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    Quattro risposte per chi ha ancora dubbi sui vaccini

    Di Leonardo Biscetti
    Pubblicato il 21 Lug. 2021 alle 20:23 Aggiornato il 21 Lug. 2021 alle 20:44

    In un precedente articolo della rubrica “Parole chiare in medicina”, avevamo parlato della variante Delta di SARS COV 2, mettendo in guardia il lettore sulla sua straordinaria capacità infettiva e sulla necessità di fare tracciamento e di non allentare le misure di prevenzione al fine di evitare la crescita dei contagi. Come atteso, a distanza di circa tre settimane da allora, essendo stato fatto poco o nulla di quello che serviva, i contagi sono cresciuti in modo esponenziale. Per fortuna, alla crescita impressionante dei contagi, non è corrisposta almeno per ora un’analoga crescita dei ricoveri e dei morti. Come mai?

    Evidentemente, c’è una sola spiegazione: i vaccini. I vaccini infatti riducono in modo drastico (tra l’85 e il 95 per cento) il rischio di ospedalizzazione e di morte. Si badi bene: questo è vero per tutti i vaccini. Come infatti più volte sottolineato, se rispetto ai casi di infezione lieve e ai casi asintomatici, i vaccini a mRNA (Pfizer e Moderna) risultano molto probabilmente più efficaci di quelli a vettore adenovirale (Astrazeneca e Johnson & Johnson), le differenze tra i vaccini non si apprezzano sostanzialmente più quando si parla di protezione dal rischio di morte e di ospedalizzazione.

    Quindi il messaggio è: vaccinatevi, vaccinatevi, vaccinatevi (preferendo se possibile, se avete meno di 60 anni e soprattutto se siete donne, i vaccini a mRNA rispetto a quelli a vettore adenovirale per il noto legame di questi ultimi, specie di AstraZeneca, con rarissimi, ma assai pericolosi casi di trombosi e piastrinopenia).

    Le balle dei no-vax

    Rispetto all’utilità dei vaccini, il fronte dei no-vax (inglobando in questo schieramento sia i contrari sia gli scettici) propone diverse obiezioni. Sarebbe troppo lungo e inutile smontare tutte le frottole che si sentono a riguardo, alcune così ridicole da suscitare ilarità (si pensi al legame tra 5G e vaccini, al complotto ora di Big Pharma ora di Bill Gates per controllarci tutti, eccetera). Affronteremo solo le obiezioni apparentemente (sottolineo: apparentemente) più sensate, cercando di dimostrare che, se analizzate attentamente, dietro una parvenza di razionalità, risultano in realtà anch’esse basate sul nulla. Partiamo.

    1. “I vaccini sono inutili. La prova è che il 40 per cento delle persone al momento ricoverate nel Regno Unito per Covid sono vaccinate”. Detta così sembra un’obiezione fortissima. In realtà questo dato non prova assolutamente che i vaccini non funzionano. Il motivo è presto detto. Dal momento che come sappiamo per Covid finiscono in ospedale soprattutto gli anziani e che gli anziani sono vaccinati quasi tutti, è ovvio che un alto numero di ricoverati sia costituito da persone vaccinate. Vi do “uno scoop”: se e quando il 100 per cento delle persone saranno vaccinate, il 100 per cento dei ricoveri sarà costituito dai vaccinati. Infatti, non va mai dimenticato che i vaccini sono straordinariamente efficaci ma come tutti i farmaci non hanno un’efficacia del 100 per cento e quindi qualcuno che, nonostante il vaccino, si ricovererà per Covid e morirà ci sarà sempre fintanto che questo maledetto virus continuerà a circolare e fare danno.

    Posto che la presenza di vaccinati tra i ricoverati (e purtroppo anche tra i morti per Covid) in sé non è la prova di niente, per capire se il vaccino funziona o no, bisogna allora fare un altro tipo di analisi. E cioè confrontare il rapporto tra morti e infetti prima dell’avvento dei vaccini e quello dopo l’avvento dei vaccini. Ebbene a gennaio nel Regno Unito questo rapporto era del 2 per cento (2 morti ogni 100 infetti) ora è lo 0.2-0.3 per cento (cioè 2 morti ogni 1000 infetti). In pratica, nel regno Unito, i vaccini hanno reso il virus 10 volte meno letale rispetto a quando la campagna di vaccinazione è iniziata. E questo quando ha concluso il ciclo di vaccinazione il 60 per cento della popolazione, non il 100 per cento. E’ quindi ipotizzabile che, a parità di altre condizioni, al crescere della vaccinazioni, la letalità dell’infezione calerà ancora.

