“Agghiacciante”, “folle” e “completamente infondata” è l’accusa di associazione per delinquere mossa dalla Procura di Torino verso Askatasuna: lo ha detto oggi il fumettista Zerocalcare (nome d’arte di Michele Rech) subito dopo avere testimoniato in tribunale, nel capoluogo piemontese, al maxi processo contro attivisti e militanti del centro sociale subalpino.
“Mi sembra agghiacciante e mi fa paura l’idea che la critica politica o la manifestazione di dissenso o anche di conflitto possano essere trattate neanche più come un problema di ordine pubblico ma addirittura come in questo caso di associazione a delinquere. Mi sembra una deriva pericolosissima in generale”, ha detto al termine della sua deposizione. Il processo vede imputate 28 persone di cui 16 accusate di associazione a delinquere. Secondo l’accusa il centro sociale avrebbe svolto un ruolo di regia in diverse mobilitazione violente verificatesi sul territorio, tra cui alcune in Valsusa contro la realizzazione della linea ad alta velocità Torino-Lione.
“Io penso ci sia un grosso problema con il dissenso che non riguarda questo governo nello specifico, ci sono illustri precedenti – ha proseguito – e penso che quando nel pacchetto sicurezza, nel decreto Salvini, quando si è parlato tanto della criminalizzazione delle Ong, molto meno si è parlato che un blocco stradale adesso ha delle pene che sono quasi nove anni di galera e chiunque abbia fatto politica dal basso sa che una manifestazione a volte può finire in spazi non autorizzati, a bloccare una strade e spesso questo ha delle caratteristiche spontanee e pacifiche e pensare che questa cosa si possa risolvere seppellendo le persone in galera mi sembra una cosa gravissima su cui un po’ tutti, a destra e sinistra, si dovrebbero interrogare”.
Quanto al suo rapporto con il centro sociale Askatasuna, il fumettista romano colloquiando con i cronisti al termine della sua testimonianza ha spiegato “il centro sociale Askatasuna è un posto che conosco da 20 anni a cui riconosco il ruolo gigantesco che ha avuto dal punto di vista culturale, non solo per la città di Torino ma anche per il Paese, anche per quello che ha dato a me, la possibilità di fare il mio lavoro prima che esplodesse la parte mainstream e sono stato chiamato a testimoniare per raccontare la mia esperienza che sicuramente è molto diversa dall’incontro di un’associazione a delinquere”.