Crusca: “Sì al femminile per termini giuridici, no schwa e asterischi”
L’Accademia della Crusca si è chiaramente espressa sull’uso del genere femminile nel parlato. Via lo schwa e l’articolo davanti al nome femminile. Stop anche alle duplicazioni retoriche.
L’indicazione è definitiva e arriva in risposta a una domanda del Comitato Pari opportunità del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione. Lo riporta Repubblica. Una risposta che può essere interpretata come direttiva generale, anche al di fuori della Cassazione.
Così, “dopo approfondita discussione in seno al consiglio direttivo”, la Crusca ha stabilito che, anche nella scrittura di atti giudiziari, si potranno ora usare “senza esitazioni” termini come la pubblica ministera, la presidente, la giudice, la questora, la magistrata. Fatta eccezione, invece, per gli asterischi a fine parola, al posto della vocale, e dello schwa.
Infine, L’Accademia della Crusca boccia anche l’uso degli articoli prima dei nomi propri (la Meloni, il Manzoni). E nel caso di cognomi meno conosciuti ai più, l’indicazione è quello di anteporre il nome, anziché l’articolo determinativo.