    Se parliamo poi dei ricoveri, oggi, a fronte di 55-60 mila contagi giornalieri, sono ricoverati 4 inglesi ogni 100 mila abitanti; a gennaio, in presenza di un numero di contagi giornalieri e di tamponi simili, erano ricoverati 30 inglesi ogni 100 mila abitanti: in pratica, a parità di diffusione del virus, il tasso di occupazione degli Ospedali nel Regno Unito si è ridotto grazie ai vaccini di 7.5 volte. Qualcuno potrebbe pensare che quel che è vero nel Regno Unito non è vero altrove. Errore. Guardiamo a casa nostra. In Italia, dove la campagna di vaccinazione è più indietro rispetto al Regno Unito, gli effetti del vaccino sulla pressione negli ospedali si vedono tutti.

    Vi invito a considerare un dato. Attualmente abbiamo circa 3.500 contagi giornalieri. Più o meno lo stesso numero che si registrava il 7 ottobre 2020. Ebbene allora erano ricoverate 3.782 persone nei reparti ordinari e 337 in Terapia Intensiva. Oggi sono ricoverate 1136 persone nei Reparti Ordinari e 156 in Terapia Intensiva. In altre parole: a parità di contagi giornalieri, la pressione negli ospedali italiani si è più che dimezzata rispetto ad ottobre 2020. E tutto ciò nonostante ad ottobre 2020 fossero passati già 6 mesi dal picco della prima ondata (aprile 2020), mentre ora sono passati solo tre mesi e mezzo dall’ultimo picco della pandemia (fine marzo-inizio aprile 2021) e nonostante che, differentemente dalla primavera del 2020, nell’affrontare l’ultima ondata epidemica non abbiamo più fatto un vero e proprio lock-down nazionale.

    Per capire ancora meglio quanto stiamo dicendo, potrebbe essere utile guardare il grafico divulgativo di seguito. Nell’esempio in questione, ipotizzando un vaccino X con efficacia attorno all’85 per cento rispetto al rischio di infezione e una percentuale di copertura vaccinale dell’85 per cento, prendendo un campione di 100 persone a caso perfettamente rappresentativo della popolazione generale (per cui di 100 persone, 85 sono vaccinate e 15 non vaccinate),  si può verificare questa situazione: 2 casi tra i vaccinati e 2 casi tra i non vaccinati, per un totale di 4 casi (palle rosse) su 100 persone (palle rosse + palle blu). In effetti, in questo scenario, il 50 per cento dei casi  si è verificato tra i vaccinati. Ma è evidente che un conto è avere 2 casi su 85, un conto 2 casi su 15. Tra i vaccinati, gli infetti sono il 2.35 per cento del totale, mentre tra i non vaccinati il 13.3 per cento, cioè 5.6 volte tanto. Detto in altri termini: a parità di esposizione al virus, in questo scenario, anche se il numero assoluto di casi tra vaccinati e non vaccinati è lo stesso, il rischio di beccarsi il virus è 5.6 volte più alto se non sei vaccinato rispetto a se sei vaccinato.

    Se poi non credete alle statistiche nazionali, fatevi un giro in qualunque ospedale italiano. Io vi posso parlare del mio, che è un ospedale ad indirizzo geriatrico, che si occupa quindi principalmente di quelle persone a maggior rischio di essere ricoverate e di morire per Covid, cioè gli anziani. Ad aprile, avevamo circa 50 ricoverati per Covid-19, adesso zero. E da quando sono aumentati i contagi, il numero dei ricoveri non si è spostato di una virgola. A fronte di tutto questo: come si fa a negare l’utilità dei vaccini? Solo chi non è molto sveglio o in malafede di fronte a numeri simili può negare i loro effetti benefici.

    2. “Sulle nuove varianti il vaccino non funziona, quindi è inutile vaccinarsi”. Falso. È vero che alcune delle varianti di preoccupazione, in particolare beta (ex sudafricana), gamma (ex brasiliana) e delta (ex indiana), riducono l’efficacia dei vaccini rispetto al ceppo originario, ma nessuna variante tra queste risulta completamente resistente. E comunque se una riduzione dell’efficacia c’è, riguarda soprattutto la prevenzione dei casi lievi e di quelli asintomatici, mentre rispetto ai casi gravi e alla morte la protezione offerta dai vaccini resta mostruosamente alta, superiore all’85-90 per cento.

