I voli di Ita Airways non possono atterrare se c’è nebbia
C’è la nebbia? I voli di Ita Airways non possono atterrare: è quanto emerge da un’analisi fatta su alcune tratte della neonata compagnia, la cui destinazione finale è stata cambiata proprio per motivi di scarsa visibilità.
Secondo quanto scoperto dal Corriere della Sera, infatti, la vicenda risale allo scorso 22 ottobre quando otto voli di Ita Airways, che sarebbero dovuti atterrare all’aeroporto di Milano Linate, sono stati dirottati altrove: sette a Malpensa e uno a Genova.
Il motivo? Le condizioni di bassa visibilità che, però, non hanno impedito ad altri velivoli di differenti compagnie aeree, di atterrare senza problemi.
Il problema, dunque, riguarda proprio la neonata compagnia di bandiera italiana, che, essendo considerata una start-up, deve effettuare un periodo di “rodaggio”, generalmente della durate di 6 mesi, prima di poter ottenere tutte le autorizzazioni necessarie per poter volare in condizioni di scarsa visibilità.
Un mero problema burocratico che però rappresenta un vero e proprio paradosso dal momento che Ita ha ereditato da Alitalia sia gli aerei che i piloti, i quali hanno tutti una lunga esperienza di voli effettuati in condizioni ben più proibitive di una semplice foschia.
Secondo il regolamento dell’Icao (l’ente mondiale dell’aviazione civile), infatti, Ita Airways, in quanto compagnia aerea nuova, è stata classificata in “Categoria I”, le cui operazioni di volo prevedono “l’avvicinamento strumentale di precisione e l’atterraggio” con una visibilità “non inferiore a 800 metri o portata visiva della pista non inferiore a 550 metri”.
Per risolvere il problema, l’Enac, l’ente nazionale per l’aviazione civile, potrebbe, secondo quanto anticipa il Corriere, autorizzare già questa settimana con una procedura accelerata Ita Airways, che all’aeroporto di Linate concentra circa la metà delle sue operazioni giornaliere, a effettuare operazioni di volo di “Categoria III B”, che consentono di atterrare con una “portata visiva della pista” tra i 75 e i 200 metri.
Leggi l'articolo originale su TPI.it