Lo hanno chiamato “Denuncia Day” e il nome è già esplicativo. Si tratta della giornata in cui un pool di sette avvocati che rappresentano il Comitato dei familiari delle vittime Covid-19 “Noi denunceremo” (oltre 55mila membri) depositerà, presso la Procura della Repubblica di Bergamo, i primi 50 esposti. Quel giorno è arrivato e oggi a Bergamo, si aprirà probabilmente una nuova fase, volta a chiarire eventuali responsabilità del contagio. TPI ha intervistato Giovanni Beverini, uno degli avvocati che seguono l’iniziativa legale, protagonista di battaglie processuali come quella che portò alla prima condanna di un Comune (quello di Chiavari, in provincia di Genova) per i lutti legati ad una alluvione. Lo scopo degli esposti è quello di fare luce sulla strage di questi mesi: oltre 34mila morti nel Paese, oltre 16mila nella sola Lombardia.
Come è nato il Comitato “Noi denunceremo”?
Il Comitato nasce a Bergamo dall’omonimo gruppo Facebook che ha raccolto, ad oggi, oltre 55mila aderenti. Lo scopo dell’Ente è quello di raccogliere le testimonianze delle vittime dell’epidemia di Covid-19 e/o dei loro familiari, per fornire, all’Autorità Giudiziaria, il materiale necessario ad accertare se l’ecatombe che ha colpito il nostro Paese potesse essere evitata attraverso l’adozione delle misure di prevenzione e protezione previste dalla legge. Il fine che si propone il Comitato non è, quindi, la vendetta ma l’accertamento della verità, perché il sacrificio di migliaia di persone non sia stato vano e quanto accaduto non possa ripetersi.
Che tipo di procedimento legale state avviando?
La prima iniziativa avviata dal Comitato, per il tramite dei suoi avvocati, è quella di predisporre e depositare, per ciascuno dei suoi aderenti, un esposto-denuncia descrittivo di ciò che gli è capitato: la mancanza di assistenza domiciliare, il ricovero difficoltoso o tardivo, l’assenza di informazioni ai familiari. Gli esposti-denuncia ripercorrono inoltre, la diffusione dell’epidemia sul territorio e la sconvolgente impreparazione mostrata dalle autorità politico-amministrative nel contrastarla.
Quali potrebbero essere le responsabilità?
I filoni di indagine saranno diversi: da quello legato alla mancata chiusura dell’Ospedale di Alzano da parte delle autorità della Regione Lombardia, a quello che riguarda la mancata istituzione di una zona rossa nel bergamasco, a quello inerente le Rsa ove, del tutto improvvidamente, per disposizione delle autorità regionali, vennero ricoverati malati Covid. Inoltre ci sarà poi il filone relativo alla mancata adozione delle misure di sicurezza e protezione previste dai piani pandemici, regionali e nazionali.
Quali potrebbero essere le conseguenze per ASL/Stato enti locali?
Potrebbero profilarsi responsabilità penali e civili in capo a chi rivestiva “posizionidi garanzia”, e, quindi, responsabilità civili (con obbligo di risarcimento dei danni) in capo agli stessi soggetti, e agli enti che rappresentavano.
Cosa dovrebbe fare oggi un familiare di una vittima Covid-19 o un cittadino guarito ma che ancora conserva le conseguenze della malattia, e che magari non è nemmeno stato testato?
L’invito ai familiari delle vittime e, più in generale, ai cittadini colpiti dal virus (che, in alcuni casi, ne subiranno per molto tempo, se non per sempre, le conseguenze) è quello di far pervenire le loro testimonianze. Questo servirà a fare chiarezza sulla vicenda.
L’inchiesta di TPI sulla mancata chiusura della Val Seriana per punti:
- Uno scudo penale per il Coronavirus: nel decreto Cura Italia spunta l’emendamento PD per sanare le responsabilità politiche
- Coronavirus, anche Salvini vuole lo scudo penale per i politici. Poi la retromarcia
- Qui la lettera ufficiale firmata dal direttore dell’ospedale di Alzano Lombardo
- Contagio Coronavirus all’ospedale di Alzano: dopo l’inchiesta di TPI la Procura di Bergamo indaga per epidemia colposa