    Per quanto riguarda un’altra variante, che non è tra quelle fonte di preoccupazione ma che è sotto osservazione dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e di cui si è parlato molto sui media, ovvero l’epsilon (già variante californiana), ci sono dati che suggeriscono una sua qualche capacità immunoevasiva, ma comunque ad un livello significativamente minore rispetto alle varianti beta, gamma e delta, ragion per cui, al momento non c’è da avere nessun panico rispetto a questa variante (anche in considerazione del fatto che in Europa e in Italia è a tutt’oggi quasi inesistente).

    Va tenuta d’occhio invece la variante lambda, scoperta in Perù e ora molto diffusa in Sud America: posto che su questa variante mancano ancora dati conclusivi, quello che si sa è che, in virtù di specifiche mutazioni della proteina spike, essa probabilmente presenta una capacità di contagio e/o di sfuggire all’immunità significativamente maggiore del ceppo originario, ma non tale comunque, stando almeno alle conoscenze attuali, da superare del tutto la potentissima barriera offerta dai vaccini. In sostanza, il messaggio da dare è: le varianti costituiscono un problema e vanno strettamente monitorate, ma al momento non risulta l’esistenza di una sola variante in grado di sfuggire completamente ai vaccini.

    3. “I vaccini vanno evitati, perché sono proprio loro a favorire l’insorgenza di varianti resistenti”. Anche qui si fa confusione. Le varianti non le creano i vaccini. Le varianti non le crea nessuno. Le varianti le crea il caso. Semplicemente, il virus si replica e replicandosi di tanto in tanto muta. Vero è che, in presenza di una ampia fetta di popolazione immunizzata, tra due varianti ugualmente contagiose, tende ad affermarsi quella più immunoevasiva, cioè maggiormente in grado di sfuggire all’immunità. Ma anche qui è bene chiarire. Una variante immunoevasiva tende ad affermarsi sia se un’ampia parte della popolazione si è immunizzata per via naturale (cioè beccandosi il Covid), sia se si è immunizzata tramite i vaccini.

    La differenza è solo che se uno si immunizza tramite l’infezione la probabilità di finire in ospedale e in terapia intensiva a causa del virus è tutt’altro che trascurabile, superando il 10-15 per cento dei casi nella fetta di popolazione più anziana, con più di 80 anni; se ci si immunizza grazie al vaccino il rischio è estremamente basso, quasi nullo.

    Non va poi dimenticato che tutte le varianti più immunoevasive (in primis beta e gamma) sono nate prima che i vaccini si diffondessero. Quindi come possono essere stati i vaccini a crearle? Mistero. Ma non è finita qui. Anche se in presenza delle varianti più immunoevasive questo risulta meno vero, dai dati che via via si vanno accumulando in letteratura, risulta ogni giorno più chiaro che i vaccini non proteggono solo dal ricovero e dalla morte, ma anche, seppur in misura minore, dall’infezione asintomatica.

    In pratica, vaccinandomi, rischio meno di infettarmi; se non mi infetto, evidentemente non posso neanche infettare gli altri. Ne consegue che, al crescere della percentuale di vaccinati, a parità di altre condizioni (livello di contatti interpersonali, tipo di virus, eccetera), si riduce la circolazione virale. Insomma: più ci vacciniamo, meno il virus si trasmette. Meno il virus si trasmette, meno si replica. Meno si replica, meno muta. E meno muta, meno dà origine a varianti. Quindi la verità è il contrario di quello che molti no vax raccontano: più ci vacciniamo, più si abbassa il rischio che si creino varianti pericolose.

    4. “Nonostante il vaccino, i contagi crescono, quindi vaccino o non vaccino, alla fine il virus fa quello che vuole. Quindi tanto vale non vaccinarsi”. Falso. Abbiamo già spiegato che i vaccini proteggono in modo formidabile dal rischio di ospedalizzazione e morte. Vale a dire: anche se i vaccini non avessero nessun impatto sulle infezioni – e non è assolutamente così – sarebbero comunque utili ad evitarci ospedale e cimitero. Non mi pare poco. Inoltre, come già accennato, i vaccini riducono anche il rischio di infezione asintomatica.

