Sarebbe stato annidato in un rubinetto dell’acqua utilizzata dal personale della Terapia intensiva neonatale dell’Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento a Verona il Citrobacter, batterio che sarebbe stato la causa della morte di quattro neonati tra la fine del 2018 e quest’anno, e che ha indotto i responsabili sanitari alla sua chiusura.
E’ la conclusione a cui giunge la relazione di una delle due commissioni nominate dalla Regione Veneto, e di cui un’anticipazione è stata pubblicata oggi dal Corriere del Veneto. Si tratta della cosiddetta “commissione esterna”, coordinata da Vincenzo Baldo, ordinario di Igiene e Sanità pubblica all’Università di Padova. Un’altra relazione, che sarà consegnata alla Prociura della repubblica di Verona, è composta da membri interni all’amministrazione regionale.
Secondo le conclusioni della commissione esterna, il Citrobacter avrebbe colonizzato il rubinetto probabilmente a causa di un mancato o parziale rispetto delle misure d’igiene; un altro errore potrebbe essere stato di ricorrere all’acqua del rubinetto e non ad acqua sterile.
I bambini colpiti dal batterio sono stati in tutto 96, quattro di questi, due maschietti e due femminucce non ce l’hanno fatta e sono morti dopo la nascita. Altri nove sono rimasti cerebrolesi. Le gravissime negligenze erano emerse grazie al controllo delle cartelle cliniche ma in seguito anche alle analisi su attrezzature, ambienti e impianti. La prima a denunciare l’accaduto era stata proprio la madre di uno dei neonati deceduti nell’ospedale veronese. Ultimamente la donna è anche stata sentita dagli inquirenti e ora sarà la Procura a dover individuare eventuali responsabilità.
Al momento l’intero reparto di Ostetricia – Punto nascite, Terapia intensiva neonatale e Terapia intensiva pediatrica – è stato riaperto, dopo che il 12 giugno scorso il direttore generale dell’Aou veronese, Francesco Cobello, ne aveva disposto la chiusura, procedendo alla totale sanificazione degli spazi.
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