“Il fatto che questo risultato sia stato individuato, come sembra, per un aspetto procedurale non corretto, necessita di una riconferma”, ma “l’ammissione dell’errore sul dosaggio mi sembra un grande segno di trasparenza da parte dell’azienda”. A dirlo a TPI è il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli studi di Milano, dopo i dubbi emersi nelle ultime ore sul vaccino per il Covid-19 sviluppato dall’università di Oxford e AstraZeneca. Diversi esperti, infatti, hanno espresso le loro perplessità dopo l’ammissione, da parte dell’azienda farmaceutica di un “errore” nel dosaggio delle somministrazioni in occasione dei test clinici, grazie al quale è stata registrata un’efficacia del prodotto fino al 90 per cento. Ieri l’amministratore delegato di AstraZeneca, Pascal Soriot, ha dichiarato che servono “ulteriori studi” per convalidare valutare “quella che sembra essere una migliore efficacia” del vaccino.
Professor Pregliasco, è possibile che i volontari che hanno ricevuto mezza dose nella prima somministrazione abbiano registrato un’efficacia del vaccino superiore rispetto a coloro che hanno ricevuto una dose completa?
Tutto è possibile, perché le caratteristiche della stimolazione del sistema immunitario non sono ancora ben conosciute. Però il fatto che questo risultato sia stato individuato, come sembra, per un aspetto procedurale non corretto, necessita di una riconferma.
Peraltro questo è avvenuto solo in un sottogruppo di volontari.
Sì, sembra che i volontari cui è stato somministrato questo dosaggio avessero tutti un’età inferiore ai 55 anni. Quindi al momento possiamo solo prendere atto di un’evidenza, comprendere quale sia il motivo dietro l’evidenza sarà una fase successiva.
Quindi potrebbe effettivamente essere stato ottenuto un risultato migliore perché i volontari erano più giovani?
È chiaro che questo mette in discussione i risultati. Ma mi sembra interessante sottolineare anche la trasparenza dell’azienda che ha raccontato questi aspetti procedurali. Questi “errori” o queste situazioni, se segnalate, evidenziano una correttezza nella gestione complessiva e nella verifica dei risultati, quindi a mio avviso si vede l’onestà dei ricercatori e dell’azienda stessa.
Anche se nel primo comunicato, quello di lunedì scorso, non se ne faceva cenno.
Infatti. Ma qui è sicuramente una situazione contingente rispetto agli interessi geopolitici ed economici che stanno dietro a queste sperimentazioni. Purtroppo c’è stata un po’ una “annuncite” da parte di tutte le aziende, con informazioni essenziali, comunicati stampa. Resta l’esigenza di vedere alcuni articoli scientifici che possano dare un’idea. Sarà poi il pacchetto complessivo a essere sottoposto agli organismi regolatori. È chiaro che poi dati completi resteranno riservati per alcuni anni, perché c’è anche un aspetto brevettale, però ci aspettiamo anche articoli sulle riviste, con aspetti particolari che consolidino e rendano più trasparente l’informazione alla comunità scientifica.
L’azienda ha fatto sapere che gli studi ulteriori non influiranno su tempi del vaccino. Pensa sia possibile?
In effetti in questo momento, per velocizzare la prassi si è utilizzato un percorso di rolling. In altri progetti di cui ho fatto parte, su altri tipi di vaccini, la documentazione veniva presentata tutta insieme alla fine. Qui invece è stato possibile portare i risultati intermedi delle varie fasi, quindi le autorità regolatorie hanno già fatto delle pre-valutazioni. Sarà solo necessario un ulteriore studio che precisa lo schema terapeutico proposto.
Si è parlato di un possibile rallentamento solo per gli Usa, ma non per l’Europa.
Questo dipenderà dal giudizio indipendente dell’Ema e dell’Fda. Magari dietro ci sono anche aspetti commerciali, le aziende hanno anche questo guaio.
Ad esempio Moderna ha detto che fino alla fine dell’anno distribuirà il suo vaccino solo negli Usa.
Esatto.
Supponiamo che il 90 per cento di efficacia sia dovuto al fatto che i volontari cui è stata somministrata la dose sono più giovani, e che complessivamente il risultato di efficacia del vaccino Oxford/Astrazeneca si fermi al 62%. Sarebbe comunque un buon risultato?
Sì, sarebbe comunque un buon risultato, paragonabile a quello del vaccino antinfluenzale. Ma bisognerà vedere su che tipologia di pazienti verrà usato. Magari sarà usato solo nei più giovani, perché poi la registrazione avviene sulla base della casistica presentata, poi ci sarà una valutazione terza dell’organismo che potrebbe stabilire, faccio un esempio, un uso di questo vaccino solo nella popolazione dai 20 ai 30 anni.
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