    La prova è che, analizzando i dati dei contagi (inclusi quelli asintomatici) per fasce di età, ci si accorge che in rapporto al totale si stanno infettando significativamente di più le persone che si collocano nelle fasce più giovani, ovvero quelle fasce di età che presentano tassi di vaccinazione significativamente più bassi: la conseguenza di ciò è un importante abbassamento dell’età media dei contagi (attualmente, in Italia, 28 anni). E in effetti al di là della straordinaria efficacia dei vaccini rispetto al rischio di morte e ospedalizzazione, anche l’abbassamento dell’età degli infetti sta contribuendo ad evitare in questo momento la crescita dei morti e dei ricoveri, dal momento che i giovani raramente sviluppano un’infezione grave. Ma questo non deve farci incorrere in gravi errori di valutazione.

    Anche se molto meno frequentemente degli anziani, pure i giovani si possono ammalare in modo serio e se si lascia circolare liberamente il virus alla fine i ricoveri in Terapia Intensiva crescono lo stesso. È quanto ci suggerisce quello che è successo, al picco della pandemia, in Paesi in cui l’età media è molto più bassa rispetto all’Italia (si veda l’esempio di India, Brasile, Cile e, recentemente, della Namibia). Perciò, è importante vaccinare tutti: in primis, gli ultrasessantenni che ancora non sono vaccinati con doppia dose di Pfizer, Moderna o Astrazeneca o con singola dose di Johnson & Johnson. Ma poi anche tutti i giovani.

    La teoria che circola secondo cui basta vaccinare gli anziani mentre i giovani non ne hanno bisogno è soltanto una bufala. Se si lasciano infettare i giovani, si corrono infatti i seguenti rischi: A) Una parte, per quanto piccola, di loro si può ammalare in modo grave e financo morire; B) Si aumentano le probabilità che si creino varianti pericolose in grado di sfuggire i vaccini, vanificando gli sforzi fatti; C) Poiché, come abbiamo detto, i vaccini, per quanto straordinariamente efficaci, non proteggono da morte e ospedalizzazione nel 100 per cento dei casi, lasciando circolare il virus tra i giovani alla fine si ammaleranno e moriranno anche una parte di anziani vaccinati che non hanno risposto al vaccino.

    In definitiva, alla luce di quanto detto, il discorso che in questo momento è opportuno fare non è: “nonostante i vaccini, i contagi crescono e allora i vaccini sono inutili”. Ma è: “se i contagi crescono quando molte persone si sono immunizzate con vaccini estremamente efficaci, figurarsi quanto sarebbero cresciuti i contagi senza vaccini”.

    La conseguenza logica di ciò allora non è: “i vaccini non servono”, ma: “i vaccini non bastano”. Almeno fino a quando non sarà vaccinata pressoché tutta la popolazione mondiale. Questo implica sul piano pratico che se è vero che la prima e più importante arma contro il virus restano i vaccini, non ci possiamo al momento affidare solo a loro. Serve anche continuare ad essere cauti. Evitare assembramenti, soprattutto al chiuso, ma anche all’aperto. Mettere la mascherina (coprendo bene naso e bocca) ogni qualvolta si creino situazioni con molte persone. Quelli che si sono visti a Roma per la vittoria dell’Italia all’Europeo (per cui tutti abbiamo gioito) li stiamo scontando ora in termini di maggiori contagi.

    Ma oltre alla cautela delle persone che è fondamentale, serve poi un grossissimo investimento da parte del governo su tracciamento e sequenziamento, investimento che al momento sta mancando, oltreché un maggiore coordinamento tra i governi di tutto il mondo. Solo tenendo sotto controllo la dinamica epidemiologica a livello globale possiamo infatti evitare disastri. Se non lo faremo, dobbiamo mettere in conto il peggio. E allora poi se tra qualche mese sarà venuta fuori una variante completamente resistente ai vaccini vanificando gli sforzi fatti non saremo assolutamente in diritto di lamentarci. E non ce la potremmo prendere con nessuno se non con noi stessi e con chi ci governa se allora finiremo nuovamente in lock-down. Con tutto quello che di terribile comporta sul piano sociale, psicologico ed economico.

    *** Questo articolo fa parte della rubrica di TPI “Parole chiare in medicina” tenuta dal medico neurologo dell’INRCA (Istituto Nazionale di Ricovero e Cura dell’Anziano) Leonardo Biscetti. Apparentemente sul Covid gli scienziati dicono tutto e il contrario di tutto. Vi faremo capire che la scienza non è un’opinione. Vi spiegheremo i dati e gli studi più recenti sulla pandemia. E non solo.

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