, in fondo in fondo, un pochino di felicità a tanti.
“Accusì, sintenno quella musica, manco s’addunò di moriri” (Maruzza Musumeci, Andrea C.)
Grazie per tutta la felicità che mi hai regalato.