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    Il farmacologo Silvio Garattini: “Il vaccino per il Coronavirus si troverà, ma l’Italia rischia di rimanere senza”

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 28 Mag. 2020 alle 07:55

    Il farmacologo Silvio Garattini: “Il vaccino per il Coronavirus si troverà, ma l’Italia rischia di rimanere senza”

    “Il Governo degli Stati Uniti ha stanziato un miliardo per lo sviluppo del vaccino, ne ha messi molti altri per lo sviluppo di un vaccino interno, il governo inglese ha già ordinato 30 milioni di dosi. Noi dobbiamo cercare di intervenire perché dobbiamo essere sicuri che ci sia anche per l’Italia la possibilità di averlo e se non ci muoviamo in tempo ci ritroveremo con tutte le prenotazioni già fatte e l’impossibilità di acquistarlo”. A dirlo è il professor Silvio Garattini, farmacologo e fondatore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, che in un’intervista all’Huffington Post sostiene che l’Italia potrebbe trovarsi senza un vaccino per il Coronavirus se non prende velocemente una posizione.

    “Da circa un mese, con Medici senza Frontiere, abbiamo presentato appello al Governo perché si occupi del vaccino senza aspettare l’ultimo minuto”, dice Garattini. “Non abbiamo notizie che ci siano degli interventi. Speriamo che si stiano muovendo. Noi abbiamo cercato di farlo presente, credo che sia necessario ripeterlo per essere sicuri che il Governo interagisca con i Governi dei paesi in cui si stanno sviluppando i vaccini, quelli più avanzati (ce ne sono un paio in Cina, un paio negli Stati Uniti, quello inglese che ha come base l’Italia, uno in Olanda, uno in Israele) per non trovarsi spiazzati”.

    Secondo Garattini, il vaccino sarà disponibile in mesi, non anni. Nella ricerca, sottolinea il professore “abbiamo dei passi in avanti”. “Ce ne sono almeno 8 nel mondo per i quali è finita la parte della sperimentazione animale ed è cominciata la sperimentazione umana, la cosiddetta Fase 1 e alcuni hanno finito anche la Fase 1″. Tra questi ultimi c’è il vaccino sperimentale messo a punto da Oxford in collaborazione con l’Irbm di Pomezia e quello della ditta Moderna allo studio negli Usa. “Superata la Fase 1 e trovati gli anticorpi neutralizzanti per il virus, comincia la Fase 2 che è quella per stabilire sia la tollerabilità, sia le dosi più adatte”, spiega il farmacologo. “Poi c’è la Fase 3 che viene fatta su gran numero di persone sane per stabilire quante in realtà siano sensibili al’effetto del vaccino, quante sviluppano anticorpi e quante percentualmente hanno effetti collaterali. Se tutto va bene, sono ottimista, penso che per la fine dell’anno ci dovrebbe essere almeno un vaccino, ma penso anche più di uno, che mostra un’efficacia per giustificarne l’impiego”.

    E per quanto riguarda le cure per i malati di Covid-19? “Se vogliamo procedere con ordine credo che sia praticamente tramontata una delle prime indicazioni, quella di utilizzare la combinazione Lopinavir-Ritonavir, trattamento che va bene per l’Aids. I dati non hanno dimostrato nessuna efficacia, ma una notevole forma di tossicità”, spiega Garattini. Bocciato anche il trattamento con idrossiclorochina o clorochina, assunta in forma preventiva dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, per i quali è stato dimostrato un aumento della mortalità nei pazienti Covid. “Rimangono in piedi altre possibilità, come i farmaci antiinfiammatori come Tocilizumab“, dice Garattini. “Farmaco che si utilizza contro l’artite che però per le sue capacità antinfiammatorie può essere utile nell’eccesso di infiammazione che si sviluppa nella malattia polmonare da Covid”. Il suo utilizzo contro il Coronavirus è ancora in discussione, ma uno studio dell’Oms va in questa direzione. L’eparina “serve per contrastare le forme di coagulazione capillare che si formano in vari organi, incluso il polmone. La cosa appare ragionevole, però con rischi di emorragia”, sottolinea Garattini.

    Sulla cura al plasma, invece, lo studioso evidenzia che “l’effetto della somministrazione di plasma dei soggetti guariti e plasma di convalescenti appare la più probabile”, tuttavia “non bisogna confondere questo tipo di trattamento con anticorpi che è di tipo curativo con l’effetto invece dei vaccini, che sono di tipo preventivo: generano anticorpi dovrebbero rimanere stabili nella memoria, mentre quelli che somministriamo per scopo curativo passano molto rapidamente perché l’organismo li metabolizza”.

    A proposito della scoperta avvenuta a Brescia di un ceppo più debole del virus, Garattini dice: “Non ci sono evidenze scientifiche, quello che può essere successo certamente è che come molti dicono c’è un’attenuazione, ma non è detto che sia il virus ad essersi attenuato”. La diminuzione dei casi, secondo lo scienziato, è dovuta alle misure e all’allentamento della pressione sul sistema sanitario. “Intanto purtroppo sono morti quelli più fragili, verosimilmente ci sono meno vecchi con più patologie; c’è stato il lockdown, c’è meno ressa negli ospedali e quindi ci si può occupare direttamente dei malati, il sistema di ossigenazione è più disponibile, c’è maggiore attenzione a quello che si deve fare. Una serie di miglioramenti avvenuti per la capacità di curare meglio non esagerando nella somministrazione di farmaci, ma occupandosi più dell’ossigenazione”.

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