Valentina Pitzalis è stata intercettata per sei mesi. Questa la novità più rilevante emersa dagli atti di indagine relativi alla fase di incidente probatorio (sfociata di recente in una richiesta di archiviazione da parte del pm Gilberto Ganassi). Intercettazioni, durate da gennaio a giugno 2019, su dieci utenze telefoniche (compresi numeri di modem e tablet) intestate non solo alla Pitzalis ma anche ai suoi familiari più stretti, ovvero la madre, il padre e la sorella Francesca.
Sono state predisposte intercettazioni ambientali tramite cimici anche su due autovetture in uso alla famiglia Pitzalis. Le intercettazioni, secondo il pm, erano necessarie “per acquisire i commenti e le reazioni della Pitzalis e dei suoi familiari al momento della comunicazione degli esiti peritali e finanche nei mesi successivi, auspicando che la Pitzalis e i suoi parenti potessero riferire telefonicamente episodi e particolari – volutamente omessi di fronte alla Polizia Giudiziaria – relativi a quanto accaduto la sera del 17-04-2011”.
Quello che viene definito un “robusto impianto di intercettazioni” dal comandante del Nucleo investigativo dei carabinieri di Cagliari, non conduce a nuove piste investigative e non ne conferma alcuna delle tante ipotizzate in questi anni dall’accusa. “Si è proceduto all’ascolto di numerose conversazioni e, sebbene alcune fossero relative al fatto per cui si procede e trattassero argomenti relativi alla vicenda, dalle stesse non sono emersi elementi utili per il proseguo delle indagini”.
Insomma, anche in privato Valentina e la famiglia raccontano e commentano i fatti tragici di Bacu Abis così come li hanno sempre raccontati: Valentina Pitzalis è sopravvissuta a un tentativo di omicidio del suo ex marito Manuel Piredda, deceduto per ipossia nel tentativo di dar fuoco a lei e all’appartamento. Che poi è quello sostenuto non solo da Valentina fin dal primo momento in cui ancora lottava tra la vita e la morte, ma anche nelle due precedenti archiviazioni.
Sorprende, in effetti, una così meticolosa (e costosa) operazione di indagine, tanto più che negli anni- anche quelli precedenti l’inizio dell’incidente probatorio – le ipotesi accusatorie nei confronti della Pitzalis da parte della madre di Manuel, Roberta Mamusa (nonché dalla sua difesa e dalla consulente criminologa-pedagoga Elisabetta Sionis), si siano sempre rivelate autentiche fantasie (oltre che persecuzioni ai danni della Pitzalis). E anche l’opposizione presentata a seguito della richiesta di archiviazione desta un certo stupore: non solo viene chiesta una nuova esumazione della salma di Manuel Piredda ma, addirittura, la difesa della Mamusa accusa la procura di Cagliari di aver svolto “indagini in taluni punti parziali e carenti essendosi limitata ad accogliere la versione partigiana della difesa dell’indagata”.
Un’indagine durata tre anni, costata una cifra spaventosa con esami autoptici accuratissimi e sei mesi di intercettazioni ambientali e telefoniche, definita “carente”. Rientra poi nella sfera del surreale il passaggio dell’opposizione in cui si ipotizza che i famosi sms con cui Manuel Piredda attirò con insistenza Valentina a casa sua per darle fuoco non appena varcato l’uscio non siano stati scritti da Manuel ma probabilmente da una mano sconosciuta.
Infine, una nota a margine. In una telefonata intercorsa tra la madre di Manuel, Roberta Mamusa, e Mattea Urbano, una vicina di casa di Valentina Pitzalis che ai tempi della tragedia viveva di fronte alla sua abitazione (e che ancora vive lì), emerge il contesto tossico e ostile in cui la Pitzalis è costretta a vivere da anni a causa di una campagna social violenta e denigratoria ai suoi danni e, anche, di un accanimento giudiziario inspiegabile (un caso di vittimizzazione secondaria da manuale).
La telefonata è stata registrata dalla signora Mamusa. In un passaggio Mattea Urbano riferisce alla signora chi esce di casa e chi no in casa Pitzalis, le racconta perfino che la madre di Valentina esce a fumare sul terrazzo quando va a trovare l’anziana madre o di sue indagini autonome che vuole fare chiamando “un amico carabiniere”. La stessa vicina di casa scattò addirittura di nascosto alcune foto a Valentina Pitzalis dal terrazzo, consegnandole poi a colui che gestiva la pagina social “Verità e giustizia per Manuel” in cui Valentina, per quasi un decennio, è stata diffamata, insultata e minacciata sia da alla Mamusa che da migliaia di suoi sostenitori alcuni dei quali, a quanto pare, la spiavano perfino dal terrazzo.
Un incubo che merita una fine, al più presto. A patto che la signora Mamusa e i suoi suggeritori occulti siano capaci di scriverla, la parola fine. “Combatterò fino alla morte”, ha scritto il 21 giugno sulla sia bacheca. E la dichiarazione è inquietante.
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