Ai Weiwei è il più famoso artista contemporaneo cinese, oltre ad essere un designer e architetto all’avanguardia e un incallito attivista per i diritti umani. Weiwei, 60 anni, si è spesso speso per denunciare le severe violazioni dei diritti umani in Cina e il trattamento disumano dei migranti in tutto il mondo.
L’artista, che è stato detenuto per 81 giorni senza spiegazione dalle autorità cinesi nel 2011 ed è poi stato condannato agli arresti domiciliari per quattro anni fino al 2015, quando è riuscito a trasferirsi in Germania.
Le sue opere sono state esposte al Tate Modern di Londra e al Guggenheim Museum di New York. Una mostra a lui dedicata aveva animato anche Fireze qualche anno fa.
Da qualche giorno, Weiwei documenta sul proprio profilo Instagram la demolizione del suo studio storico di Pechino, dove l’uomo ha ideato alcune delle sue opere più significative e maestose.
Ga Rang, manager degli studi di Weiwei da dieci anni, ha detto ad AFP: “Le autorità hanno detto che vogliono sviluppare delle altre cose qui, costruire centri commerciali e uffici. Ma è un peccato – non troveremo mai più un posto simile a questo in tutta Pechino”.
L’artista, infatti, era a conoscenza del fatto che prima o poi il quartiere sarebbe stato raso al suolo all’interno di un progetto più ampio di sviluppo delle periferie, ma non era stato avvertito dell’inizio dei lavori.
La cosa più preoccupante è che le demolizioni sono cominciate prima che all’artista e ai suoi collaboratori fosse dato il tempo di evacuare lo studio. Così, negli ultimi giorni i bulldozer hanno cominciato a distruggere l’edificio mentre gli impiegati dello studio cercavano disperatamente di impacchettare i materiali e le opere di Ai Weiwei rimasti indietro e metterli in salvo.
“Sono arrivati e hanno cominciato a buttare già le finestre oggi senza dirci niente in anticipo. Ci sono ancora così tante cose all’interno”, ha spiegato Ga.
“Addio”, ha scritto Ai Weiwei su Instagram. “Oggi hanno cominciato a demolire il mio studio ‘Zuo You’ a Pechino senza alcun preavviso. È stato il mio studio principale fin dal 2006. Era in un palazzo nello stile di una fabbrica socialista della Germania dell’Est”.
L’edificio era uno dei pochi a mantenere quel particolare stile architettonico nella capitale cinese, che negli ultimi anni è attraversata da un’ondata di gentrificazione. Lo studio si trovava nel distretto di Tongzhou, dove molti altri edifici storici risalenti agli anni ’60 e ’70 sono stati demoliti negli ultimi mesi.
Il problema delle demolizioni improvvise in Cina
Ma Ai Weiwei non vuole che i media si concentrino soltanto sulla demolizione del suo studio dimenticando di raccontare la storia nel complesso.
Intervistato al riguardo da NPR, infatti, ha detto: “Le demolizioni finalizzate a far spazio a nuovi progetti, o per qualsiasi altra ragione, esistono in qualsiasi città. Ma dall’anno scorso a Pechino è in atto una politica volta a sgomberare i lavoratori immigrati”.
“Non voglio che ci si crei un malinteso e che si pensi che questa è solo la demolizione dello studio di un determinato artista, non è così. Stanno demolendo le case dei lavoratori immigrati, spesso nel cuore della notte. Li buttano fuori, distruggono i loro effetti personali e fanno di loro dei senzatetto, o li arrestano per aver resistito allo sfratto”, ha raccontato l’artista.
Lo stesso sta accadendo anche in un altro distretto della città, Caochangdi, culla degli artisti d’avanguardia di Pechino. Ultimamente, infatti, molte gallerie d’arte del quartiere sono state sfrattate improvvisamente per fare spazio a nuove demolizioni.
“L’arte in Cina è vista come propaganda del partito o come un inquinamento spirituale che viene dall’Occidente”, spiega infatti Ai Weiwei. “La demolizione dello studio di un artista o il suo sfratto come strategia per costringerlo al silenzio non ha alcun effetto sulla società. Rimane sempre la solita società che vive sotto a un’autorità, una sola voce, una sola ideologia”.
Weiwei stesso ha un altro studio proprio in quella zona, che però al momento sembra essere al sicuro.
Questo non è però il primo studio dell’artista che viene demolito dalle autorità cinesi. Nel 2011, infatti quello di Shangai era stato raso al suolo poco prima della detenzione ingiustificata di Weiwei per 81 giorni e il suo successivo arresto domiciliare.
Incaricato della costruzione dello Stadio Nazionale di Pechino per le Olimpiadi del 2008, l’artista ha perso i favori del governo cinese con il tempo per via delle sue frequenti critiche nei confronti dello stile di governo autoritario della Cina.
Weiwei, infatti, aveva più volte criticato le autorità di Pechino per la gestione della crisi causata dal terremoto a Sichuan nel 2008, per l’imprigionamento del premio Nobel cinese Liu Xiaobo e per la dura repressione degli attivisti per i diritti umani.
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