La portavi cucita sul petto
– medaglia al tuo valore
risorsa estrema per avere almeno
un poco di rispetto –
l’orgogliosa pagella di scolaro
tu, solitario ragazzino perso
nell’immensa incertezza del migrare
corpicino in balia d’infide forze.
Non t’è servita
a salvarti la vita
ma t’è rimasta stretta sopra il cuore
fedele come il cane di famiglia
a custodir del tuo abbandono l’onta
e finalmente sbatterne l’orrore
in faccia all’impunita indifferenza
della presente umanità d’automi.
Aldo Masullo, Pagella di scolaro in fondo al mare (pubblicata su La Repubblica).
La sua commovente poesia dedicata a una delle tante piccole vittime del Mediterraneo, un quattordicenne annegato con la pagella cucita in petto, è diventata virale. A scriverla, uno dei più grandi filosofi italiani del Novecento Aldo Masullo, morto il 24 aprile 2020 all’età di 97 anni. Per ricordarlo, vi riproponiamo questa intervista fatta da Vincenzo Fiore in esclusiva per TPI.
Non ancora, ma questa è la tendenza. Una pagella cucita in petto, un gesto disperato per dimostrare di meritare di essere salvato.
Ci sono nel mondo vaste moltitudini, che guardano alla vita europea con lo strenuo desiderio di condividerla. Esse intuiscono che la cultura ne è la forza e la scuola è la via per accedervi. Essere stati bravi scolari appare perciò come l’unico possibile titolo di dignità!
No. Esso è a tutt’altre faccende affaccendato.
Sì, forse il solo. Troppe forze però si oppongono.
Istituzionalmente la scuola italiana è ancora il poderoso, monumentale edificio, eretto un secolo fa (1923, Riforma Gentile), che il tempo ha eroso dall’interno e che una serie di riformatori inadeguati ha reso irriconoscibile.
Le recenti scimmiottature aziendalistiche (sintomatico è che il nome di preside sia stato sostituito con quello di dirigente scolastico!), i lunghi decenni senza selezione dei vari colpi al prestigio sociale degli insegnanti, l’assenza di uno sguardo lungo sulle linee di sviluppo della scuola in accordo con le profonde trasformazioni sociali in corso riducono l’istituzione ad una macchina inceppata.
Tuttavia è ammirevole come la gran parte degli insegnanti, nonostante tutti questi fattori negativi, riesca a mantenere vivo l’interesse e in certi casi perfino l’entusiasmo delle ultime certo non facili generazioni.
Il sentire, il mio vissuto è costitutivamente incomunicabile, perciò io lo dico incomunicativo, non fatto per essere comunicato. Ma ciò che dà senso all’umano vivere, è la cultura, l’operare insieme dei viventi, il comunicare tra loro con le opere, a cominciare dalle lingue. Così le nostre solitudini si fanno compagne.
In un celebre testo teatrale di Sartre, l’uomo dice alla sua donna: “vorrei proprio che fossimo uno”; e la donna risponde: “se fossimo uno, come potremmo amarci?”. L’insuperabile solitudine fa di ognuno un individuo. Così ci sono tante teste, tante idee, tante passioni, tante volontà, tutte diverse. È il gioco del mondo e la condizione della libertà. Altrimenti saremmo un tutto unico. Questo è il sogno di tutti i dittatori.
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